I Crostoli di Carnevale

Come le frittelle sono nipoti dei “globi” di Catone, i crostoli sono gli eredi di un’antica preparazione romana. Ecco due ricette

| Giampiero Rorato |

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Giampiero Rorato | commenti |

TREVISO - Dopo aver raccontato la bella storia delle frittelle veneziane, sperando che la ricerca storica sia dote anche dei giornalisti che amano la gastronomia, mi soffermo ora su un altro dolce di carnevale: i crostoli.

E, come le frittelle sono nipoti dei “globi” di Catone, i crostoli sono gli eredi di un’antica preparazione romana. 

Iniziamo dal poeta Orazio che nelle Satire (1,16,114) scrive: “inde domum me ad porris et ciceri refero laganique catinum” (quindi me ne torno a casa a mangiare il mio piatto di pasta con porri e ceci). La pasta di cui scrive Orazio, la lagana, degli antichi Romani, era una tagliatella di pasta fresca fritta nell’olio bollente. Una volta estratta poteva essere condita, come ricorda Orazio, con ceci e porri oppure poteva essere passata o irrorata di miele – come i globi dolci di Catone – e diventava un dolce. 

Pian piano, nell’evoluzione della lingua latina, si incontra il termine crustulum, che significa, fra l’altro, dolcetto, tanto è vero che il pasticcere romano si chiamava crustularius ed ecco che la famosa lagana, da cui l’italiana lasagna, divenuta dolce grazie al miele, si trasforma in crustulum. E che cos’è più semplice d’una lasagna fritta in olio bollente e dolcificata col miele?

Il tempo corre veloce, l’impero romano si esaurisce nel 476 con la deposizione dell’ultimo imperatore, Romolo Augustolo ad opera del re straniero Odoacre, la lingua romana si contamina con le tante parlate locali e i famosi crustula dei Romani, che si continua a produrre friggendoli nell’olio d’oliva al Sud  e nel grasso animale al Nord, prendono vari nomi che attualmente risultano essere, in giro per l’Italia, frappe, chiacchiere, bugie, cenci, galani o anche, come succede nella terraferma veneta, crostoli, termine dii diretta derivazione dal latino.


Se i nostri crostoli, non più addolciti col miele ma dal Basso Medioevo, con lo zucchero, sono gli eredi diretti dei crustula dei Romani, significa che si può conoscere la nostra storia anche leggendo in trasparenza le vicende dei dolci (e dei piatti) della nostra tradizione. 


Due ricette

Riportiamo due ricette per questo tipo di dolci carnevaleschi, molto simili per forma e sostanza, con procedimento di preparazione e cottura praticamente uguale. In area veneta oltre ai crostoli ci sono a Venezia i galani, (vedi la ricetta di Maffioli) così chiamati perché a forma di nastri annodati, detti un tempo “gala”.

 

La ricetta di Giuseppe Maffioli: Galani nappati 
(pubblicata nel 1983 in “La cucina Trevigiana)

 

La ricetta tradizionale non esige la nappatura indicata nella ricetta di Maffioli, che è una sua gustosa e piacevole variante.

“In mezzo chilo di fior di farina messa a fontanella rompere due uova ed aggiungere 100 grammi di strutto o di margarina i di burro fuso. Impastare il tutto con un pizzico di sale e formare una pasta morbida da tirare abbastanza sottile, ma non troppo. Lasciate riposare per un po’, poi tagliate questa sfoglia con la rotellina, a strisce larghe due dita. Piegate queste strisce per lungo, e tagliatele a pezzi lunghi 15 cm, date loro varia forma, di cuori, di cerchietti a spirale, di “galani” intrecciati, appunto (“galàn” vuol dire nastro), e friggete il tutto in olio o strutto a 190°. Lasciate su carta assorbente e poi nappate con gelatina fluida di cotogna, passando il tutto in forno tiepido, finché la gelatina non coli più ed aderisca perfettamente alla pasta, Servite tiepida, o anche fredda.”

 

Una ricetta di crostoli attualmente diffusa in molte pasticcerie

 

Ingredienti: 700 g di farina di frumento, 250 g di uova (o anche meno), 50 g di zucchero, 50 g di latte, 50 g di grappa (facoltativa), 10 g di sale, 1 bacca di vaniglia (facoltativa), zucchero semolato.
Impasta tutti gli ingredienti in modo energico senza dare troppo nervo alla pasta e lascia riposare per un paio d’ore. Ripresa in mano la pasta, tirala molto sottile con una rotellina dentata ritaglia dei rettangoli di 10x5 cm o a losanghe di grandezza similare. Fa friggere la pasta così ottenuta in olio di arachide, o girasole o extravergine d’oliva a 190°C per pochi secondi. Cole li togli dall’olio li spolverali con lo zucchero semolato e lascia che si raffreddino. Poi si gustano. 


 

 



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Giampiero Rorato

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