ITALIANI SPRECONI: GETTANO NELLA SPAZZATURA 300 KG DI CIBO ALL’ANNO
Lo segnala una ricerca Adico e lo conferma il Censis. Per fortuna supermercati e produttori prima che il prodotto scada lo dona alla Caritas
| Laura Tuveri |
TREVISO - Pensate che circa il 30 per cento del cibo acquistato dagli italiani finisce nella spazzatura. Sono dati inquietanti, pensando a quante sono le persone, i bambini soprattutto, che hanno avuto la sfortuna di nascere nei cosiddetti paesi sottosviluppati e che giornalmente muoiono per carenza nutrizionale.
Li ha comunicati l’ Adico, l’associazione dei consumatori,con sede nazionale a Mestre. La crisi a quanto pare non avrebbe modificato, o lo ha fatto di poco, le modalità di acquisto del consumatore italiano che in fatto di cibo ha sempre il timore di restare a bocca asciutta. Quando si entra in un supermercato prende un po’ a tutti la smania di buttar dentro nel carrello anche cose che non servono, spesso inconsciamente indotti a farlo perché a regola d’arte posizionate in maniera strategica tanto da suscitare l’interesse all’acquisto, o magari per non farsi scappare l’immancabile, il classico “3 x 2”, promozione spesso fatta apposta per cercare di smerciare quanto prima cibi prossimi alla scadenza.
Così ci si ritrova, una volta a casa, con borse piene di cibo di cui avremmo anche potuto fare a meno e che, appunto, spesso, come evidenzia la ricerca, non finisce nel nostro stomaco, bensì, purtroppo, nella spazzatura. Si acquista, dunque, più del necessario e, spesso, non si ha, spesso, l’accortezza di aggiustare la cambusa in modo da avere i prodotti che scadono prima a portata di mano, mentre per la fretta di passare ad altre incombenze si mettono davanti quelli appena acquistati.
Che fare per ovviare a questi inutili sprechi? Il classico consiglio è quello di andare al supermercato muniti di una lista della spesa preventivamente compilata o che va ad incrementarsi di volta in volta, a mano a mano che ci accorgiamo che manca qualcosa, di fare attenzione alle promozioni essendo consapevoli che si sta, spesso, acquistando cibo prossimo alla scadenza. Il suggerimento è, pertanto, quello di programmare il menù settimanale in maniera oculato.
Altro consiglio è quello di controllare spesso la scadenza, sistemando adeguatamente i prodotti in frigo e nella dispensa e poi, se proprio non ci si accorge che la mozzarella o altri prodotti caseari scadono l’indomani posticipare il pranzo a base di pesce che tanto si sognava per consumarli subito in abbinamento ad un’ insalata, a del mais e tonno, oppure preparare un’appetitosa pasta al forno, come ci consiglia Antonio Palazzi, patron del hotel ristorante Terme di Vittorio Veneto.
Il noto ristoratore in primo luogo ammonisce massaie e single a non comprare più del necessario, come spesso accade, e a programmare con oculatezza la spesa, proprio come fanno i ristoranti dove nulla finisce nella spazzatura perché il prodotto è in scadenza, eccetto gli avanzi dei piatti dei commensali.
“Si compre troppo, si spreca troppo, questo è il vero problema – afferma Palazzi. Se per caso a noi capita che il rappresentante ci vende più di quanto richiesto, di solito accade in mia assenza che lo chef si faccia convincere, ma si contano selle dita di una mano questo genere di episodi, io rispedisco al mittente il cibo in eccedenza, proprio per evitare sprechi inutili”.
Sono soprattutto gli avanzi come frutta, verdura, pane, pasta, latticini e affettati che finiscono di solito nella spazzatura. Dalla ricerca si evince che dal passaggio da campo alla tavola si stima che nel nostro Paese, proprio a causa degli sprechi viene gettato cibo che sarebbe in grado di nutrire ben 44 milioni di persone (l’intera popolazione della Spagna) per un valore che ammonta a circa 37 miliardi di euro, ben il 3 per cento del Pil, Prodotto interno lordo, secondo una indagine di “Last Minute Market” dell’Università di Bologna.
Secondo dati Censis, ogni anno finiscono nella spazzatura degli italiani 300 chili di cibo a testa. “E’ opportuno ricordare – sottolinea il presidente dell’Aico, Carlo Garofolini, che la scadenza è di due tipi. Una, "da consumarsi entro", è perentoria ed è propria del cibo fresco altamente deperibile. L'altra, "consumare preferibilmente entro", indica il termine minimo di conservazione entro cui il prodotto non diventa dannoso per la salute, ma perde alcune proprietà nutrizionali.
