16 ottobre 2024
Categoria: Scienze e tecnologie - Tags: casa, anima, psicologia, psicoterapia, composizione corporea, riflessioni
Roberto Lucchetta | commenti |
“Il rapporto che abbiamo con lo stare in casa rappresenta lo spazio simbolico della nostra dimora interiore.
”
Ha senso assumere la casa come strumento d'analisi per l'anima umana. Aiutati da un simile strumento, riusciremo a trovare in noi non solo i nostri ricordi, ma anche le nostre dimenticanze “alloggiate”, il nostro inconscio “alloggiato”. La nostra anima è una dimora e, ricordandoci delle “case” e delle “camere”, noi impariamo a “dimorare” in noi stessi.
Ogni spazio veramente abitato reca l'essenza della nozione di casa. La casa infatti è il nostro primo universo. Essa è davvero un cosmo. E non è forse bella la casa più modesta, se la guardiamo dal punto di vista dell'intimità? La nostra vita adulta è talmente spossessata dei primi beni, dai legami antropocosmici, da non avvertire il loro primo radicarsi nell'universo della casa.
La casa è una grande culla, protegge il sognatore e lo fa sognare in pace. La vita incomincia bene, racchiusa, protetta, al calduccio nel grembo della casa. Al di dentro dell'essere, nell'essere del dentro, un valore avvolge ed accoglie l'essere. Nella sua capacità di inglobare conscio ed inconscio, si deve lasciare al di dentro il privilegio dei valori della coscienza. In questa atmosfera, in questo calore originario vivono gli esseri protettori. Qui l'inconscio è alloggiato bene, felicemente.
Per analizzare il nostro essere, il nostro inconscio rintanato nelle dimore primitive, è indispensabile attingere alle immagini che ci conducono negli spazi delle nostre solitudini. Lì albergano riflessi della “prima” casa, gesti originari che tornano sempre perfetti. Nelle nostre abitudini vi è un legame appassionato del nostro corpo che non dimentica la casa indimenticabile, una casa onirica, una casa del ricordo-sogno, perduta nell'ombra di un aldilà rispetto al passato vero.
Con i cassetti, le cassapanche e gli armadi, che racchiudono una sorta di estetica del nascosto, veri e propri organi della vita psicologica segreta. Il vero armadio, che protegge tutta la casa da un disordine senza limite, non è un mobile quotidiano, non lo si apre tutti i giorni. Contiene promesse, ricordi, l’indimenticabile. Ma come un’anima che non si confida, la chiave non si trova sulla porta. E a volte la sola chiave non basta: nascosti bottoni obbediscono ad una segreta pressione, come un’anima per dischiudersi necessita di una segreta pressione, una tenera parola. Si apre il mobile e lo si scopre dimora.
La casa richiama l'asse di verticalità ed una coscienza di centralità. Soffitta e cantina sono luoghi di paure che fenomenologicamente abitano la casa. Invece di affrontare la cantina (l'inconscio), l'uomo “saggio” cerca il coraggio tra gli alibi della soffitta (razionalità). Nella soffitta le paure si razionalizzano agevolmente, nella cantina la razionalizzazione è meno rapida e meno chiara, mai definitiva. Nella soffitta l'esperienza del giorno può cancellare le paure della notte, in cantina le tenebre dimorano giorno e notte, nella cui oscurità si avanza come il sangue nelle vene.
“Nelle nostre case, serrate le une contro le altre, abbiamo meno paura.
”
I palazzi, gli edifici in città, non hanno che un’altezza esteriore: gli ascensori distruggono gli eroismi della scala, non c’è più merito ad abitare vicino a cielo. Lo stare a casa è diventata una semplice orizzontalità. E lo spargere incessante di cemento, impedisce di sprofondare nella terra.
Colpisce molto il fatto che anche nella casa luminosa, la coscienza del benessere richiami comunque il paragone dell'animale nei suoi rifugi: il topo nel suo buco, il coniglio nella sua tana, la vacca nella stalla. Lo stare bene ci restituisce alla primitività del rifugio, all'amore di ritirarsi nel proprio nido. Il nido richiama un nascondiglio della vita alata, gli incanti, il tepore di una casa-nido mai giovane, in cui non si conosce l'ostilità del mondo. Un'immagine di sicurezza, un appello alla fiducia cosmica, ad una componente intima di fedeltà.
