17 settembre 2024
Categoria: Scienze e tecnologie -
Quando ci si lamenta dell’impossibilità di star bene, ci si lega a quell’idea di eternità che mobilita la chimica della depressione, dell’infelicità.
E perdiamo gli istanti, momenti in cui non ci accorgiamo che stiamo sorridendo, siamo sereni, spensierati, felici. Ancorati resistiamo e non permettiamo di abbandonare l’idea che ci siamo fatti di noi stessi. Ci dimentichiamo di quanto alcuni momenti possano essere appaganti e ricerchiamo in un tempo che non c’è una felicità soltanto immaginaria.
“La nostra è una cultura di depressi.
”
La nostra è una cultura di depressi. Ma come si spiega il fatto che nei paesi del cosiddetto Terzo Mondo o nelle aree più povere del pianeta, la depressione sia pressoché assente? Resistono i valori, quei valori autentici che qui tendono sempre più a svanire lasciando spazio ai nuovi che si trasmettono ai figli che poi, per imitazione, apprendono mettendo in atto gli stessi comportamenti dell’adulto: pianto, apatia, voglia di ritrarsi, svalutazione di sé. E a proposito di svalutazione, si vive nel continuo dare e darsi per scontati.
Ciò che è “scontato”, ha perso di valore. O la dannata tendenza ad etichettare le persone come “malate”, facendo scattare il ricorso farmacologico ad ogni minima frustrazione. Il farmaco è una comodità ma spegne la voglia di reagire, spegne quel fuoco che è in sé la sorgente autentica di noi stessi. La depressione tende a portar giù, a farci diventare dei minatori in cerca dell’oro, ad abbandonare le certezze per le incertezze, a fecondare il buio per partorire luce. Tolta la nebbia delle finte certezze, rimane il vuoto, la possibilità di scegliere.
Non si sa più stare con la sacralità del vuoto e quindi, ci si deprime. Una vita frenetica, paradossalmente dinamica e piena di ottimismo, è il modo in cui spesso molte persone fuggono da uno stato depressivo, dal vuoto che rappresenta. Questi individui, così attivi e vitali in realtà nascondono una grande paura di rimanere fermi, a contatto con le parti più profonde, vissute come vuote e senza significato. Ma se si riuscisse a rallentare i pensieri e a stare più a contatto con queste parti, si troverebbe una via, un’altra dimensione della vita. O forse ci restituirebbe quella persa…il contatto col buio.
Una volta la notte esisteva, le strade e le televisioni tacevano. Oggi si vive di notte come di giorno. Se si lascia scorrere la depressione sui propri binari, arriva presto al capolinea. È un’opportunità che non sempre viene colta. Lo descrive bene la crisi di questo tempo, le certezze crollano, e noi con esse. Un’urgenza simbolica di licenziare in tronco tutte le nostre abitudini. Una potatura intelligente, ringiovanisce la pianta! Nella nostra cultura ci spaventa il nuovo, il cambiamento; la capacità di trasformarsi e rigenerarsi incontrano ostacoli fortissimi. E la perdita di creatività genera depressione.
Anche un rapporto affettivo è una continua creazione! L’amore è leggerezza dell’anima che, quando si sgancia dai pesi (di insicurezza, di giudizi, di relazioni morbose o sensi di colpa) affiora e ci fa innamorare. L’amore è una predisposizione, quando nasce in noi, allora saremo in grado di amare. Ma amare chi? Chi sarà in grado di partecipare alla nostra libertà.
Roberto Lucchetta
Dott. Roberto Lucchetta
Psicologo - Psicoterapeuta - Psicosomatista
Via M. Bertuol, 1
31020 - Frescada di Preganziol (Tv)
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Politicamente Scorretto
26/07/2013 - 12:09
Non abbiate paura di farvi curare!
L'unica miniera d'oro è quella che hanno trovato le case farmaceutiche con il boom delle vendite di questi medicinali antidepressivi: altre miniere d'oro non ce ne sono. La depressione non ti porta giù in cerca dell'oro, ti porta solamente giù..... verso l'inferno!
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