26 novembre 2024
Categoria: Altro - Tags: mascara, vibratore
Emanuela Da Ros | commenti |
Contraddizione in termini tra psicologi ed estetisti.
Gli psicologi, forti di studi e monitoraggi realizzati negli istituti universitari di tutto il globo (da Canicattì a Los Angeles, e lasciate stare se a Canicattì non c’è l’università), ci dicono che la vera bellezza viene dall’interno. Che non è questione di cellule, ma di convinzione. Gli psicologi ci ripetono, che si è belli quando ci sentiamo belli. E che se ci vediamo belli noi, pure gli altri ci apprezzano.
Il consiglio degli psicologici non costa niente. Il difficile, semmai, è metterlo in pratica.
Gli esperti di estetica e di cosmetica ci suggeriscono, invece, che la bellezza è come una pianta: va curata e potata e resa più forte e sana con qualche ritocchino quotidiano. Sostengono che la bellezza passa attraverso la cura di corpo, viso, capelli, unghie. E che un po’ di make-up e una traccia di rossetto ci avvicinano di più alle star da red carpet, che – tutti d’accordo, no? – sono le icone della bellezza a cui dovremmo somigliare. Seppur moooolto vagamente. Il consiglio degli estetisti costa abbastanza, metterlo in pratica richiede un po’ di tempo, e ha una caratteristica indiscussa: non sempre funziona.
Nel dubbio (se sia meglio seguire le indicazioni degli psicologi o correre a comperare l’ultimo mascara superrimpolpanteallungante con vibratore incorporato), noi donne in genere facciamo entrambe le cose.
Ci mettiamo davanti allo specchio appena alzate (capello scarmigliato, che se avessimo passato la notte dormendo su un giaciglio di fieno almeno potremmo supporre che quella cosa gialla che ci spunta dietro le orecchie sia una spiga di frumento non una ciocca delle nostre; occhi da pesce palla; carnagione da limone, spremuto) e ci ripetiamo che sì tutto sommato siamo fighe anche appena alzate.
Poi succede che beviamo il caffè (di corsa, perché abbiamo quelle centomila cose da fare proprio quel giorno), ci scottiamo le labbra, ci sbrodoliamo e – soprattutto – apriamo gli occhi. Ci guardiamo di nuovo allo specchio e pensiamo che se la nostra bellezza viene da dentro ne ha ancora parecchia di strada da fare. Ci facciamo pure una linguaccia e la lingualunga marrone (è ancora sporca di caffé) ci mette definitivamente di malumore.
Ma la giornata deve ancora cominciare. Il red carpet (leggi: i marciapiedi e le strade e i corridoi che percorreremo) deve ancora essere srotolato, per noi. Apriamo la nostra trousse e ci mettiamo all’opera. Ci spalmiamo di siero idratante nutriente antiage dalla fronte al collo e viceversa. Ci mettiamo tanta di quella crema che sembriamo una fetta biscottata. Poi ci passiamo la marmellata: volevo dire il fondotinta, il fard e la “terra”. Ci vediamo sempre troppo pallide, la mattina, per cui esageriamo col colore. Cerchiamo di togliere un po’ di gonfiore agli occhi con quello che nonpernulla si chiama copri-occhiaie; sottolineamo il nostro sguardo temporaneamente assente con una linea di matita nera o verde o blu. A questo punto tremoliamo: la linea finisce per zigzagare sulla palpebra e i nostri occhi diventano la metafora di quello che pensiamo di noi stesse: Oddio che sgorbio!
Il mascara con cui addobbiamo le nostra ciglia dovrebbe aiutarci, ma andrebbe steso moooolto lentamente, così e così e così, come ci ha fatto vedere l’esperta di maquillage che ce l’ha venduto al modico prezzo di 40 euro. Il fatto è che non abbiamo tempo di ricordare ogni dettaglio. Ci spennelliamo in tre secondi e usciamo. Il rossetto ce lo mettiamo mentre siamo in auto (lo specchietto retrovisore serve per quello, no?). I capelli (oh, mamma! non ci siamo pettinate) ce li sistemiamo nel bagno dell’ufficio (per fortuna in borsa c’è sempre un mollettone che funge da pettine). L’ultima occhiata allo specchio prima di affrontare la giornata, il pubblico, il mondo è distratta. Nemmeno ci siamo accorti che un baffo di mascara è finito sopra il labbro destro, proprio dove il rossetto è sbavato (colpa della curva che ieri mica era così a gomito). E quando la collega ci fa notare che abbiamo un segno sul viso e cerca di cancellarcelo con l’indice, noi arretriamo nervose: - Faccio da me!, sbottiamo. Perché ci dà fastidio che qualcuno metta le mani su quel capolavoro di viso che abbiamo e che, da bravissime artiste, ci siamo cucite addosso.
Per un paio d’ore, baffo o non baffo, saremmo convinte di essere proprio a posto. Peccato che dopo un po’ ci scappi la pipì. Che c’entra? C’entra eccome: nel bagno delle donne, di fronte al water, c’è sempre uno specchio. E quello è impietoso e perfido per antonomasia. Fa crollare ogni esile certezza e soprattutto ti mostra che il baffo (di mascara o caffé) è diventato una barba. Lunga così.
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