Rischio zero con il vaccino ma è allarme per la variante brasiliana
Maurizio Manno del Covesap monitora quotidianamente l'evoluzione espidemiologica: "Irragionevole il rifiuto a vaccinarsi di una parte del personale medico"
| Tommaso Colla |
TREVISO - Dal suo osservatorio privilegiato del Covesap, il dott. Maurizio Manno monitora quotidianamente l’evoluzione pandemica.
Volge al meglio la situazione epidemica in Veneto?
I dati confermano la tendenza degli ultimi giorni ad una minore diffusione del virus.
Quindi stiamo andando nella giusta direzione?
Il numero di ricoverati e soprattutto quello dei decessi rimane alto, con ben 162 morti nelle ultime 24 ore. Vari fattori hanno contribuito a rendere per settimane il Veneto la prima regione per nuovi contagi e per morti. L’ossessione per la zona gialla contro ogni evidenza epidemiologica, come spiegato molte volte da Covesap, è stata conseguente alla sovrastima da parte della Regione del numero di posti letto di terapia intensiva.
Cos’altro?
L’uso estensivo e in alcuni casi improprio (ad esempio nel personale sanitario o nelle RSA) di tamponi antigenici (cosiddetti “rapidi”) di prima e seconda generazione a bassa sensibilità, ovvero con un numero elevato di falsi negativi fino al 30-40% come dimostrato da mesi dal prof. Crisanti.
Covesap e associazione dei medici ospedalieri sono tornate a denunciare nei giorni scorsi la situazione grave nelle case di riposo.
La mancata individuazione di molti soggetti positivi tra i sanitari e gli ospiti delle RSA ha contribuito fortemente alla diffusione del virus. Altro fattore importante è stata sicuramente la sottostima del rischio da parte dei cittadini sulla base della migliore performance del Veneto nella prima ondata.
Il sistema invece non ha retto...
È evidente la fragilità della sanità territoriale smantellata da anni di tagli ingiustificati che ha compromesso la capacità del sistema regionale sanitario di erogare cure domiciliari tempestive, un presidio questo fondamentale per poter contenere i ricoveri, la saturazione delle terapie intensive e i decessi.
Che cosa pensa della campagna di vaccinazione nel Veneto?
Procede anche se lentamente e con ritardo a causa dello stop delle forniture da parte di Pfizer per la settimana in corso. Vi sono stati diversi casi di rifiuto del vaccino, alcuni dei quali, del tutto irragionevolmente, tra il personale sanitario.
Non proprio un bel segnale
Gli operatori sanitari dovrebbero sapere non solo che, dal punto di vista epidemiologico, la vaccinazione della popolazione è l’unico presidio sicuro per un contenimento del virus in tempi ragionevoli, ma anche che, dal punto di vista della salute personale, il rischio di una reazione avversa, generalmente lieve e reversibile, dovuta alla vaccinazione è incommensurabilmente più basso di quello dovuto al virus.
Cosa ci può dire di più rispetto al vaccino Pfizer?
Diversamente da altri vaccini, non contiene il virus o sue parti, ma solo l’mRNA ovvero l’informazione genetica necessaria per la produzione, nelle cellule dell’ospite vaccinato, della proteina spike, ovvero la parte protuberante del virus che si lega alle cellule dell’ospite e permette la penetrazione del virus. Quest’ultima proteina, a sua volta, stimola l’attivazione del sistema immunitario dell’ospite stesso, inclusi gli anticorpi e le cellule antivirus.
In si corrono rischi dunque
Con la vaccinazione in corso il rischio di un contagio è non esistente e quello di una reazione avversa è trascurabile. Il problema dei rischi da vaccino, dunque, non è una questione seria, con buona pace dei no-vax. I problemi veri sono altri.
Quali?
Ad esempio, i vaccini oggi disponibili sono efficaci al 95% (Pfizer e Moderna) e al 90% (Astra Zeneca col protocollo 1/2 + 1 dose), ma potrebbero non esserlo più in un prossimo futuro, qualora il virus “mutasse” geneticamente, ovvero cambiasse la composizione della proteina spike. In questo caso gli anticorpi e le cellule attivati dal vaccino potrebbero non riconoscere o riconoscere solo in parte il virus “mutato”.
Dobbiamo considerare una minaccia la variante inglese?
La proteina spike della variante inglese è sostanzialmente uguale a quella contro cui gli attuali vaccini sono stati prodotti. La variante brasiliana pare essere invece significativamente diversa, al punto che la vaccinazione corrente potrebbe non essere altrettanto efficace.
Cosa bisognerebbe fare a questo punto?
Da un lato coprire col vaccino, quale esso sia, l’intera popolazione in tempi brevi, prima che si creino e si diffondano varianti resistenti; dall’altro monitorare e riconoscere tempestivamente i cambiamenti della struttura del virus, ovvero potenziare il sequenziamento necessario per poter “costruire” un vaccino aggiornato ma che, purtroppo, in Italia oggi è quasi inesistente.
Urgentemente, giusto?
Più daremo tempo al virus di trasmettersi, maggiore sarà il rischio che si sviluppino mutazioni resistenti con conseguente necessità di modificare urgentemente il vaccino.