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19 novembre 2024

Treviso

LA FONDAZIONE DON CARLO GNOCCHI ACCUSA GENTILINI DI RAZZISMO

Nel mirino le frasi dette dallo Sceriffo durante un matrimonio

| Mauro Favaro |

| Mauro Favaro |

LA FONDAZIONE DON CARLO GNOCCHI ACCUSA GENTILINI DI RAZZISMO

TREVISO – Giancarlo Gentilini, lo Sceriffo leghista vicesindaco di Treviso, ritorna al centro di una bufera fatta di accuse di razzismo e xenofobia. A trascinarcelo, stavolta, è Federico Marcon, direttore della fondazione don Carlo Gnocchi di Milano.

Tutto nasce da un matrimonio celebrato sabato scorso a palazzo Rinaldi che lo stesso Gentilini, stando a quanto raccontato da Marcon, invitato dello sposo, avrebbe trasformato in un vero e proprio comizio elettorale. “Più che officiare la cerimonia ha fatto un comizio in piena regola – denuncia il direttore dell'Ong dalle pagine del suo blog ospitato sul sito de Il fatto Quotidiano – in venti minuti il nostro è riuscito a dire chicche del tipo: “Quando sono stato sindaco ho fatto rifare le mura della città perché devono proteggere la nostra specie da tutti gli ingiallimenti ed annerimenti che ci minacciano”, riferendosi all'immigrazione asiatica e africana”.

In sala c'era una bimba peruviana recentemente adottata, mulatta. Ha quasi 10 anni, speriamo che non abbia capito – aggiunge Marcon – io ho una figlia che è nate in Brasile quando vivevo lì, doppia nazionalità italiana e brasiliana: è bionda, chissà se anche lei rappresenta una minaccia oppure se il colore della pelle, tendente al chiaro, le permetterebbe di prendere residenza dentro le mura trevigiane”.

Accuse pesanti. Tanto più che arrivano dal direttore di un'organizzazione non governativa famosa in tutto il mondo perché si occupa, triste ironia della sorte, di progetti di cooperazione internazionale per accompagnare persone disabili soprattutto nel contesto delle mutilazioni di guerra, dalla Bosnia all'Ecuador, sino alla Georgia, al Rwande a alla Sierra Leone.

Basta così? Nemmeno per idea. “Gentilini raccontava anche che, quando riceve al Comune di Treviso scolaresche dagli Stati Uniti in gita di classe mostra loro gli affreschi del palazzo comunale, risalenti al 1300, e con fare intimidatorio dice loro: “Voi che fate tanto i gradassi in giro per il mondo, ricordate che mentre i miei avi dipingevano queste meraviglie voi non esistevate ancora come Paese, o al massimo avevate tre pellerossa che giravano per le campagne...” – va avanti Marcon sottolineando che, tra l'altro, il vicesindaco ha celebrato il matrimonio in dialetto nonostante uno dei due sposi e buona parte degli invitati fossero di Milano – e l'audience locale, divertita, rideva e applaudiva”.

Ma non tutti, per la verità. Alcuni, stando alle testimonianze dei presenti, poco dopo l'inizio del discorso dello Sceriffo hanno infatti lasciato la sala e aspettato gli sposi in piazza. “Io sono uscito con uno strano gusto in bocca e ho rivolto il pensiero alle tante persone che, a livello di lavoro o di volontariato, spendono la loro vita per cercare di facilitare l'inserimento degli immigrati nel nostro Paese – conclude il direttore della fondazione don Carlo Gnocchi – oppure agli sforzi diplomatici della parte buona dell'Italia, che esiste, per cercare di recuperare una credibilità internazionale dopo anni di oscurantismo. E mi sono chiesto se davvero tutti questi sforzi abbiamo senso, fino a quanto avremo dei controcanti così gretti”.

 


| modificato il:

Mauro Favaro

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