"Scuole aperte: per le relazioni, per la crescita e per l'apprendimento"
Nostra intervista al pedagogista Daniele Novara che ha inviato al Governo un "Appello per la didattica in presenza". E la petizione già spopola su "Chang.org"
TREVISO - E’ il fondatore del “Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti”, con una sede a Piacenza e l’altra a Milano. Autore di numerose pubblicazioni. Pedagogista autorevole, Daniele Novara ha appena lanciato, insieme ad altri specialisti, un “Manifesto per la didattica in presenza contro la chiusura delle scuole”. Le sottoscrizioni su “change.org” stanno giungendo numerose. E c’era da aspettarselo.
“Ma il Governo non ci ascolta. Del resto nel nostro Paese la pedagogia è sparita dai radar e i pedagogisti sono stati abbattuti dalla contraerea amica. Mica da adesso: la Montessori fu costretta ad andare all’estero quando vigeva il modello Gentile. Al quale si continua peraltro a ispirarsi”.
Perché le scuole vanno tenute aperte, dott. Novara?
Perché la scuola è un presidio di salute: un luogo controllato dal punto di vista epidemiologico, considerando i rigidi protocolli che vengono scrupolosamente osservati.
E poi perché ancora?
Per garantire il benessere psico-fisico di bambini e ragazzi che devono poter vivere una esperienza di socialità, di apprendimento e di crescita. Non bisogna permettere di far saltare tappe di crescita.
Altrimenti?
Mettersi “in pausa” a questa età non è come farlo a cinquant’anni: il rischio grave è di perdere competenze. Non possiamo sacrificare una generazione che dalla chiusura della scuola riceverà solo che un danno.
In altri Stati in effetti le scuole sono rimaste aperte…
Facciamo anche noi italiani la cosa giusta, che poi tornerà a vantaggio dell’intera società. La scuola aperta è un presidio di futuro.
Nel “Manifesto per la didattica in presenza” scrivete anche che la DaD non è vera scuola e non è democratica
La didattica a distanza può essere valida soltanto per un periodo eccezionale di emergenza. E’ successo anche in occasione dei terremoti: si cerca di fare altro quando la scuola è inagibile. Ma se gli alunni non sono in classe, non è scuola.
La corsa pazza del virus non giustifica la sospensione dell’attività didattica in presenza, secondo lei?
A livello di popolazione scolastica non mi sembra così tragica la situazione: sappiamo che i bambini, così come i ragazzi, si possono contagiare ma non sviluppano morbilità.
Agli studenti delle superiori intanto la DaD permette di portare avanti l’anno scolastico
Meglio sarebbe un sistema integrato, in presenza e a distanza. L’importante è non abbandonare gli adolescenti in casa, ricacciandoli magari nel nido materno. Offriamo loro invece gli strumenti per essere autonomi nel percorso di crescita.
Sinceramente reputa proprio impraticabile una sorta di “didattica binaria” (in presenza e a distanza) nella ordinarietà post emergenziale?
Non la vedo impossibile, ma a determinate condizioni: che si formino gli insegnanti, a cominciare dall’utilizzo delle nuove tecnologie. Se invece il tutto si riduce alle insopportabili video lezioni che si fanno adesso, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, meglio lasciar perdere.