CONSUMI A PICCO: COMMERCIANTI PRONTI A SCENDERE IN PIAZZA
Pomini: "La politica inizi a dare risposte tagliando davvero".
| Mauro Favaro |
TREVISO – “Il popolo dei commercianti è pronto a scendere in piazza: se la politica continuerà a non darci risposte passeremo alla protesta in un autunno che sarà parecchio caldo”. E' un ultimatum quello che Guido Pomini lancia agli amministratori dopo la presentazione dei disastrosi dati dell'osservatorio sui consumi riguardanti i mesi di aprile, maggio e giugno.
“Abbiamo l'ultima occasione utile prima che in autunno ci siano migliaia di chiusure”, aggiunge il presidente di Ascom. E' così fosco il quadro dell'osservatorio? Pare proprio di sì. Il 63% degli imprenditori denunciano di aver visto calare in consumi rispetto al medesimo periodo dell'anno scorso. Di pari passo va il fatturato. “Un tonfo inequivocabile”, scandisce Vittorio Filippi, il sociologo collaboratore di Ascom.
La crisi, insomma, non è certamente alle spalle. E da qui alla decisione di abbassare i prezzi il passo è breve. E infatti il 27% l'ha fatto. “Divorandosi i margini di profitto pur di restare vivi – aggiunge Filippi – questo magari fa gioire i consumatori, ma ha preoccupanti conseguenze recessive”. Tanto che il 27% degli imprenditori punta a usare ammortizzatori sociali e solo la metà crede che non ci saranno licenziamenti.
Può andar peggio? Sì. Perché i clienti oggi non stanno meglio dei negozianti. Quasi il 50% di quelli intercettati dall'osservatorio a Treviso e Montebelluna hanno stretto la borsa. Di più. Il 60% dice di non riuscire a risparmiare nulla e, anzi, uno su due ha dovuto rompere il salvadanaio e iniziare a intaccare i risparmi messi da parte. La decrescita è evidente nel mondo delle auto, con le immatricolazioni scese solo a giugno del 25%. “Non solo non si compra più – rivela il sociologo – ma si è arrivati a dismettere le macchine non indispensabili”.
In questo mare magnum di segni meno regge solo la grande distribuzione. Mentre i piccoli negozi restano più che mai in trincea. “Bisogna intervenire adesso: non ha senso continuare a rimandare la ristrutturazione dello Stato, che si tratta di tagliare Province o di accorpare Comuni, vanno tagliati i costi della politica e va condiviso un piano di sviluppo che non guardi alle speculazioni – avverte Pomini – bisognerebbe fare agli amministratori contratti di solidarietà, come fanno le aziende quando le cose non vanno bene, perché guardando il balletto della politica anche uno tranquillo come me alla fine si incazza”.
La musica non cambia se si parla di case. “Malgrado una diminuzione dei prezzi delle case che arriva anche al 25% rispetto a due anni fa – rivela Celso Bortolotto, segretario Feneal-Uil – delle abitazioni costruite negli ultimi 4 anni più di una su quattro è invenduta”. “L'economia della provincia è in coma e, senza un'inversione di tendenza, rischia di diventare irreversibile – aggiunge – i dati di Confcommercio non fanno che confermare l'estrema gravità della situazione socio-economica del trevigiano: un tessuto produttivo vivace spazzato via prima dalla crisi e poi da politiche economiche e finanziarie che drenano risorse e linfa vitale dalle famiglie verso le rendite della finanza. Questa austerity uccide l'economia reale”.
Come uscirne? La Cgil ha un'idea. “Bisogna dar vita a un piano provinciale del lavoro, al massimo entro settembre – scandiscono Paolino Barbiero e Giacomo Vendrame – perché senza un intervento straordinario il sistema economico e la coesione sociale del trevigiano finiranno in macerie”. Ma per il sindacato anche i commercianti hanno dei compiti da fare a casa. “Facciano una riflessione: abbiamo un eccesso di offerta a fronte di una contrazione della domanda – chiudono – il numero di attività in città e la struttura dei prezzi, non variata al variare delle condizioni di domanda, producono una crisi che finirà per fare una selezione darwiniana e spietata delle imprese, con conseguenze devastanti sull'occupazione”.