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23 novembre 2024

Montebelluna

Torna in libreria “Il convittore” di Franco Zizola

A poco più di un anno dalla scomparsa dello scrittore, il ricordo dell’amico Sante Rossetto

| Ingrid Feltrin Jefwa |

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| Ingrid Feltrin Jefwa |

Franco Zizola

MONTEBELLUNA - Poco più di un anno fa, il 4 luglio, veniva a mancare Franco Zizola. Aveva 76 anni e viveva a Montebelluna dove aveva trascorso la sua vita professionale come docente di italiano e latino al liceo della cittadina montelliana.

Con Franco ci eravamo conosciuti nel 1968, entrambi docenti giovanissimi alla scuola media di Valdobbiadene. Fu amicizia immediata; abbiamo lavorato insieme un anno, poi ci siamo divisi con strade differenti, ma mai dimenticati. Coetanei abbiamo vissuto le stesse difficoltà epocali del passaggio dalla civiltà contadina (che significa un’epoca secolare che aveva impastato la cultura se non anche la nazione veneta) al Sessantotto e alle sue conseguenze. Quando Franco pubblicava un libro me ne inviava subito una copia. Sono libri che hanno segnato la vita spirituale e culturale sua ma anche dei suoi coetanei. Ora la moglie, Silvana, docente anche lei ma di matematica, che si considera ed è la custode dell’eredità culturale del marito, ha ritrovato le diverse stesure di questo primo lavoro. Si tratta de “Il convittore” che aveva visto la luce nel 1968 per Bino Rebellato editore.

Oggi questa edizione è introvabile. E per onorare la memoria dello scrittore montebellunese il romanzo è tornato sotto i torchi. Il titolo ha subito una leggera variazione (Il convittore. Una storia d’amore) e l’editore è Lunargento che ha dato alle stampe gli ultimi tre lavori di Zizola. Non si tratta di una ristampa, ma di una nuova edizione perché Silvana, che di cognome fa Leggerini, ha integrato il libro con le note reperite nelle prime stesure e rifiutate dall’autore; inoltre ogni capitolo è arricchito da alcune liriche inedite.

“Il convittore” racconta gli anni trascorsi come studente in collegio, prima a Teramo, poi ad Assisi dove ha completato le superiori. Complessivamente da tredici anni fino alla maturità scolastica. Periodo determinante per qualsiasi persona, quando si affaccia alla vita, si forma il carattere che lo seguirà durante tutta l’esistenza. Il convittore è uno che cresce senza la indispensabile presenza della mamma. E questa assenza diventa una quotidiana sofferenza. Franco si rivela presto un ragazzo ribelle. Odia le divise che deve indossare come appartenente a quella istituzione, le imposizioni inevitabili in una struttura complessa e multiforme, i dettami morali tipici dell’epoca. Siamo ancora negli anni Cinquanta e a segnare il comportamento degli individui era la Chiesa. Difficile per chi odia le imposizioni seguire le rigide e inderogabili disposizioni ecclesiastiche. Soprattutto per quello che riguarda il sesso, che era dai tempi del concilio tridentino il peccato per antonomasia. Ma era peccato anche cercare di capire perchè la verità (o Verità) è una sola. E c’è sempre chi vuole affibbiarti la sua di verità soprattutto se è quella religiosa.

E, tuttavia, la giovinezza di Franco è una continua ricerca di Dio tramite la preghiera. È questo uno dei leit motiv del libro. Perchè Dio, soprattutto per chi ha radici presessantottesche, non si cancella con un tratto di penna. Specialmente per un convittore che ha bisogno di affetto. E trova rifugio nella preghiera che è colloquio con Dio.

Finite le medie a Teramo si aprono le porte del liceo Properzio (dedicato al celebre poeta latino che era di Assisi) in terra umbra. Qui si innestano nuovi sentimenti, il bambino è adolescente e scopre quel sentimento inevitabile che si chiama, pur con infinite sfumature, amore. Sono anche gli anni della crisi religiosa. Non soltanto per Franco, ma un po’ per tutti. Lui rifiuta anche la speranza offerta ai malati che si recano a Lourdes perché vede in questa manifestazione una speculazione sul dolore. Così si allontana dalla messa domenicale. Tuttavia il vangelo è un libro che lo commuove. È il periodo in cui gli adolescenti sono alla ricerca di un equilibrio. “Il mio grande sogno – scrive – era trovare la pace, ma in questa terra senza chiamare il cielo”. E, in un altro passo, confessa che “non è mai esistito un vero problema di fede in me. Se credi all’amore credi per forza in Dio”.

Studia a volte con profitto, altre volte meno. Perchè anche lui scopre quel sentimento che muove il mondo che dà il sottotitolo al libro. Anna, che nella realtà è la futura moglie Silvana, è una ragazza che frequenta il Properzio. E l’incontro diventa, per entrambi, la chiave di volta dell’esistenza, il filo rosso che segnerà il comportamento di Franco e della futura compagna. Di questo sentimento descrive i battiti, gli entusiasmi, i timori, i primi timidi approcci. Fino alla fine del convitto. Ma la strada era ormai segnata. Anna-Silvana si laureerà in matematica e volerà a Montebelluna per realizzare il sogno della sua vita. Che durerà fino allo scorso anno, ma anche ora. Ho riletto “Il convittore” dopo vari decenni. Vi è dentro Franco Zizola con il suo temperamento scontroso e affettuoso, ribelle ma con un atteggiamento onesto (si accusa di praticare un cristianesimo dei mediocri). Sono tematiche che ricorrono anche nei lavori successivi.

E poi lo stile che è stato una ricerca continua per la sua scrittura. Stringato ma ricco di sfumature sentimentali di chi ama la bellezza del Creato. E forse si chiede se tutta questa bellezza possa essere sorta senza un demiurgo. Il convittore resta incantato dai raggi del sole che ravvivano i prati, le strade, le case. “Il convittore” è un lavoro giovanile che ho riletto con l’entusiasmo e l’attrazione di un romanzo. Anche se intuisci come andrà a concludersi la storia, studentesca e d’amore, la prosa lega il lettore pagina dopo pagina. Un libro che non sente gli effetti negativi del tempo offrendo spunti di riflessione validi ieri come oggi.

di Sante Rossetto

 

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