Mettiamo dei fiori nei vostri cannoni
(Anche) a primavera sbocciano gli Street warriors
| Emanuela Da Ros |
CONEGLIANO - Scherzano su se stessi. Sul nome agguerrito/aggressivo che si sono dati. Sul look “tamarrissimo” di qualcuno di loro. Ma non scherzano affatto, quando si tratta di ballare. Perché la breakdance per gli Street Warriors (i 9 ragazzi che sono arrivati a far ballare anche duemila coetanei) non è un hobby, un passatempo, una “semplice” passione: è un modo di intendere la vita. E pure l’occasione per mettersi a dieta. Per dire che i ragazzi del gruppo Street warriors hanno un fisico bestiale, basta guardarli muoversi, a ritmo di musica hip hop o di (io non sapevo nemmeno esistesse) “salsa baciata”.
Quando ballano, tutti insieme senza sbagliare un passo, gli Street warriors scherzano pure sulla forza di gravità. La caratteristica del ballo di cui sono maestri (alcuni in senso professionale) è di essere praticata a tre livelli: sul pavimento, in piedi e in aria. Ma il pavimento, in una sorta di paradosso gravitazionale, i nove ballerini sembrano sfiorarlo appena. L’impressione che danno è di essere respinti dal suolo, di essere talmente leggeri da poter volteggiare (acrobaticamente, sia chiaro) in aria.
Da sinistra, Thomas Avanzato "Toch", Brayan Vera "Brayan", Erich Bourne"Frick", Simone Tommasella"Thomas", Davide Fasanelli "Fasa", Francesco Trevisan "Ronin", Massimo Bet "Max". Davanti: Stefano Maso "Koala"
Ci vuole poco? In fondo sì: bastano almeno tre ore filate di allenamento al giorno, otto o nove anni di breakdance, una dieta ferrea e uno stile di vita salutistico per essere come loro. Per essere dei Biboy.
Precedente. Quando, otto anni fa, il Quindicinale aveva fatto un servizio sui Biboy, aveva incontrato degli adolescenti che si divertivano a ballare al Biscione di Conegliano. Erano già bravi (anzi: bravissimi), ma erano soprattutto ragazzini che improvvisavano passi e acrobazie al ritmo hip hop. Alcuni di quegli adolescenti, otto anni dopo, sono diventati ballerini professionisti, tanto da fare della breakdance il proprio lavoro. Al Biscione non vanno più e, nonostante abbiano scelto di battezzarsi “Guerrieri della strada” sulla strada non ballano più. Danzano nelle palestre e soprattutto nei locali e nei teatri dove sono un’attrazione per migliaia di ragazzi.
Segni particolari. Gli Street warriors sono tutti maschi. Hanno un’età che va dai 18 ai 27 anni e un background diversissimo. “Siamo un melting pot – spiega Davide Fasanelli - : la maggior parte di noi viene dai comuni del circondario (Conegliano, Vittorio Veneto, Mareno, Tarzo, Fregona, Santa Lucia, Colle Umberto…), ma abbiamo anche un ballerino originario del Perù, e uno dell’Equador. Fra noi c’è chi, come me, ha otto fratelli e chi è figlio unico. Chi ha già preso una laurea e chi frequenta il liceo artistico o l’Ipsia. E c’è chi lavora. Quello che ci caratterizza è avere culture, situazioni familiari, stili di vita diversi, ma sentirci uniti da una passione condivisa nell’anima: quella per la musica e la danza.”
Perché tra voi non ci sono ragazze? “E’ una scelta delle ragazze –precisa Simone Tommasella, che è un po’ il leader del gruppo -. La nostra è una danza molto fisica, che richiede un incessante allenamento e le ballerine che iniziano a praticarla dopo un po’ si scoraggiano. Non sono soddisfatte dei risultati e gettano la spugna.” Simone Tommasella, che è insegnante di breakdance, ha iniziato a ballare nel 2004, arrivano – dice – da otto anni di calcio. La breakdance gli ha aperto un mondo. E una professione. E’ Simone che controlla i suoi “guerrieri”, che li allena, che li mette a dieta. Insieme a Davide Fasanelli organizza eventi, jam street, cura le pubbliche relazioni, promuove il gruppo (che ha una pagina ufficiale su facebook). Rigoroso come dev’essere essere un maestro, Simone vuole il massimo dal gruppo.
Davide Fasanelli
Davide, oltre il massimo, vuole il “colore”. Dopo aver creato il logo del gruppo, l’ha fatto stampare sulla cover per gli iPhone e da anni, gira con l’acronimo degli Street Warriors (le iniziali SW) rasate sulla testa. “Sembro un vero tamarro – dice di sé, quando lo fotografo – ma è divertente giocare con il look”. Con il look e con i nomi. Perché questi magnifici ballerini hanno tutti un nickname, un’identità sospesa, esattamente come i loro agilissimi corpi, tra le coordinate anagrafiche della quotidianità e il pentagramma delle evoluzioni spettacolari, che compiono con innaturale naturalezza. Del resto gli Street warriors non sono ragazzi qualunque: sono biboy.
Brayan Vera