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22 novembre 2024

Nord-Est

Scontro col virologo Crisanti, Sanità della Regione: ''Prese le decisioni corrette'' 

''La strategia era l'individuazione precoce dei soggetti positivi'' 

| Ansa |

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Scontro col virologo Crisanti, Sanità della Regione: ''Prese le decisioni corrette'' 

VENEZIA - "Riteniamo necessario, doveroso, stabilire una serie di punti fermi a difesa di chi ha lottato con il Covid per lunghi anni, prendendo decisioni che anche i più autorevoli organi a livello nazionale e internazionale hanno decretato corrette, a tutela dei professionisti della sanità e del mondo accademico che li ha affiancati". Inizia così la nota dettagliata, a firma Sanità Regione Veneto, in relazione allo scontro che vi sarebbe stato tra il Governatore Luca Zaia e l'allora direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell'Università di Padova Andrea Crisanti in relazione all'attendibilità dei test rapidi antigenici, sui quali la Procura di Padova ha aperto una inchiesta indagando Roberto Rigoli, ex coordinatore delle Microbiologie del Veneto e Patrizia Simionato, ex dg di Azienda Zero. "Lo facciamo dal punto di vista scientifico, senza entrare nel merito della comunicazione politica, ma dicendo con chiarezza che quanto espresso anche quest'oggi dal Senatore Crisanti non rappresenta la realtà delle cose" afferma il dottor Gianluigi Masullo, direttore generale (facente funzioni) della sanità regionale. "La strategia della Regione del Veneto, tesa al perseguimento dell'obiettivo ultimo di prevenire il più possibile contagi, ricoveri e decessi, si è sempre fondata, fin dalle prime fasi dell'emergenza pandemica, su indicazioni tecnico-scientifiche di livello internazionale e nazionale - viene spiegato da Masullo - . Il cardine della strategia regionale è sempre stato l'individuazione precoce di tutti i possibili soggetti positivi al SARS-CoV-2, anche asintomatici, per l'adozione tempestiva delle misure di sanità pubblica, sentita la direttrice del Dipartimento di Prevenzione, la dott.ssa Francesca Russo". I vertici della sanità veneta ricordano "che nei periodi più critici della pandemia la massima capacità dei test molecolari era di 23 mila unità al giorno. A fronte di una richiesta di prestazioni che arrivava ad oltre 170 mila tamponi al giorno: considerati 30 mila ospiti case di riposo, 54 mila ai dipendenti della sanità, cui si aggiungevano tutti i ricoveri e gli accessi nei Pronto Soccorso. E, ovviamente, quelli richiesti dal resto dei cittadini veneti". "Prendendo ad esempio il 15 gennaio del 2022 sono stati effettuati 24.832 test molecolari e 164.189 test antigenici - continua il documento regionale - . Con un numero di positivi di 13.094 persone, la maggioranza dei quali emersi proprio dai test rapidi".

