Vittorio Veneto, le recenti amministrative evidenziano l’allontanamento dei cittadini dalla politica. Anche locale
Mirella Balliana è uscita vincitrice dopo uno spoglio che ha coinvolto appena il 40,1% degli elettori, neanche la maggioranza assoluta
VITTORIO VENETO - La democrazia è malata. Uno dei sintomi è la inarrestabile diserzione delle urne. I motivi che accomunano gli assenteisti son diversi. Da chi preferisce andare al mare a chi sostiene che i politici sìan tutti gentaglia come neri sono tutti i gatti in una notte buia in cima al Visentin; da chi pensa di protestare per inefficienze o sgarbi ricevuti a chi non conosce il prezzo della democrazia, a chi pensa così di far implodere il sistema in vista di una palingenesi miracolosa a chi ritiene i politici talmente in gamba che, salga l’uno o l’altro, siamo comunque in una botte di ferro…
Dunque l’assenteismo non veicola un messaggio univoco e, quel che è peggio, non cambia minimamente lo stato delle cose. I partiti infatti sono talmente padroni del sistema che a loro importa nulla se al voto va il 100% od il 10%. Non esiste un quorum minimo (tranne nei referendum) che annulli la consultazione e così si considerano legittimati ad occupare le cariche di governo quale che sia il numero di chi li ha votati. Questa loro convinzione la dimostrano con le solite quattro parole di circostanza sul “dispiacere” per la scarsa partecipazione, senza che a queste lacrime di coccodrillo segua il benché minimo sforzo per invertire la deriva assenteista.
Su cosa si potrebbe fare per invertirla, non basta lo spazio a dire. Restiamo al caso concluso a Vittorio. Mirella Balliana è uscita vincitrice dopo uno spoglio che ha coinvolto appena il 40,1% degli elettori, neanche la maggioranza assoluta già peraltro fallita al primo turno rispetto al quale è evaporato un altro 9% . Di più, in questo ballottaggio Mirella (complimenti e auguri a lei) è sindaca con 5867 voti che sono appena il 22% dell’intero corpo elettorale. Bastino questi dati, storicamente in solida progressione negativa, per dedurre che il doppio turno ha completamente fallito gli obiettivi che si era proposto. Dicevano infatti i politologi che avrebbe favorito la riunificazione tra i partiti affrontatisi singolarmente al primo, il che è falso visto che l’apparentamento in generale viene concesso raramente (come è saltato anche a Vittorio) per non spartir careghe. Anche questo comporta la delusione e la perdita di una fetta di elettorato che neppure può aspirare ad avere un seggio di rappresentanza; e così una parte della cittadinanza vien di netto cestinata; resa muta anche se portasse qualche istanza programmatica valida ma non apprezzata dai due ballottanti che si spartiranno i seggi.
La perdita di chi non può entrare in gioco al secondo turno, lo strapotere delle formazioni che godono di una organizzazione consolidata ed aiuti finanziari, il loro radicamento in tutti i gangli del sistema sono un ostacolo ad un vero ricambio della classe dirigente che, gira e mìsia, nonostante qualche belletto resta sostanzialmente identica. E una democrazia senza vero ricambio invecchia e… non attrae. Un danno d’autorevolezza e rappresentatività, con questo sistema, riceve pure il sindaco eletto che può vantare a suo sostegno una percentuale bassa di consenso rispetto all’intero corpo elettorale e questo ne mina già in partenza la autorevolezza. Dunque? Il doppio turno va abolito che, per inciso, è pure uno spreco inutile di risorse finanziarie con personale di seggio inutilmente pletorico.
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