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Montebelluna

Piave, il Comitato per la tutela delle Grave di Ciano annuncia un nuovo ricorso al tribunale e una denuncia alla Commissione Europea

Il commissariamento del contestato progetto delle casse d’espansione sembra aver scatenato nuove e più inquietanti proposte

| Ingrid Feltrin Jefwa |

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Piave, il Comitato per la tutela delle Grave di Ciano annuncia un nuovo ricorso al tribunale e una denuncia alla Commissione Europea

CROCETTA DEL MONTELLO – Il commissariamento del progetto delle casse di espansione sulle Grave di Ciano sta alimentando proposte e prese di posizione che cittadini e comitati popolari reputano allarmanti e inaccettabili. Dopo la notizia del provvedimento del Governo Meloni il Comitato per la tutela delle Grave di Ciano ha pubblicato un post: «Alcuni giorni fa è stata pubblicata un'intervista al commissario straordinario Marina Colaizzi. Ci fa piacere che la dott.ssa Colaizzi si dichiari super partes e apprezziamo che abbia detto chiaramente che "si è fatto in passato un uso un po’ improprio del territorio", senz'altro concordiamo sulla necessità di fare scelte lungimiranti; ma è molto difficile vedere della lungimiranza in opere faraoniche e dannose per l'ambiente, che vanno assolutamente controcorrente rispetto al moderno approccio alla riduzione del rischio di alluvioni. Noi pensiamo che i bacini di laminazione da soli non possano risolvere i problemi. Più saggio, anzi necessario, sarebbe affrontare proprio le fragilità del territorio Veneto tanto martoriato, pianificando una riqualificazione della pianura e del fiume, che non significa riportarli allo stato del passato ma renderli, come nel passato, capaci di rispondere agli eventi metereologici.

Ridare lo spazio ai fiumi, aumentare la quantità di suolo permeabile, riconnettere i corsi d'acqua alla pianura, ricreare habitat capaci di trattenere l'acqua e rilasciarla lentamente. Utilizzare i processi naturali come difesa e, in caso questo non sia sufficiente, ricorrere agli invasi in luoghi idonei. La dott.ssa afferma che tra i valori che vanno difesi, oltre alla sicurezza dei cittadini, ci sono “le attività economiche, commerciali e turistiche”. E l’ambiente?». Quesito ineccepibili. A quanto pare la diffidenza del Comitato, a fronte di certe esternazioni, pare più che plausibile. Oggi, Franco Nicoletti, Presidente del Comitato per la Tutela delle Grave di Ciano ha diffuso una nota con cui formula tutti i dubbi dell’organizzazione, a cui aderiscono numerosi gruppi spontanei lungo l’asta fluviale del Piave, che si oppongono a interventi che sono frutto di logiche di pianificazione dei bacini oramai obsolete. Infatti, se nel resto d’Europa e del Nord America si punta alla rinaturalizzazione per incrementare la sicurezza idraulica, viceversa per il Piave si continua a proporre escavazioni e cemento.

Ecco il comunicato integrale del Comitato in merito alle dichiarazioni del Pres. Zaia:
«Leggiamo in questi giorni il dibattito sulle casse di Ciano con le più svariate opzioni di soluzioni e una gran confusione, tra proposte da un lato e smentite dall’altro. Risulta difficile non interpretare la proposta della diga di Bottacin come una mossa strategica: la minaccia di un progetto ancora più inquietante per rendere più accettabile il controverso progetto delle casse a Ciano, facendolo apparire come una soluzione più leggera, a partire dagli argini dimezzati e in terra battuta. Chiunque, anche senza particolari studi, comprende che un argine in terra battuta tra le casse e il Piave verrebbe spazzato via in un batter d’occhio da una piena del fiume. Si fa finta di non considerare che il Piave a Ciano presenta un carattere torrentizio, dovuto alla forte pendenza. Il previsto restringimento dell’alveo per l’inserimento delle casse intensificherebbe ulteriormente la velocità e l’erosione delle sponde, rendendo necessaria anche una traversa sul fiume per incanalare l’acqua verso le casse. Inoltre, se la matematica non è un’opinione, senza scavi e senza prelevare i 21 milioni di metri cubi previsti, e dimezzando gli argini rispetto al progetto originario, la portata si ridurrebbe, probabilmente fino a dimezzarsi, rendendo quindi il progetto a Ciano inefficace per salvare il basso Piave. Ad ogni modo gli habitat delle Grave di Ciano sono così fragili che anche il passaggio di camion e ruspe basterebbe a rompere i loro delicati equilibri, anche senza scavi. Quindi il tema non è scavare o meno.