La Regione Veneto si domanda: "cosa sarebbe accaduto se non fossero stati effettuati?" "Negli scenari più impegnativi, è stato possibile estendere la protezione della popolazione rafforzando l'attività di contact tracing, grazie alla contestuale introduzione, accanto ai test molecolari e non in loro sostituzione, dei test antigenici rapidi - rimarca Masullo - che sono stati utilizzati nel rigoroso rispetto delle indicazioni di utilizzo internazionali e nazionali. Una scelta basata su precise indicazioni non certo regionali, ma dell'Istituto Superiore di Sanità, del Ministero della Salute e adottata anche a tutti i livelli delle principali istituzioni internazionali, a partire dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Tamponi utilizzati da tutto il mondo, autorizzati dall'Aifa a seguito anche di trial scientifici pubblicati dal Lancet1". Secondo i vertici sanitari del Veneto "l'unica decisione adottata in piena autonomia avvenne il 21 febbraio 2020, quando il Presidente Regionale in totale autonomia, contro i pareri del mondo scientifico, decise di effettuare i tamponi all'intera cittadinanza di Vo' Euganeo, decretando l'istituzione della zona rossa". Nel documento, che rappresenta una risposta alle critiche mosse dal professor Andrea Crisanti, attuale senatore del Pd, si puntualizza che il "voler far passare il concetto che i test antigenici hanno addirittura favorito la mortalità e che non siano stati utili nel completamento degli screening appare davvero un vilipendio alla professionalità dei tanti autorevoli esperti che hanno impegnato tutte le loro energie e le loro conoscenze per assicurare le miglior tutela possibile alla popolazione del Veneto". "E lo stesso senatore - che ricordiamo essere a tutt'oggi membro del Comitato Scientifico Regionale istituito con funzioni di indirizzo per i provvedimenti di sanità pubblica riguardanti il Covid, del quale il citato dottor Roberto Rigoli non è mai stato membro - potrebbe trovare molte risposte - si replica nella nota - nella letteratura scientifica che ha studiato lungamente quanto fatto in Veneto". "Risulta utile in questo senso citare, a ulteriore conferma dell'efficacia della strategia regionale, che in marzo 2022 è stato pubblicato, sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Lancet, uno studio che ha analizzato l'eccesso di mortalità durante l'intero periodo della pandemia da Covid-19 nei diversi paesi del mondo, dal titolo "Covid-19 Excess Mortality Collaborators. Estimating excess mortality due" to the COVID-19 pandemic: a systematic analysis of Covid-19-related mortality, 2020-212. Tra le altre cose, infatti, lo studio, per il contesto italiano - viene rilevato - riporta il dato di ogni singola Regione/Provincia Autonoma. Per l'Italia è stato calcolato un eccesso di mortalità pari a 227,4 (212,0 - 242,5) ogni 100mila abitanti mentre per il Veneto pari a 177.5 (164.0 - 190.7), tra i valori più bassi tra tutte le Regioni. Questo dato, congiuntamente con il rapporto tra eccesso di mortalità per tutte le cause e i decessi attribuiti a Covid-19, "evidenzia chiaramente - è la replica della Sanità del Veneto - come la capacità di testing ha consentito di individuare ed identificare un numero elevato di casi contribuendo a contrastare la diffusione e limitare il contagio e conseguentemente anche i decessi che - come anticipato - sono tra i più bassi tra tutte le regioni italiane". La sanità del Veneto ha sempre notificato all'organo giudiziario i principali studi e letteratura sulla pandemia. Non manca poi un ulteriore risposta alle accuse di Crisanti. "Andrebbe ricordato al Senatore che nella pubblicazione di Nature Communication a firma del team dello stesso Senatore3, giunta a pubblicazione dopo due anni dall'accadimento dei fatti, dopo la revisione attenta degli studiosi inglesi dell'Imperial College è sparito ogni collegamento, riferimento, ipotesi alla maggiore mortalità in Veneto provocata dall'adozione massiva di test antigenici (con supporto dei test molecolari) - viene precisato - rispetto alle versioni in pre print. E a validare le modifiche sono gli scienziati inglesi colleghi dello stesso Crisanti", si aggiunge. "Se il linguaggio politico vede talvolta trascendere nei toni, il nostro mondo, quello della scienza e dei professionisti della sanità non può accettare di essere strumento di contesa. Ne va dalla credibilità di chi continua a lavorare con il camice e vuol far sentire la propria voce contro quello che potrebbe apparire un vilipendio dell'istituzione regionale", terminano i dirigenti della sanità del Veneto.

Il legale di Rigoli: ''Ha fatto il proprio dovere''
"L'accusa non mette assolutamente in dubbio l'utilità e l'attendibilità dei test rapidi antigenici oggetto delle indagini. Test utilizzati ancora oggi a livello internazionale. Allo stesso modo va ricordato che le indagini preliminari hanno evidenziato come il solo interesse del dottor Roberto Rigoli emerso in questa vicenda sia stato quello di perseguire il bene pubblico, in una situazione di grande tensione ed urgenza determinata dall'emergenza sanitaria, e che non sia stata prodotta alcuna falsa documentazione, elemento riconosciuto dalla stessa Procura durante la prima fase dell'udienza preliminare". Lo sostiene in una nota l'avv. Giuseppe Pavan, legale di Rigoli, ex coordinatore delle Microbiologie del Veneto coinvolto nell'inchiesta padovana sui cosiddetti tamponi rapidi anti Covid, sperimentati dal Veneto tra la prima e la seconda ondata del virus. Le precisazioni giungono a poche ore dalla messa in onda stasera, nell'ambito della trasmissione Report di Rai3, di un servizio dedicato alle intercettazioni che chiamerebbero in causa, tra gli altri, lo stesso Rigoli, accusato di falso in atto pubblico per aver mentito sull'efficacia dei test, senza verificarne l'idoneità tecnico scientifica. "Rispetto al fulcro dell'imputazione, ovvero di aver comunicato con una e-mail di avere compiuto un'indagine sulla 'sensibilità' dei test rapidi che erano stati offerti ad Azienda Zero-Regione Veneto, è necessario spiegare - chiarisce il legale - che un'indagine sull'efficacia dei tamponi rapidi antigenci non solo non era stata richiesta, come già risulta negli atti, ma nemmeno era possibile e necessaria, essendo i prodotti marchiati e certificati CE/IVD. Ricordiamo che per tale indagine occorre un tempo minimo di 12 mesi di sperimentazione scientifica". Per il legale, "nella specifica situazione di cui stiamo parlando si dovevano invece riscontrare in maniera documentale le caratteristiche tecniche del prodotto e, visto che sarebbero stati utilizzati da personale esterno alle microbiologie, è stato ritenuto corretto anche testarne la praticità nell'utilizzo. Questo è stato fatto. Al dottor Rigoli è stato infine riconosciuto, da molte persone, anche nel corso delle indagini preliminari, di avere svolto durante la pandemia un importante ruolo di coordinamento di tutte le microbiologie del Veneto, con significativi risultati a vantaggio della tutela della salute pubblica". Il procedimento penale, che coinvolge con Rigoli anche Patrizia Simionato, ex dg di Azienda Zero, si trova ancora nella fase della richiesta di rinvio a giudizio.

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