Il Covid lockdown all’origine del “cordoglio anticipatorio”
Se ne parlerà nel convegno annuale sui gesti suicidari in programma al Menegazzi di Treviso
TREVISO - È quella degli anziani la fascia d’età maggiormente colpita dai gesti suicidari: seconda causa di morte. Seguono gli adolescenti. Mentre i tentativi di togliersi la vita sono venti volte superiori ai suicidi reali. Un malessere diffuso, anche nella provincia di Treviso. Solitudine, isolamento, l’autoconvincimento di essere diventati un peso per chi ci sta intorno.
I disturbi psichiatrici riguardano pressappoco il venti per cento dei casi. “Quando accade un suicidio è come se un fulmine si abbattesse sulla comunità” – assicura il dott. Luigi Colusso, psicoterapeuta e componente del Tavolo provinciale per la prevenzione dei suicidi.
Vent’anni fa ha pensato di avviare, all’interno dell’Advar, il servizio “Rimanere insieme”, offerto a congiunti e familiari dei morti suicidi, “il cui gesto lascia ferite profonde ma anche rabbia e sensi di colpa in chi rimane e che deve essere aiutato nella rielaborazione del lutto” – spiega Colusso. Il Tavolo provinciale, composto da Comuni, associazioni, forze dell’ordine, scuola svolge un lavoro delicatissimo e su più fronti.
Quello della prevenzione, innanzitutto “perché un suicidio può essere evitato: bisogna imparare tutti a cogliere i segnali” – raccomanda Colusso. Persone sole e soprattutto anziane; oppure chi ha perso il lavoro. Magari è il mio vicino di casa, un collega; un amico; non ci vuole poi molto a capire cosa si può provare in determinate condizioni. “C’è bisogno di prossimità, di solidarietà anche di vicinato per far sentire a queste persone che facciamo il tifo per loro”.
E sul “Vivere bene fino alla fine” si rifletterà il prossimo il 10 settembre, dalle 15 alle 18, al Menegazzi di Treviso sia in presenza (previa prenotazione) che in rete. Un appuntamento che il Tavolo per la prevenzione dei suicidi propone annualmente e che nell’anno del Covid-19 non poteva non essere dedicato agli anziani.
Aggiunge il dott. Colusso: “Durante il lockdown molti di loro hanno vissuto l’esperienza del cosiddetto cordoglio anticipatorio; si sono barricati in casa, un isolamento nell’isolamento, per timore di essere contagiati. E chi aveva la possibilità di entrare in una casa di riposo, ha opposto una intransigente resistenza, sempre per paura di venire infettati”.
Non che curve epidemiologiche e stime dei decessi aiutassero chi, chiuso in casa da solo, attendeva alla tv il bollettino delle 18.00 della Protezione civile. Una vulnerabilità diffusa è stata inoculata dalla pandemia nella nostra popolazione più anziana.
Roberto Grigoletto