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28 novembre 2024

Oderzo Motta

"Sono felice di vivere e di poterlo raccontare"

Dopo il contagio e l'esperienza in terapia intensiva, è tornato al lavoro. Ecco il racconto di Guido Sattin, medico e direttore sanitario dell'ospedale Oras di Motta di Livenza

| Angelo Giordano |

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Guido Sattin

MOTTA DI LIVENZA - Il direttore sanitario dell’ospedale riabilitativo Oras di Motta raccontai la sua esperienza di Medico in prima linea sul fronte del contrasto al Covid-19.

Ma anche di medico passato attraverso l’esperienza Covid-19. Ne ha parlato nel bollettino interno “Oras News” in cui offre una testimonianza umana e professionale.

«Sono felice di poterlo raccontare. Sono felice di vivere» ha scritto in una nota Sattin.

 

Sono arrivato al bordo del precipizio e sono tornato indietro. Sono medico, ora conosco meglio il SARS-CoV-2, questo infido, imprevedibile, contagioso, pericoloso virus


«Al di là della mia professione di medico e del mio ruolo di Direttore Sanitario di ORAS, è questa la prima cosa che mi è venuta in mente. La seconda frase è “grazie!”. Sento di aver superato un percorso pericoloso ed accidentato e di essere stato portato passo dopo passo, dall’appoggio della famiglia, di tanti amici, conoscenti, compagni di lavoro. fino alla guarigione».

«Un plauso alla professionalità e all’umanità di chi mi ha curato: dal mio medico di Medicina Generale, al Medico dell’USCA, al personale sanitario del 118, del Medico del Pronto Soccorso, dell’equipe medica, degli infermieri, degli OSS della Medicina e della Rianimazione e da chi mi ha riaccompagnato a casa con l’idroambulanza e dal personale fino a dentro casa, a Venezia dove abito».

Questo è stato il percorso: «La sera prima ho sentito una spossatezza anomala, poi tosse e febbricola ed il primo tampone è risultato negativo. Dopo due giorni il mio medico di base mi ha telefonato: “Vestiti, ho chiamato il 118 per farti fare una lastra” ed in due ore ero già in Ospedale.

Poi il medico del Pronto Soccorso che mi ha detto “guarda che sei positivo, è meglio che ti ricoveri perché hai già segni di polmonite; solo per precauzione”».

Ed è iniziata la terapia: ossigeno, eparina e cortisone. Nessun farmaco specifico. Questa la terapia di base nel protocollo Covid. Gli altri farmaci sono stati uno dopo l’altro tolti dal protocollo perché non efficaci.

 

La febbricola si trasforma in forti crisi febbrili specialmente notturne; aumentano l’ossigeno, poi mi sottopongono agli “alti flussi” con 50 litri al minuto, ma non basta. Mi spostano in Rianimazione


«I medici sono disarmati e lavorano, di base, solo con ossigeno, eparina e cortisone. Poi la situazione comincia a precipitare, la febbricola si trasforma in forti crisi febbrili specialmente notturne; aumentano l’ossigeno, poi mi sottopongono agli “alti flussi” con 50 litri al minuto, ma non basta. Mi spostano in Rianimazione».

«Mi spogliano, incannulano l’arteria radiale, mi posizionano un CVC nella vena femorale, mi inseriscono il catetere urinario e il sondino naso gastrico e poi il casco. Il famoso casco a pressione positiva e negativa collegato ad un’apparecchiatura che oltre a tutto da un ritmo regolabile alla respirazione ed al flusso: il ritmo mi pare altissimo, non posso bere, non posso mangiare: 30 ore cercando di pensare ad altro».

«Mi portano un tablet, posso comunicare con mia moglie. Un infermiere mi aiuta e riporta quello che io non riesco a dire attraverso il casco. Dopo due giorni vado meglio. Hanno bisogno del letto. Mi riportano in Medicina.

 

Lascio in Rianimazione altre 11 persone tutte intubate; un collega medico muore dopo pochi giorni. Degli altri non so nulla


Lascio in Rianimazione altre 11 persone tutte intubate; un collega medico muore dopo pochi giorni. Degli altri non so nulla. L’emogasanalisi da buoni risultati, sono passati 15 giorni, sono negativo. Torno a casa».

E conclude: «Sono stato un paziente ammalato di COVID-19, sono arrivato al bordo del precipizio e sono tornato indietro. Sono medico, ora conosco meglio il SARS-CoV-2, questo infido, imprevedibile, contagioso, pericoloso virus.

Sono tornato al più presto al lavoro. In realtà un’arma l’abbiamo: la vaccinazione. La vaccinazione per proteggerci e per proteggere gli altri: mi sono prenotato, e tu?».
 

 


| modificato il:

Angelo Giordano

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