Cosa sta succedendo alla casa di riposo Umberto I di Montebelluna?
Se lo stanno chiedendo in molti in città, dopo l’annuncio dello stato di agitazione dei dipendenti
MONTEBELLUNA – I “nonnini” di Montebelluna ospiti della casa di riposo Umberto I hanno motivo di dormire sonni tranquilli? Le loro famiglie possono stare serene sul servizio garantito ai loro cari a fronte di una situazione che pare si trascini da tempo e che di recente è sfociata nello stato di agitazione dei dipendenti e dichiarato dai sindacati unitari Cgil, Cisl e Uil? Gli interrogativi se li pongono in molti in città, anche perché la percezione che il luogo principe dove nella terza età si può trovare accoglienza a Montebelluna oltre alle incognite sul trattamento al personale, palesemente insoddisfatto, racchiude anche interrogativi su altri fronti come, ad esempio, i tempi di ultimazione della nuova e moderna ala, attesa oramai da tempo.
Il gruppo Democratici per Montebelluna ha divulgato una nota per esprimere tutta la sua preoccupazione: «A seguito della dichiarazione dello stato di agitazione del personale dell’Umberto I da parte di Cisl, Cgil e Uil esprimiamo preoccupazione per la situazione che vive la struttura e chiediamo all’amministrazione, che da tempo era informata dei fatti, di fare chiarezza ed intervenire per favorire il ripristino di un clima sereno. In data 10 luglio i sindacati avevano inviato una comunicazione all’amministrazione evidenziando alcune criticità presenti nella struttura e chiedendo un incontro urgente. La comunicazione era indirizzata anche ai componenti del consiglio comunale e faceva seguito a una precedente richiesta di incontro caduta nel vuoto. Il documento è stato inviato ai consiglieri solo in data 1° agosto dopo una sollecitazione pervenuta da alcuni consiglieri di minoranza che avevano saputo dell’esistenza di questa comunicazione».
I consiglieri d’opposizione, quindi, concludono: «Sappiamo che in questi anni più di qualche dipendente storico ha abbandonato la struttura mentre qualche mese fa, dopo una nostra segnalazione, una persona è stata sospesa per comportamenti inopportuni durante un evento svolto all’interno della casa di riposo. Un’amministrazione, indipendentemente dalle proprie competenze formali, deve occuparsi di queste situazioni quando sussistono, ed è tenuta a rendere conto all’intero consiglio comunale. Inoltre, è fondamentale mantenere un dialogo con i rappresentanti dei lavoratori. Auspichiamo che si giunga ad una riconciliazione per il bene dei lavoratori e degli ospiti».
Ma se dai banchi delle minoranze vengono poste le domande che si stanno facendo anche i cittadini di Montebelluna, è opportuno capire la posizione dei lavoratori. Ecco cosa spiegano i sindacati su quanto sta accadendo: «Le Federazioni sindacali territoriali della Funzione Pubblica di CGIL, CISL e UIL hanno dichiarato, con lettera al Prefetto, lo stato di agitazione del personale dipendente della casa di riposo Umberto I di Montebelluna. Le motivazioni sono da ricondurre alle disposizioni relative all’orario di lavoro dei dipendenti adottate unilateralmente dalla direzione della struttura e determinanti pesanti ripercussioni sull’organizzazione dei servizi che potrebbe comportare pregiudizio della continuità assistenziale, ma anche a un generale clima di tensione e malessere di infermieri, Oss e personale tecnico-amministrativo. Sanzioni disciplinari utilizzate in maniera vessatoria e spropositata e modifica unilaterale dell’orario alla base della mobilitazione del personale, una cinquantina di dipendenti in tutto».
