BUONA DOMENICA Fascisti no pasaran!
Duecentomila a Roma ieri per dire no alla violenza e a nuove forme di fascismo dopo l'assalto della settimana scorsa alla sede della Cgil.
TREVISO - Se c’è da fare “bella” figura la Marca c’è. Non manca neanche di andare in cronaca nazionale. Come ieri, sul “Corriere della sera”: un reportage ha narrato il viaggio tra i nostrani no pass e i no vax. Che poi dovrebbero essere chiamati con il nome proprio: “no pasaran-col-vax”. Perché è una bella sfida capire e spiegare dove finiscono gli uni e cominciano gli altri.
A sentirli parlare c’è da rimanere ogni volta per metà basiti e per l’altra metà sconvolti. Sul Corriere ieri, si diceva: “«Mi dispiace, ma lei morirà presto. Anzi, sta già morendo in questo istante». Adesso me lo segno, con opportuna ricerca nella tasca di qualche oggetto metallico. «Non le servirà a nulla, perché il grafene che le hanno iniettato con il vaccino ha già iniziato a solidificare il suo sangue».
Loris Mazzorato è stato per due volte sindaco di Resana, novemila abitanti in provincia di Treviso. La prima con la Lega, che lo espulse perché tra le altre cose partecipò a una messa in suffragio di Erich Priebke, la seconda con una lista civica. Oggi si dichiara casalingo di professione. Indossa un cartello con la scritta «Speranza criminale assassino», e sotto il cartello una maglietta con la prima pagina del Corriere della Sera che annunciava nel novembre del 1938 l’entrata in vigore delle leggi razziali con esclusione degli studenti e degli insegnanti ebrei dalle scuole governative. «Oggi la storia si ripete, come sempre. Con i vaccini al posto delle camere a gas»”.
Deviazionismo storico: si sovrappongono impropriamente - fino a farli coincidere - fatti, avvenimenti che in comune non hanno nulla. Con condimento di fanatismo e terrapiattismo. E una buona dose di strumentalizzazione elettorale.
Viene da chiedersi, spesse volte, se ce li stiamo sognando certi figuri aggirarsi per le strade e per le piazze. E quando apri gli occhi invece sono qua e sono lá, in carne e ossa. A strepitare non soltanto per la prossima ormai imminente fine del mondo, ma a venire intruppati dai facinorosi che una settimana fa hanno preso d’assalto la Cgil.
In tal caso la Storia val la pena invece di ripassarla per come esattamente è andata qui da noi in Italia, su per giù cento anni fa. Perché gli errori si ripetono.
4 novembre 1920 attacco delle squadre fasciste alla Camera del Lavoro di Bologna. Rievoca “Collettiva”, la testata giornalistica della Cgil: “Dopo l’assalto alla sede del Comune di Bologna nel novembre 1920, si moltiplicheranno i casi di incendio e saccheggio operati dalle squadracce nere contro le Camere del lavoro, le Case del popolo, le cooperative, le leghe; molti dirigenti della sinistra rimarranno vittime della violenza fascista. Nella sola pianura padana, nei primi sei mesi del 1921, gli attacchi operati dalle squadre fasciste sono 726: 59 case del popolo, 119 camere del lavoro, 107 cooperative, 83 leghe contadine, 141 sezioni socialiste, 100 circoli culturali, 28 sindacati operai, 53 circoli ricreativi operai saranno vittima delle violenze fasciste”.
In un crescendo, di pari passo al consolidamento del regime che ha signoreggiato il Paese tra le due Guerre. Questi sono fatti, non mistificazioni. Condannare la violenza, fin dal primo vagito, è doveroso, è necessario. Perché è da camaleonte che si ammanta il fascismo. E nello sfascio ci sguazza.
Buona domenica