Torna il carcere per i giornalisti
Ddl diffamazione, salta l'accordo
ROMA - A scrutinio segreto il Senato ha approvato un emendamento della Lega appoggiato anche da Api che reintroduce il carcere per i giornalisti in caso di diffamazione a mezzo stampa. A favore si sono espressi 131 senatori, contrari 94, 20 astenuti. Di fatto è saltato l'accordo politico che aveva portato ad una condivisione del testo Berselli. Il Pd ha subito chiesto la sospensione dei lavori.
Il sottosegretario alla Giustizia Antonino Lullo ha riferito che sull'emendamento della Lega, il governo aveva in un primo momento chiesto il rinvio, poi, quando l'invito non è stato accolto, il parere è diventato contrario.
Il presidente del Senato Renato Schifani, al quale tutti i gruppi tranne la Lega avevano chiesto una sospensione dei lavori sul ddl diffamazione, per una "riflessione" si è detto d'accordo, vista la "significatività" del voto a favore dell'emendamento sul carcere per i giornalisti. Della prosecuzione dell'iter si occuperà, quindi, la conferenza dei capigruppo che Schifani ha convocato per domani alle 12.30, anche in vista della definizione dei lavori della prossima settimana.
Il ddl sulla diffamazione rischia di finire "su un binario morto", dice il relatore Filippo Berselli (Pdl), parlando con i giornalisti a palazzo Madama dopo il clamoroso ripristino del carcere (come pena di un anno, alternativa alla sanzione pecuniaria di 50mila euro) per i giornalisti condannati per diffamazione.
"Era impensabile - prosegue - un esito del genere, visto l'accordo politico che si era raggiunto tra Pdl e Pd, ma evidentemente in aula, con il voto segreto, c'è stato un 'voto di pancia', un voto contro la stampa".
"Non so sinceramente cosa potrà decidere domani la conferenza dei capigruppo. Certo - conclude - mi sembra difficile un ennesimo rinvio in commissione del provvedimento. In realtà, alla fine, dopo questo voto, l'esito più probabile è che la normativa attualmente in vigore non verrà proprio modificata".
Per il presidente dei senatori dell'Udc, Gianpiero D'Alia, "il voto del Senato che reintroduce il carcere per i giornalisti è un segnale di vendetta che disonora il Parlamento" . "Il voto segreto - aggiunge - è un chiaro segnale di debolezza di un'aula che assesta un colpo micidiale alla sua credibilità".
Il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero avverte: ''E' a serio rischio la libertà di stampa". "E' un bavaglio preventivo che minaccia soprattutto i tantissimi giornalisti precari, giovani e meno giovani, che svolgono inchieste e cercano di fare il loro lavoro a schiena dritta - osserva -. La legge va riscritta: con il carcere per i giornalisti si chiude il cerchio di chi vuole un'informazione a senso unico".
Mentre il portavoce dell'associazione Articolo21, Giuseppe Giulietti, promette battaglia: "Di fronte al voto segreto, con il quale una maggioranza del rancore ha confermato il carcere per i giornalisti, non ci sono commenti da fare ma solo iniziare una lunga e rigorosa lotta per affossare questo testo ed impedirne l'approvazione definitiva". "Articolo21 - spiega Giulietti - ritiene ormai necessario procedere alla immediata convocazione di una manifestazione nazionale contro la legge-bavaglio, anzi contro la legge-manette".
(Adnkronos)