BUONA DOMENICA "Nano maledetto te l'avevo detto che non venivi eletto"
Iniziano domani gli scrutini per l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica. La storia delle "presidenziali" in Italia non ha mai lesinato sorprese e colpi di scena: miglior attore protagonista Franco Tiratore
TREVISO - “Venghino signori, venghino”: sta per incominciare (domani alle 15) lo spettacolo del Quirinale. L’elezione del Capo dello Stato numero 13. Che nella Kabbalah si riferisce all’ Uno, a Dio. Dev’essere per questo che Berlusconi si era convinto che fosse giunto il suo momento, che fosse proprio questo. “Ma sì” - hanno per un po’ abbozzato gli alleati - “questo meglio prenderlo al volo…”che tra sette gli anni saranno 92.
Ieri sera il “colpo di scena”, per dirla alla Mike Bongiorno. Oddio, per la verità ampiamente previsto: l’uomo di Arcore ha detto no, a poche ore dal fischio d’inizio. Eppure la partita - c’è da scommetterci - non deluderà le aspettative, neanche stavolta come già accaduto nella storia, recente e non, delle presidenziali in Italia.
Giulio Andreotti, uno che nel 1992 ci aveva fatto non solo un pensierino ma direttamente un pensierone, spiegò un giorno: “Il candidato ufficiale non viene eletto mai, o quasi mai, perché nel voto segreto c’è la reazione dei peones contro le segreterie di partito. L'uomo che viene scelto grazie a intese dei vertici non riesce”. Neanche allora il Divo si smentì: impallinato Arnaldo Forlani, il segretario della Dc, al Colle i grandi elettori, presi dalla disperazione (la mafia aveva appena ucciso, a Capaci, Falcone e la sua scorta), mandarono di corsa il presidente della Camera, Oscar Luigi Scalfaro.
Scrutini logoranti, sfide al fulmicotone, candidati di bandiera e altri a loro insaputa. E poi la scheda bianca, spesse volte la più votata in assoluto. E quelle nulle: al sesto dei ventisei scrutini del 1971 Fanfani - che tentò “solo” tre volte la scalata al Colle più alto - rimediò una scheda con tanto di esegesi: “Te l'avevo detto, nano maledetto, che non venivi eletto”.
Ma poi, a tenere con il fiato sospeso fino all’ultimo voto per raggiungere il quorum, furono sono a saranno loro: i franchi tiratori. Alle elezioni per il Quirinale, in settantacinque anni di storia repubblicana, hanno dato il meglio di sé. Un partito nel partito e trasversale, nello stesso tempo, ai partiti. Un esercito, micidiale. 101 quelli che - ultimi in ordine di tempo - bruciarono Romano Prodi nel 2013. Seguì il “sequestro” per altri due anni del presidente uscente Giorgio Napolitano. Sarà per questo precedente occorso al predecessore che il successore (Mattarella) ha affittato casa e organizzato per tempo il trasloco, invitando tutti a non cercarlo, che in caso si farà vivo lui. I primi scrutini li seguirà però dalla sua casa di Palermo: non si sa mai che, trovandosi in sede, impanicati in un vicolo cieco, i grandi elettori lo chiudano sotto chiave al Quirinale.
Ai franchi tiratori persino alcuni insospettabili fecero ricorso. Nel 1962 Aldo Moro, segretario della Democrazia cristiana, si trovò a dover sbarrare la strada al compagno di partito Giovanni Leone (quello che poi divenne il sesto Capo dello Stato nel 1971). Si rivolse a Carlo Donat-Cattin, capo della corrente dc di Forze nuove, affinché rinvenisse “i mezzi tecnici” idonei all’operazione. Senza mezzi termini la replica dell’interpellato: “I mezzi tecnici sono solo tre: il pugnale, il veleno e i franchi tiratori”. E al palazzo del Quirinale entrò Antonio Segni.
Il divertimento, nella partita per il Colle è assicurato. Bene o male, è da vedere. Ma di pop corn e coca-cola è bene fare la scorta. Buona domenica