 

Queste proposte più o meno light sono solo specchietti per le allodole perché Zaia e Bottacin non hanno mai voluto considerare altre localizzazioni più appropriate per la realizzazione delle casse, proposte dagli stessi studi dell’Autorità di Bacino (Piano Stralcio del 2009). Il vero tema è il cambio di localizzazione sulla scia di studi approfonditi di alternative che non sono mai stati realizzati. Infatti, è stata completamente accantonata la soluzione di Ponte di Piave. Gli studi di fattibilità sul sistema di casse tra Ponte di Piave e Zenson avevano già dimostrato che si trattava della soluzione migliore, sia per efficacia, con una portata fino a 38 milioni di mc, sia per minor impatto sui siti, trattandosi di aree agricole e non di siti protetti dall’Europa. Questa scelta avrebbe comportato anche una minore cantierabilità, senza scavi, senza traverse sul fiume e con tempi di realizzazione più brevi. Con la rinuncia al prelievo delle ghiaie di Ciano dichiarata da Bottacin, oggi sarebbe anche stata la soluzione economicamente più vantaggiosa. Perché la Regione ha accantonato il progetto di Ponte di Piave? La spiegazione ufficiale è che l’intervento sulle Grave di Ciano consentirebbe di realizzare una protezione idraulica dei territori attraversati dal Piave anche nel tratto tra Ciano e Ponte di Piave. In realtà il tratto fino a Candelù ha un carattere torrentizio, con una capacità di contenimento a monte che raggiunge i 4500-5000 m³/s.

 

I veri problemi iniziano dove la pendenza si riduce e il fiume rallenta, favorendo l’accumulo delle acque. Dove sono, dunque, gli studi necessari per valutare la soluzione più efficace per la sicurezza di queste aree? La scelta di Ciano appare presa con una superficialità tale da far sembrare le sue deboli giustificazioni poco più che un pretesto per sacrificare un’area protetta e salvaguardare i vigneti che occupano le golene del basso Piave, dove avrebbero dovuto realizzare le casse di espansione. Ad oggi non esistono studi di analisi e approfondimento da parte delle autorità competenti che abbiano indagato altre opzioni per trovare soluzioni meno impattanti, al di fuori dell’area delle Grave di Ciano. Ed è per questo che il progetto su Ciano è in violazione dall’art. 6 della Direttiva Habitat, oltre ad altre violazioni di cui si occuperanno i legali se questo progetto verrà portato avanti. www.graveciano.com – info@graveciano.com È fondamentale riprendere e approfondire gli studi non solo sul basso Piave, ma su tutto il corso del fiume. Bisogna superare la logorante miopia ingegneristica che trascura la complessità del sistema fluviale.

 

Solo un approccio multidisciplinare, che affronti le problematiche idrogeologiche integrando i processi naturali per aumentare la resilienza dei territori – anche in risposta ai cambiamenti climatici – può offrire soluzioni efficaci a lungo termine, senza compromettere gli ecosistemi naturali su cui si basa la nostra esistenza. Le normative europee vanno in questa direzione: Direttiva Habitat e Uccelli, Direttiva Quadro Acque, Direttiva Alluvioni e Nature Restoration Law. Il progetto su Ciano verrà osteggiato proprio perché non rispetta le leggi, e appena uscirà, qualunque esso sia, scatterà un nuovo ricorso al tribunale e una denuncia alla Commissione Europea. Non basterà commissariare il progetto per eludere le normative ambientali. Non si tratta di discutere su come realizzare il progetto sulle Grave di Ciano, ma di cambiare definitivamente la localizzazione, mettendo in atto tutte le conoscenze delle moderne scienze che oggi studiano il complesso sistema dei fiumi. Ricorrere a metodologie ingegneristiche superate, cui alcuni ingegneri restano legati quasi come a una fede, oggi non è più solo inadeguato, ma rischia di aggravare ulteriormente i problemi. Questo è ciò che diremo e chiederemo con forza al Commissario Marina Colaizzi».
 


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