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06 ottobre 2024

Vittorio Veneto

Vittorio Veneto, Danilo Tomè: “Non avrei mai pensato che, in pensione, mi sarei occupato di questo”

Danilo Tomè, l’Associazione 12 Ponti, e la seconda, fondamentale, accoglienza

| Stefania De Bastiani |

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| Stefania De Bastiani |

Danilo Tomè

VITTORIO VENETO - “Non avrei mai pensato che, in pensione, mi sarei occupato di questo”. Scuote la testa, Danilo Tomè, e sorride, mentre racconta cosa ha fatto negli ultimi sette anni, periodo in cui si è stato sommerso da richieste di aiuto, permessi di soggiorno, offerte di lavoro, ricongiungimenti familiari, burocrazia. Ma soprattutto da storie e persone. Danilo ci si è trovato dentro, all’improvviso, e non ha potuto far altro, dal Natale del 2015, che prendere in mano la situazione. Dando una casa, un lavoro, un futuro, ad oltre 40 ragazzi. Fino ad oggi, perché Danilo mica si ferma qui, anzi.

 

Ma cominciamo dall’inizio. Originario di FregonaDanilo Tomè è un pensionato, ma in pensione non c’è mai stato. Perché nel 2016, insieme a Renzo Busatto, prematuramente scomparso nel 2019, e ad altri amici ha fondato l’associazione 12 Ponti, e da lì la sua vita è cambiata. L’associazione 12 Ponti è nata a Vittorio Veneto per fornire una seconda accoglienza a chi, uscito dal CEIS (struttura di prima accoglienza) per aver ricevuto il permesso di soggiorno, si trovava nel giro di pochi giorni senza una casa, senza un lavoro e spesso senza le conoscenze linguistico-culturali minime per cercarsene uno. E visto che, in città, i rifugiati con regolare permesso, si trovavano a dormire in stazione dei treni, ai giardini pubblici, e un po’ ovunque, si è deciso di creare per loro, almeno per i più fortunati, una casa. Uno spazio non dove ripararsi ma dove darsi da fare per crearsi un futuro e rendersi utili.

Il progetto era nato non tanto per colmare un enorme (e incolmabile) gap istituzionale, quanto per dare l’esempio che sarebbe stato possibile riempirlo. E invece, a distanza di sei anni dalla nascita dell’associazione, e dopo 40 conferme di successo, nessuna istituzione ha seguito l’esempio. E la 12 ponti si trova a rimanere un unicum nel panorama locale dell’accoglienza. E in questi anni, a Vittorio Veneto come nel resto d’Italia, non è cambiato nulla: chi riceve il permesso di soggiorno, e quindi esce in questo caso dal Ceis, si trova su una strada e, o ha coltivato qualche amicizia, o bussa alla porta della 12 Ponti, che tra i rifugiati si è fatta una bella nomea.

 

All’inzio eravamo ottimisti - ricorda Danilo - pensavano che la cittadinanza e le istituzioni recepissero il progetto virtuoso. Invece devo dire con insoddisfazione che questa seconda accoglienza a Vittorio Veneto non si è fatta strada e in tutti questi anni la situazione non è migliorata per nulla. In questa casa dovremmo avere al massimo sette ospiti, mentre ora siamo in 9. Ne sono arrivati due in questi giorni, non avevano idea di dove andare, e allora i ragazzi hanno detto che ci si poteva stringere. Sette di loro lavorano, molti hanno un contratto a tempo indeterminato, ora stanno solo cercando un alloggio ma dopo il Covid è più difficile trovare un posto letto che un lavoro fisso. Molti ragazzi che sono passati di qui, e anche li attuali ospiti, lavorano in varie fabbriche della zona con contratti in regola. Quando arrivano qui gli facciamo firmare un modulo in cui ci impegnano a ospitarli per un anno mentre loro si cercano un lavoro e una casa. Questo non è un albergo: qui si fanno da mangiare, puliscono, si dividono i compiti, contribuiscono alle spese. Gli spieghiamo come funzionano le bollette, come si amministra una casa, regole di educazione civica per loro per nulla scontate. Li aiutiamo con l’assistenza burocratica, che in Italia non è da poco e cerchiamo di formarli come cittadini rispettosi e, si spera, solidali”.

 

I ragazzi ospiti della 12 Ponti hanno dai 20 ai 30 anni, vengono soprattutto dal centro Africa, dal Mali, dalla Costa d’Avorio, dalla Guinea. Hanno tutti una famiglia nel paese di origine, alcuni hanno lasciato lì moglie e figli, e sperano in un ricongiungimento familiare nel nostro paese. Alcuni di coloro che sono passati dalla 12 Ponti ce l’hanno fatta: un lavoro, una casa, la residenza, l’arrivo dei familiari. Anche gli attuali ospiti della casa sono pronti a lasciare la struttura, avendo ora una stabilità economica, ma non si trovano case in affitto.

“Non ce ne sono nemmeno per gli italiani - ammette Danilo -. Ma trovarle per un extracomunitario sembra proprio impossibile in questo momento. Come associazione abbiamo fatto il giro di tutte le agenzie immobiliari del circondario, ci siamo resi disposti ad assicurare per loro, ma nulla. E quindi abbiamo avuto un’idea - annuncia -. Per ora è solo una bozza di progetto, ma vorremmo istituire un’agenzia immobiliare sociale per acquistare case a questo scopo. Abitazioni in cui poter fare una seconda accoglienza: sette posti in una cittadina come Vittorio Veneto sono troppo pochi per rispondere a una sentita esigenza. E in questo senso vorremmo coinvolgere i grandi imprenditori della zona, che si stanno avvalendo di una manodopera che pareva introvabile e che per loro è fondamentale”.

“Abbiamo esposto il nostro progetto con un’installazione alla Coop di Vittorio Veneto: a chi fa la spesa vengono dati dei bollini verdi, con cui si possono votare tre progetti diversi in un totem posizionato dopo le casse. Chi vince riceve una somma di denaro utile ad aiutare l’attività. Quindi - è l’appello di Danilo - Votateci!”

 

In questi sette anni, dall’arrivo dei primi migranti, non è cambiato nulla a livello burocratico, ma tra la cittadinanza? “Secondo me ora sono molto più tollerati - risponde Danilo -. I ragazzi qui si sono integrati, alcuni giocano a calcio, a rugby nelle squadre locali, partecipano agli eventi con noi, alcuni hanno fatto o stanno facendo la patente, e anche al lavoro creano relazioni sociali. Io credo che la gente stia imparando”.

 

FOTO Danilo Tomè

 

 

 


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Stefania De Bastiani

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