Nel centenario di Cassamarca, l'opera di Ivano Sartor racconta la storia dell'istituto e del territorio
TREVISO-Una platea gremita, quella di Ca’ dei Carraresi, in occasione del centenario della "Cassa di Risparmio della Marca Trivigiana", poi Cassamarca, celebrato con la pubblicazione dell’opera storiografica di Ivano Sartor sulle vicende che accompagnarono il noto istituto nelle complessità del ‘900. Molti i volti noti, presenti all’evento moderato, nella disamina dello storico Lucio De Bortoli e nell’intervento degli altri relatori, da Guido Lorenzon: dai vertici della Fondazione, On. Dino De Poli e Avv. Gagliardi, alle autorità civili (Sindaco Manildo e Ass. Franchin) e militari, oltre a esponenti di Unindustria, e del mondo accademico come il prof. Bresolin e il noto avvocato Bruno Barel. Ospite di eccezione, il Cav. Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit Banca.
Unica banca che tornò a Treviso nel 1918, in piena guerra, e che risultò essenziale nel suo servizio tesoreria per la Prefettura che, grazie ai suoi servigi poté elargire i fondi necessari a sfamare la cittadinanza; in prima linea per un secolo nella salvaguardia del patrimonio culturale e artistico e nell’acquisizione di pregevoli opere d’arte, oggi presenti in massima parte nelle sedi Unicredit del capoluogo e vincolati alla permanenza sul nostro territorio in quanto beni culturali riconosciuti.
La Cassamarca non nacque in seno alla straordinaria vivacità portata dalla dottrina sociale della Chiesa: quella storia apparterrà piuttosto alla Banca Cattolica di San Liberale (che seguì le sorti della Banca Cattolica del Veneto con la quale si fuse e del Banco Ambrosiano, subendo, suo malgrado, le tristi vicende che seguirono) ed alle diverse Banche Popolari e Banche di Credito Cooperativo, alcune delle quali insistono ancor oggi sul nostro territorio. Cassamarca trova, invece, le sue origini in un altro filone, quello liberale: fu Caccianiga a fondarla, ispirato da quel Luigi Luzzatti, leader liberale che ebbe a contendere a Giolitti il primato della notorietà internazionale fra i politici italiani.
La mission è sempre stata quella di contribuire alla crescita della comunità. Parola chiave, il localismo. Fu sempre considerato nella sua accezione positiva, inteso come attenzione alle esigenze del territorio e, per esso quella banca che si identificò nella città e in cui la città per certi versi si identificò, si spese. La riforma Amato del ’92 fece il resto: si scelse di separare il destino degli istituti di credito dai loro scopi sociali. Da una parte si avviò la corsa alle grandi fusioni che porteranno ai colossi internazionali che conosciamo oggi, dall’altra si finì col deresponsabilizzarle dinnanzi alla collettività e la crisi in atto ha messo in luce oggi un certo modo di investire in maniera speculativa che per tanti anni ha segnato un taglio netto rispetto all’attenzione all’economia reale propria delle piccole banche di fiducia. Fondazione Cassamarca ereditò le responsabilità verso il territorio e il benessere dei cittadini vivendo dei dividendi del gigante del credito che si andava formando e sarebbe ingrato dimenticare il ruolo centrale che negli ultimi vent’anni ha avuto nel rilancio del capoluogo, dai teatri ai restauri, dalle mostre di Ca’ dei Carraresi alla felice intuizione del polo universitario. Probabilmente altre scelte non si sono rivelate nel tempo parimenti fortunate, complice, forse, un eccesso di delega da parte del mondo della politica ad un soggetto che prima di quella che Ghizzoni ha definito una “crisi economica ben peggiore di quella del ’29”, aveva mietuto successi ragguardevoli e aveva consentito un certo modo di intendere il recupero urbano e un singolare rapporto pubblico-privato.
Oggi le fondazioni bancarie sono una realtà consolidata nel panorama nazionale e svolgono, non di rado, un ruolo di primo piano, proprio perché investono i dividendi degli utili delle banche laddove esse traggono origine e in attività a vantaggio della collettività. Ricordare la storia e le ragioni che portarono alla costituzione dei piccoli istituti di credito di provincia significa ricordare uno degli elementi che fu punto di forza delle piccole imprese del nordest che hanno poi fatto la fortuna di questa terra. Un ricordo un po’ amaro, potrà dire qualcuno, se riflettiamo, pur senza cadere nella retorica dei tempi che furono, sull’abisso valoriale che separa queste esperienze da quelle delle moderne multinazionali della finanza.