L’arroganza di chi si crede sopra le regole
È ora di finirla di minacciare di querela i giornalisti ogni qual volta vengono dette verità scomode
EDITORIALE – Ma davvero c’è chi crede che tutti i giornalisti stiano sempre con il capo chino a ossequiare il potere, per reverenza, timore o convenienza personale?
Beh, per chi non l’avesse ancora capito, non è così!
Non ha alcun senso elogiare la propria categoria professionale, suona di cattivo gusto e fa pensare ad una sorta di corporativismo che rasenta la casta.
Ma ciò non toglie che il giornalismo non sia un mestiere come gli altri: è e resta un baluardo della Democrazia.
Già, perché il giornalista, con il suo lavoro, è la voce di tutti, anche di chi sussurra o di chi non ha fiato per parlare.
Ciò nonostante, troppo spesso c’è chi ricorre all’intimidazione, minacciando querele, per zittire i giornalisti.
Meglio note come “querele bavaglio”, sono quelle da cui poi hanno origine le “cause temerarie” volte a soffocare dissenso o pubbliche denunce da parte dei media.
Un fenomeno che va sotto il nome di “SLAPP, strategic lawsuit against public participation” (acronimo di: causa strategica contro la partecipazione pubblica) di cui si è interessata anche l’Unione Europea, con la direttiva “legge di Daphne”.
Ma è comunque utile ribadito spassionatamente un concetto, indirizzato a chi pensa di intimorire i professionisti dell’informazioni: se ne facciano tutti una ragione, non c’è trippa per gatti!
Ci sarà sempre chi vuol capire il perché delle cose, chi non accetta di allinearsi a consuetudini di comodo.
Non si può negare che se si verificano minacce di querele bavaglio, in alcuni casi, è anche perché vi sono (per fortuna pochi) giornalisti inclini all'accondiscendenza.
A questi "colleghi" va tutto il biasimo di chi ha la certezza che nulla è eterno, a cominciare dalle figure davanti alle quali si prostrano servili!