Ad esempio, uno yogurt scaduto da dieci giorni si può ancora mangiare, ma ha perso molti dei suoi fermenti lattici ed è meno nutriente. Viceversa se la carne dopo tre giorni diventa di color marroncino, significa che è in decomposizione ed è pericolosa consumarla. Il cibo sprecato ogni anno nel nostro paese potrebbe sfamare quasi un'altra Italia. Si tratta di cibo scaduto, in eccedenza, acquistato e conservato male.
Basti pensare che – secondo un’indagine dell’associazione dei consumatori – solo il 29% del cibo viene gettato per superamento della data di scadenza, mentre il 71% per altre ragioni che non hanno nulla a che vedere con l’etichetta. Il 22% del cibo viene buttato solamente perché è brutto da vedere, il 14% per ammaccature, l’11% perché conservato male. La rimanete parte si tratta di formaggi con la muffa 10%, frutta che marcisce 7%, perché ci si stanca di mangiarlo una seconda o terza volta 5%, altro 2%.
Per fortuna qualcosa si sta smuovendo in questo senso e se il consumatore continua a sbagliare contro il proprio interesse, diversi supermercati, nella fattispecie trevigiani, ma sta accadendo in tutt’Italia, devolvono i cibi in scadenza al Ceis che li dirotta alla Caritas Tarvisina e quindi alle persone, sempre più anche italiane, che con maggiore frequenza, da due anni a questa parte, bussano alle porte del centro diocesano perché non ce la fanno a tirare avanti, avendo perso il lavoro oppure essendo in cassa integrazione. L’operazione, partita diversi anni fa, è stata denominata “Progetto quarta settimana”.
Ma anche agricoltori e caseifici della zona hanno questa sensibilità. I primi consegnano le eccedenze, i secondi forme di formaggio che presentano qualche difetto estetico tale da non poter essere venduto. Piuttosto che gettare in spazzatura si rivolgono alla Casitas e quindi ai più bisognosi. Per fortuna capitano spesso atti di generosità del genere, ci conferma il sodalizio religioso. Gesti davvero apprezzabili che anche qualche privato potrebbe imitare. Da parte sua Coldiretti ci invita ad usare un po’ di fantasia in cucina.
Secondo la principale associazione italiana di coltivatori, poi, non è si tratterebbe solo di un modo per risparmiare senza rinunciare ad ingredienti naturali e di qualità, ma anche la dimostrazione di un impegno concreto alla riduzione dello spreco delle risorse agro-alimentari. I piatti antispreco – precisa la Coldiretti – sono tanti, basta solo un po’ di estro e si possono preparare delle ottime polpette recuperando della carne macinata avanzata semplicemente aggiungendo uova, pane duro e formaggio oppure la frittata di pasta per riutilizzare gli spaghetti del giorno prima e ancora la pizza rustica per consumare le verdure avanzate avvolgendole in una croccante sfoglia.
Se avanza del pane, invece, si può optare per la più classica panzanella aggiungendo semplici ingredienti sempre presenti in ogni casa come pomodoro olio e sale per arrivare alla più tradizionale ribollita che utilizza cibi poveri come fagioli, cavoli, carote, zucchine, pomodori e bietole già cotte da unire al pane raffermo. Ma anche la frutta può essere facilmente recuperata se caramellata, cotta per diventare marmellata o semplicemente in macedonia.
Polpette, frittate, pizze farcite, ratatouille e macedonia non sono però un’ottima soluzione per non gettare nella spazzatura gli avanzi ma aiutano anche a non far sparire tradizioni culinarie del passato secondo una usanza molto diffusa che ha dato origine a piatti diventati simbolo della cultura enogastronomica del territorio come – conclude Coldiretti – la ribollita toscana, i canederli trentini, la pinza veneta o al sud la frittata di pasta.
Oltre a questo aspetto, aggiunge Carlo Garofolini, presidente dell’Adico, “sarebbe un concreto aiuto anche per l’ambiente visto che vi sarebbe anche con una minore produzione di rifiuti il cui smaltimento rappresenta oggi uno dei principali problemi delle economie sviluppate”. Secondo dati Censis, ogni anno finiscono nella spazzatura degli italiani 300 chili di cibo a testa. Alimenti magari scelti con cura che marciscono in frigo e si trasformano in sprechi. “E’ opportuno ricordare – sottolinea Garofolini - che la scadenza è di due tipi. Una, "da consumarsi entro", è perentoria ed è propria del cibo fresco altamente deperibile.
L'altra, "consumare preferibilmente entro", indica il termine minimo di conservazione entro cui il prodotto non diventa dannoso per la salute, ma perde alcune proprietà nutrizionali. Ad esempio, uno yogurt scaduto da dieci giorni si può ancora mangiare, ma ha perso molti dei suoi fermenti lattici ed è meno nutriente. Viceversa se la carne dopo tre giorni diventa marroncina, significa che è in decomposizione ed è pericolosa. Il cibo sprecato ogni anno nel nostro paese potrebbe sfamare quasi un'altra Italia. Si tratta di cibo scaduto, in eccedenza, acquistato e conservato male.