“Liberiamo le produzioni”
Presentato il primo rapporto in Veneto sul lavoro in carcere
| Annalisa Milani |
Il lavoro che rieduca e che dà alle persone in carcere una seconda opportunità di vita in carcere. Nella percezione comune parlare di carcere molto spesso provoca la reazione comune “lasciamoli dentro, buttiamo via la chiave!”. Ma dentro le sette case circondariali e due di reclusione del Veneto vi è un'umanità varia a cui va data un’opportunità di vita tramite il lavoro. Lo ha sottolineato l’ assessore regionale dell’ economia e sviluppo Roberto Marcato presentando in questi giorni il rapporto veneto “Liberiamo le produzioni” che racconta l’ obbiettivo di far incontrare il mondo dell’ industria ed artigianato con le varie attività produttive portate avanti dagli istituti penitenziari del Veneto. E’ statisticamente dimostrato che se il detenuto è sostenuto con iniziative occupazionali che lo possono formare anche per un lavoro di reinserimento post pena ,l’ abbattimento dei casi di recidiva è del 98%.Ma nel Veneto sono soprattutto 14 cooperative sociali che giocano un ruolo cruciale nel reinserimento di 300 detenuti.
Ascoltiamo il racconto di Marco Toffoli, presidente della Cooperativa Alternativa che da più di 20 anni porta lavoro dentro le carceri di Treviso.
Allora Marco quali considerazioni dopo questo rapporto, passando dalle parole ai fatti?
Il rapporto è ben fatto e presenta tutte le realtà venete che lavorano in carcere con varie attività. DA qui all’ attuazione nella realtà ci sono però molte criticità da tener presenti:la domanda ed offerta e la struttura entro cui si entra: il carcere che non sempre agevola l’ attività. La strada da fare per pubblicizzare la realtà carceraria al mondo dell’ industria e artigianato è lunga!
Quali sono le criticità maggiori che trovate nel portare lavoro nelle carceri?
L’incognita più grossa è che da un giorno all ‘altro puoi perdere la commessa di lavoro. Bisogna essere sempre chiari tra le parti sul contratto e sul fatto che si lavora con detenuti che hanno una serie di problematiche. Se si mette in piedi un ‘attività all’ interno di un carcere ci sono dei costi di ammortamento e se si deve interrompere oltre che rimandare in cella i detenuti ,si ha degli investimenti da ammortizzare. Altrimenti dobbiamo lavorare noi con produzioni nostre come abbiamo fatto con le chitarre a Treviso. Siamo noi che produciamo e vendiamo, ma dobbiamo selezionare persone giuste.
Nel carcere di Treviso quali difficoltà?
Qui a Treviso le difficoltà maggiori sono legate alla struttura fisica carceraria. Non puoi portare dentro lavoro, entrando con grandi volumi, perché non vi è spazio, le lavorazioni devono essere piccole e non con un grande stoccaggio, dentro non entrano i bilici, ma solo mezzi piccoli .I problemi strutturali sono problemi di tutti i carceri del Veneto, costruite negli anni 70 a parte Rovigo. Qui a Treviso abbiamo l ‘assemblaggio di cartoni, la digitalizzazione, la costruzione di chitarre ed ora abbiamo portato dentro anche l’aggiustare biciclette. Abbiamo inoltre avviato con Veneto Lavoro tirocinii e corsi di formazione, perché un detenuto quando esce possa anche dimostrare di aver acquisito un minimo di competenze con cui spendersi. Lo sforzo e la passione che ci guidano sono grandi e vanno contro incertezze, precarietà, burocrazie. Il carcere è sempre un mondo a sé.
Iscriviti alla Newsletter di OggiTreviso. E' Gratis
Ogni mattina le notizie dalla tua città, dalla regione, dall'Italia e dal mondo