I "VIAGGI DELLA SPERANZA"? «SONO SOLO SOGNI»
Perplessità dal primario dell'Istituto Scientifico Medea di Conegliano
| Claudia Borsoi |
CONEGLIANO/SARMEDE - Ha fatto parlare, e sta smuovendo la sensibilità di molte persone, il caso della 19enne di Montaner, Nathian Zanette, che il prossimo 9 novembre partirà per la Thailandia per sottoporsi a un trapianto di cellule staminali. Un "viaggio della speranza", così è stato definito, quello in una clinica di Bangok per cercare di arrestare l'atassia di Friedreich che da dieci anni le ha minato il corpo.
Ma su tale scelta il primario dell'IRCCS Medea La Nostra Famiglia di Conegliano, il dottor Andrea Martinuzzi (in foto), esprime tutte le sue perplessità precisando che il suo istituto non ha mai consigliato a nessuno questi "viaggi della speranza".
«Ci stiamo da tempo battendo per far capire alle famiglie quanto ci sia di fraudolento dietro a questi viaggi, che a volta nascondono dei rischi reali per i pazienti - afferma il dottor Martinuzzi. - Si tratta di proposte di sogni, pratiche che non vengono svolte in paesi all'avanguardia, ma ad esempio in Ucraina, Repubblica Ceca, Cina o, come in questo caso, Thailandia. Luoghi in cui standard qualitativi sanitari non vengono rispettati e interventi che sono sempre a pagamento».
I "viaggi della speranza" non sono un'"inventiva" recente: anche Ambrogio Fogar, scomparso nel 2005, cercò nei suoi ultimi anni di vita di raccogliere dei soldi per sottoporsi a un'iniezione di cellule staminali in Cina, ma non ci riuscì in questa impresa, morendo prima.
«Dietro a queste cure - continua il primario dell'IRCCS Medea di Conegliano - non c'è alcun supporto scientifico. Qualcosa si sta comunque muovendo: negli Stati Uniti per la prima volta verranno effettuate delle iniezioni di cellule staminali fetali a sei pazienti affetti da SLA in fase avanzata, operazione che verrà però effettuata sotto un controllo rigoroso. Ci sono alcune applicazione cliniche con cellule staminali che sono andate a regime, ma non per le patologie neuromuscolari come lo è l'atassia di Friedreich».
Tra i suoi pazienti c'è chi le chiede di questi viaggi? «C'è molta richiesta di informazioni sui progressi che sta facendo la ricerca, ma le richieste di pareri su questi viaggi sono invece più rare».
Ha avuto tra i suoi pazienti qualcuno che ha voluto fare un "viaggio della speranza"? «Sì, c'è stato un paziente che è stato trattato all'estero, ma senza esito. Ribadisco che i viaggi della speranza per queste patologie neuromuscolari non sono la soluzione».