La madre di Mattia racconta un anno senza il figlio, che ha perso la vita in un cantiere a Montebelluna
Il dolore per la perdita ma anche la volontà di perpetuarne il ricordo e la richiesta di giustizia.
MONTEBELLUNA - Il 29 aprile 2022 è stato il primo anniversario della scomparsa di Mattia Battistetti, giovane operaio che ha perso la vita in un cantiere edile a Montebelluna. La figura di Mattia si affianca a quelle dei molti, troppi, morti sul lavoro: le recenti statistiche parlano di oltre tre morti al giorno. Una guerra silenziosa, strisciante, obliterata dalla memoria collettiva.
Tuttavia, Mattia può contare sulla forza e la determinazione della sua famiglia, dei genitori Giuseppe e Monica e della sorella Anna, che pur straziati dal dolore, hanno impegnato tutte le loro energie per raggiungere due obiettivi, anche attraverso la fondazione dell'associazione "Per Mattia Battistetti odv": ottenere giustizia per Mattia e continuare a sostenere l’importanza della sicurezza sul posto di lavoro.
La madre Monica Michielin ci ha raccontato un anno senza Mattia: “Come famiglia abbiamo vissuto questo anno in modo drammatico, perché la mancanza di Mattia si fa sentire ogni giorno sempre di più. Vederlo andar via la mattina e non tornare più a casa è stato dolorosissimo. Nei primi momenti avevo la sensazione che dovesse tornare a casa in un qualsiasi momento, mentre adesso inizio a sentire il suo distacco. Ci manca tanto, non posso negarlo”.
Riguardo la tematica delle morti sul lavoro, Monica è categorica: “Nonostante sia un dramma dai numeri spaventosi, si sta lavorando molto poco su questo tema. Tutti sono bravi a parlare e a promettere, ma alla fine ben pochi sono coloro che fanno qualcosa di concreto. Le morti sul lavoro non sono fatalità, ma sono il frutto di una logica votata al guadagno, al profitto, che comporta una serie di negligenze, dalle mancate revisioni alla scarsa manutenzione. Tuttavia alla fine chi ci rimette è sempre l’operaio”.
Se i controlli da parte delle autorità competenti appaiono insufficienti e le irregolarità sono ancora molto diffuse, non va meglio dal lato politico-amministrativo. A settembre la famiglia Battistetti era stata contattata dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che in quell’occasione aveva espresso vicinanza alla famiglia. In ambito locale le cose appaiono invece più complicate, complici, secondo Monica Michielin, anche certe convergenze tra imprenditoria e politica.
Ecco dunque che il ricordo di Mattia può aiutare a smuovere le coscienze e a tenere alta l’attenzione sul tema della sicurezza. In occasione del drammatico anniversario della scomparsa del giovane, la famiglia ha organizzato due serate. La prima è stata tenuta in collaborazione con Rifondazione Comunista: “Non apparteniamo a nessun partito o aderiamo ad alcun credo politico. A noi basta che ci aiutino a tenere alta la memoria di Mattia: in questo dobbiamo ringraziare il segretario provinciale Gabriele Zanella, che ci ha sostenuto in tante iniziative, tra cui quella dell’altra sera a Conegliano”.
Al teatro Binotto di Biadene, invece, venerdì 29 aprile oltre 140 persone hanno assistito ad uno spettacolo fortemente voluto dalla famiglia Battistetti che, con il supporto dell’associazione culturale Bordeaux, ha unito momenti di musica e letteratura a interventi di coloro che voleva esprimere un pensiero in ricordo di Mattia. Presenti in sala anche i due assessori Elzo Severin e Maria Bortoletto.
Dove sarà possibile, la famiglia continuerà inoltre a installare panchine bianche, in ricordo dei caduti sul lavoro: Resana sarà il prossimo comune, mentre è aperto un contatto per poterne collocare un’altra a Belluno. Per la giornata del 1° maggio, Monica ci comunica inoltre di aver consegnato un suo scritto a un operaio di Firenze, che prenderà la parola al Concertone di Roma.
Riguardo il futuro, Monica Michielin vede una strada in salita: “Purtroppo ci hanno già informato che nessuno pagherà con il carcere per la morte di Mattia. Potremmo essere rimborsati, ma non ci interessa niente dei soldi, vogliamo giustizia. Purtroppo siamo soli. Abbiamo provato a sentire anche altre famiglie che hanno avuto un dramma simile al nostro, senza tuttavia ottenere risultati, per motivi culturali, perché non vogliono mettersi in gioco o perché il dolore è troppo grande. Non è facile fare quello che stiamo facendo, ma personalmente il dolore è la forza che mi permette di andare avanti finché potrò farlo. Lo faccio soprattutto per Mattia, che ha sempre creduto nella giustizia”.