Inizia così, in maniera allarmante una nota dei sindacato unitario, che non nasconde il timore che possa venirsi a creare un “pregiudizio della continuità assistenziale”: circostanza davvero inquietante per chi ha i propri anziani ospiti della struttura! Ma le considerazioni proseguono: «Una situazione definita “surreale” quella relativa alle nuove disposizioni imposte dalla direzione senza minimamente ascoltare le giuste richieste delle rappresentanze sindacali e relative all’orario di lavoro: un limite massimo di 10 minuti come tempo necessario per la vestizione e la svestizione, ovvero per mettere e togliere gli indumenti da lavoro». Fabio Zuglian della Cisl Fp Belluno Treviso, Marta Casarin della Cgil Fp Treviso e Roberto Meneghello della Uil Fpl Belluno Treviso al riguardo precisano che: «Peccato che il CCNL preveda un tempo massimo di 15 minuti basato anche sulla distanza tra gli spogliatoi e l’unità operativa dove si presta lavoro».
«Inoltre, le disposizioni orarie non tengono conto del tempo necessario per il passaggio delle consegne, con il risultato che a fine turno gli operatori si devono fermare per 10/15 minuti oltre l’orario di lavoro. Stabilita sempre unilateralmente una pausa di 10 minuti per “compensare” - e non pagare - i 10 minuti concessi per la vestizione, pausa che non sempre è fruibile data la natura dell’attività dei dipendenti che operano in una struttura dove dev’essere garantita la continuità assistenziale. Di notte poi la pausa obbligatoria rischia persino di configurarsi come interruzione di servizio di pubblica necessità. Il risultato - spiegano i sindacalisti - è che non solo i dipendenti lavorano mediamente ogni giorno tra i 15 e i 20 minuti in più senza che sia previsto alcun recupero orario o monetario, ma vengono anche pesantemente sanzionati con provvedimenti disciplinari perché - responsabilmente - non effettuano la pausa con tanto di stimbro del cartellino, perché, soprattutto di notte, significherebbe lasciare soli gli anziani ospiti. In sostanza, la fruizione della pausa non sembra compatibile con l’organizzazione del servizio».
Ma nella altre case di riposo della provincia di Treviso cosa succede? Ecco cosa spiegano i sindacati: «L’Ipab Umberto I è l’unica struttura della provincia ad aver adottato una disposizione che regola in questo modo l’orario di lavoro, compensando i tempi di vestizione con una pausa obbligatoria in modo da non prolungare l’orario di lavoro e quindi aumentare lo stipendio o le ore di permesso. Va anche detto - proseguono Zuglian, Casarin e Meneghello - che spesso vengono modificati gli orari già comunicati ai dipendenti senza alcun avvertimento né richiesta di disponibilità agli operatori con evidenti disagi». Una situazione che però non è frutto di tempi recenti ma che si trascina oramai da un bel po’ come testimoniano le rappresentanze dei lavoratori che ci tengono a precisare che di quanto sta accadendo anche la Giunta Bordin è stata adeguatamente informata da mesi.
«Le organizzazioni sindacali la scorsa estate si erano già rivolte al sindaco di Montebelluna e al Consiglio comunale segnalando la “degenerazione” della situazione dell’Ipab, chiedendo un “fattivo intervento allo scopo di ripristinare un clima organizzativo propedeutico al benessere dei dipendenti e degli ospiti”. Ora attendono la convocazione da parte del Prefetto per il tentativo di conciliazione con la direzione. In un contesto di grande difficoltà delle strutture sanitarie e delle case di riposo, con la grave carenza di personale che si ravvisa ovunque - concludono i sindacalisti - l’atteggiamento della direzione dell’Umberto I è totalmente incomprensibile e inaccettabile. Non a caso, stiamo assistendo alla fuga da parte degli operatori con maggiore esperienza, che da anni regalano quotidianamente all’ente minuti di lavoro aggiuntivo senza mai aver chiesto nulla in cambio, ma ricevendo in risposta sanzioni disciplinari penalizzanti e degradanti». Ora non resta che aspettare che tutte le istituzioni si attivino perché se le istanze dei lavoratori sono legittime lo sono altrettanto le esigenze degli anziani di Montebelluna. Bisognerà pur fare qualcosa per risanare un clima che rischia di far perdere alla storica struttura cittadini del personale preparato e prezioso, in un momento in cui simili figure professionali sono ricercate come l’oro. Viceversa, anche se si finirà la nuova ala della struttura, senza personale, potrebbe diventare una cattedrale nel deserto.
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