Le chiocciole costruiscono una casetta che portano con sé; una chiocciola è sempre a casa, in qualsiasi paese essa vada. Ed è rotolando su se stessa che la chiocciola ha fabbricato la sua “scala”, ad ogni contorsione cerca un gradino della sua scala a chiocciola. Si contorce per crescere ed avanzare. La circolarità è presente nella dinamica dell’anima, come nell’uccello che in moto circolatorio costruisce il proprio nido. Un guscio-casa-nido è un'immagine troppo semplice perché la si possa complicare, troppo antica perché la si possa ringiovanire: è un guscio fortezza in cui risiede l'eroe della vita sotterranea, che sa accogliere una tormentata profondità. Non appena la vita si stabilisce, si protegge, si copre, si nasconde, l'immaginazione simpatizza con l'essere che abita lo spazio protetto.
E sempre nell’abitare rifugi, nei nidi e nei gusci ci facciamo più piccoli. Non troviamo forse nelle nostre case luoghi ed angoli in cui ci piace andarsi a rannicchiare? Soltanto chi ha saputo rannicchiarsi sa abitare con intensità lo spazio dell’intimità. Ogni angolo in una casa, ogni cantone in cui è piacevole raccogliersi in se stessi, è un germe di casa. Per molti aspetti l'angolo vissuto rifiuta la vita, la restringe, la nasconde. Ma ogni moto in cui l'anima si ritrae ha un'immagine di rifugio che ci assicura un primo valore dell'essere: l'immobilità. La coscienza di essere in pace nel proprio angolo in cui un mobile è una barriera, la tappezzeria il tetto e le ombre i muri. L'angolo diventa la casa dell'essere. L'angolo delle attese in cui poter digerire la propria collera, in cui si medita sulla vita e la morte in quello spazio in cui la funzione di abitare congiunge pieno e vuoto, in cui un essere vivente riempie uno spazio vuoto. Nell'angolo di meditazione ecco ritornare l'infanzia, in cui si ripercorrono corridoi che conducono in minuscole tane di un'abitazione quasi animale, nei giocattoli dimenticati in qualche angolo della stanza, in un'ansa di una voluta ritrovando il calore e la vita nel seno di una curva o in qualche angolo cupo ritrovando un mondo logorato cristallizzato in tristezze, rimpianti e nostalgie.
L'angolo ci consegna alla miniatura, al mondo dei giocattoli in cui il grande viene fuori dal piccolo grazie alla liberazione da ogni obbligo di dimensioni, aprendo un mondo. Il dettaglio può essere il segno di un nuovo mondo che si apre e si inizia a scoprire. Prendere una lente di ingrandimento significa fare attenzione, ma fare attenzione non implica già a vere una lente? Nella contemplazione della miniatura, è indispensabile un'attenzione rimbalzante per integrare il dettaglio. La miniatura è una delle abitazioni della grandezza. Nella fiaba, Pollicino quante cose straordinarie compie grazie alla sua piccolezza! Il racconto ci invita a "scivolare" tra le difficoltà e impadronirsi del dinamismo della miniatura. Anche nel suono, quando siamo invitati a scendere al di sotto della soglia dell'udito immaginativo e sistemarci con Pollicino nell'orecchio del cavallo per parlare a bassa voce, una voce che nessuno può intendere tranne colui che deve ascoltare.
Lo spazio abitato trascende quindi lo spazio geometrico; una casa permette di abitare l'universo o, per dirla in altro modo, l'universo, l'immensa intimità, viene ad abitare la propria casa.
La casa è la persona stessa.
Roberto Lucchetta
Dott. Roberto Lucchetta
Psicologo - Psicoterapeuta - Psicosomatista
Via M. Bertuol, 1
31020 - Frescada di Preganziol (Tv)
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