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23 novembre 2024

Vittorio Veneto

Dalla Guerra Fredda al congelatore vittoriese

Un pezzo di storia dell’esercito vissuta e congedata nella città della Vittoria

| Michele Bastanzetti |

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| Michele Bastanzetti |

esercito vittorio veneto

VITTORIO VENETO - “Si comunica che a partire dalle ore 0 (testuale:“zero”) di oggi 30 settembre 1953 questo Comando ha iniziato il suo funzionamento nella nuova sede di Vittorio Veneto”. Con questo lapideo testo lo Stato Maggiore siglava il trasferimento del Comando del V Corpo d’Armata da Padova a Vittorio. Appena un mese prima l’URSS fa esplodere in poligono una bomba H, venti volte più potente di quella d’Hiroshima. La Jugoslavia di Tito minaccia di occupare Trieste. Aviano diventa base Nato, una delle più importanti d’Europa. Poi rampe missilistiche in Pian Cansiglio e Pizzoc.

 

Piena guerra fredda dunque; avvicinare il Comando ai confini orientali era strategico. Ma la scelta di Vittorio si attagliava perfettamente anche alla meritata fama della nostra città che durante Risorgimento, grande guerra e Liberazione aveva dimostrato coerenza e tenacia eroiche nel difendere unità e dignità della nazione. Per fortuna le tensioni tra i due blocchi calarono e l’esercito, adoperandosi anche in operazioni ed iniziative non strettamente collegate alla difesa, diede per sei decenni un contributo di alto prestigio, di vitalità e di ricchezza molto importante per la città, con la quale era maturata una serena simbiosi. Ma nel 2013, ufficialmente per il “contenimento della spesa”, il Comando venne trasferito in nuove sedi a Padova e Firenze.

 

L’impressione di molti vittoriesi fu però che sul trasloco pesò di più, oltre al rasserenamento geopolitico, l’evidente decadenza di una cittadina sempre più senescente e mal orientata; parabola che perdura. A infastidire forse fu pure l’antistorica deriva secessionista di certi serenissimi pensatori e del loro momento politico. I militari levarono le tende consolandoci coll’assegnazione, unico caso per una città, della Medaglia Oro al Merito dell’esercito e continuando a dimostrarci il loro riguardo, come alla recente cerimonia per il 70° della Croce del Monte Altare. Oltre al reciproco rimpianto l’ingente lascito demaniale, abbandonato a sè, ora langue e preoccupa visti gli andazzi locali. Ma la cruda storia, dalla quale nulla apprendono gli uomini perché son zucconi, ci azzanna di nuovo con la folle aggressione russa all’Ucraina e relative minacce nucleari del Cremlino all’Europa ed alla Nato. Così il pericolo da est, la guerra fredda, è improvvisamente uscito dal congelatore. “Quel che l’è stat al torna” insegnano i nostri vecchi. Che sbaglino?

 


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Michele Bastanzetti

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