"Nella scuola si fa ancora troppo poco per rispettare l'identità di genere"
Dalle organizzazioni AGedO (Associazione Genitori di Omosessuali) e Con-Te-Stare Sportello Attivo Transgender consigli e testimonianze
| Tiziana Benincà |
PIEVE DI SOLIGO / CONEGLIANO - L'accettazione di un figlio dovrebbe essere una cosa naturale e "normale" ma purtroppo preconcetti e condizionamenti sociali spesso impediscono a molte famiglie di vivere con serenità l'orientamento sessuale dei propri figli se non conforme ai "canoni convenzionali". Un'eresia? No, una triste realtà! Da qui la nascita di organizzazioni volte a dare supporto non solo a chi si sente emarginato per la propria identità ma anche alle famiglie. Su questa tematica un esperta e una mamma si raccontano.
Cosa deve fare un genitore quando un figlio dichiara la propria identità sessuale diversa rispetto a quella culturalmente accettata?
“La possibilità di esprimersi liberamente in casa sta alla base. Dato per assodato che ci sia una buona comunicazione, la famiglia dovrebbe interrogarsi ed andare a riportarlo presso un’associazione specifica, quale AGedO (Associazione Genitori di Omosessuali) o Con-Te-Stare Sportello Attivo Transgender - commenta Roberta Rosin, psicoterapeuta e presidente di Con-Te-Stare - A volte i genitori si chiedono su cosa hanno sbagliato, ma non sono domande sane, perché da questo punto di vista i genitori non sbagliano su nulla; essendo una condizione non scelta, la modalità di comunicazione con i propri figli non c’entra.
Sicuramente se ne parla di più e ci sono meno tabù riferiti a tutto ciò che ha a che fare con l’identità sessuale che è un concetto molto ampio: orientamento sessuale, identità di genere ed espressione di ruolo, ovvero l’atteggiamento e i comportamenti che la società definisce tipicamente maschili o femminili. L’intreccio di queste componenti dà vita ad una plurivocità di modalità in cui ciascuno vive la propria identità sessuale”.
“Non si tratta di un fenomeno nuovo, se si pensa che già nel 1993 è nata AGedO grazie a Paola Dall’Orto e ad un gruppo di genitori di figli maschi omosessuali che facevano il loro “coming out” e si trovavano spesso spaesati, dato che al tempo si parlava pochissimo di questo argomento – spiega Manuela Pelizzon, cittadina di Pieve di Soligo e presidente di AGedO Treviso con sede a Conegliano – A fine 2019 è nata AGedO Treviso che copre il territorio di Treviso e Belluno. Oltre a fare l’accoglienza dei genitori, riceviamo telefonate da ragazzi in difficoltà e stiamo lavorando molto nelle scuole e nelle pubbliche amministrazioni dove organizziamo corsi di formazione specialmente per dipendenti a contatto con il pubblico.
Quest’anno abbiamo portato il nostro progetto d’inclusione in 12 classi degli istituti superiori di secondo grado, ma sarebbe importante portarlo anche nelle scuole medie per genitori ed insegnanti. Facciamo vedere che le nostre sono famiglie normali, con gli stessi problemi, solo che i nostri ragazzi vivono un percorso interiore che noi non possiamo nemmeno immaginare e quindi non potendolo immaginare a volte non lo comprendiamo. Stiamo lavorando tantissimo per portare all’interno della scuola anche la Carriera Alias per ragazzi che vivono un’incongruenza di genere, ovvero registri in cui gli studenti possano adottare i loro nuovi nomi, senza dimenticare la delicata questione dei bagni. Questo permetterebbe loro di avere un percorso semplice senza continue domande, perché ogni volta è un’umiliazione: io l’ho imparato stando con questi ragazzi. Noi non ci poniamo certe domande, ma per loro non è così ed è una continua violenza nei loro confronti. In provincia di Belluno sono già tre gli istituti che hanno attivato la Carriera Alias, purtroppo molte volte la scuola si fa avanti solo quando si presenta il caso, mentre sarebbe importante che questo avvenisse prima”.
Tra Belluno e Treviso gli associati ad AGedO sono una ventina ed il prossimo appuntamento aperto al pubblico è previsto per sabato 24 settembre a Belluno presso la Casa dei Beni Comuni dalle ore 17.30 dal titolo “Io Sono”. Una serata sul tema della transessualità “E’ meglio parlare d’incongruenza di genere piuttosto che di disforia di genere, infatti dal 2013 è riconosciuta non più come una patologia, ma una condizione: un passaggio importante perché non è qualcosa che uno cerca, ma che uno è – spiega Roberta Rosin - Ovviamente è necessario un percorso psicologico di almeno sei mesi e degli incontri con un neuropsichiatra per capire che non esistano delle psicopatologie che spingono a percepirsi come persona trans. Al termine di questo percorso si redige una diagnosi psicodiagnostica che viene data all’endocrinologo il quale, dopo una serie di analisi, proporrà una terapia ad hoc.
Negli ultimi anni si registra un aumento incredibile degli accessi da parte di minori, tra cui molti dodicenni in grande difficoltà, ma la terapia ormonale sostitutiva in Italia si può dare dai 16 anni. Ovviamente non si danno gli ormoni con leggerezza perché seguendo il protocollo ONIG si deve rispettare un certo iter”. Con-Te-Stare infatti è un’associazione di Padova collegata ad ONIG (Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere) che in tutta Italia ha diverse associazioni che seguono lo stesso protocollo attento e calibrato basato anche sulle linee della WPATH (World Professional Association for Transgender Health). Per contattare le associazioni sopra indicate, visitare i siti: http://con-te-stare-transgender.it/ e https://www.agedonazionale.org/