«LA SCUOLA NON SA AFFRONTARE L’AUTISMO»
Parla il presidente dell’associazione Farcela: manca una formazione adeguata
Castelfranco - L’autismo è una patologia di cui in sostanza si sa ancora poco e la scuola spesso non sa esattamente come affrontarlo. Questo almeno secondo Luciano Morello, presidente dell’Associazione Farcela, che dal 2000 raggruppa decine di famiglie di ragazzi della zona con problemi questo tipo. “Mi asterrei dall’entrare nel merito del caso particolare, essendoci di mezzo delle denunce”, afferma Morello.
Che quindi parla del problema in generale e delle criticità che spesso si incontrano quando un ragazzo affetto da questo tipo di disturbi si confronta col mondo della scuola. “Innanzitutto c’è da dire che mediamente le scuole non conoscono il problema dell’autismo, che si può presentare anche in maniera particolarmente difficile da trattare – afferma Morello -. Non rendersi conto di che tipo di problema sia l’autismo può facilitare il verificarsi di situazioni problematiche e possono succedere anche queste cose. D'altronde il fatto di avere una scarsa percezione di che cosa significhi veramente autismo è un qualcosa di generalizzato. A volte si ha un’idea sbagliata collegata a fatti di cui si è sentito solamente parlare”.
“Un ragazzo autistico a scuola – aggiunge - può scatenare reazioni che creano problemi all’interno di una classe se non viene seguito correttamente. Molte scuole non colgono questa cosa. Pesa molto il fatto che vengano cambiati spesso gli insegnanti di sostegno di questi ragazzi. Mi risulta che anche in questo caso il ragazzo avesse cambiato da poco l’insegnante di sostegno e che quello che c’era prima fosse di ruolo. Se un insegnante va via, occorre che chi subentra effettui un percorso formativo che lo porti a conoscere esattamente quali siano le problematiche specifiche del ragazzo che dovrà seguire. Questo è un discorso che vale per tutti i casi di autismo. Purtroppo succede che spesso vengono abbandonati e poi c’è un turnover di insegnanti che non finisce più”.
Morello chiama in causa anche l’Usl. “C’è un problema di rigidità dell’Usl – afferma -. Se la scuola pensa di poter non fare riferimento all’Usl e se l’Usl ritiene che non sia il caso di andare ad approfondire tematiche di questo tipo, è chiaro che cose di questo tipo continueranno a succedere. Da considerare che non si sa ancora spiegare scientificamente perché questi ragazzi siano così. Ci sono casi molto diversi l’uno dall’altro. Il concetto di autismo è generico. C’è troppo poco confronto tra unità sanitaria e scuole. Ci sono solo interventi a pioggia”.
Cosa bisognerebbe fare? “Vanno creati dei progetti di vita per il ragazzo. Progetti che per essere realizzati devono contare sulla stretta collaborazione di scuola, famiglie, Usl ed associazioni delle famiglie. Qualcosa c’è in tal senso, ma bisognerebbe fare di più. I casi non devono rimanere isolati. Ogni caso deve servire al confronto. La nostra associazione era nata proprio per questo, oltre che per accorpare genitori che facevano parte di associazioni per disabili generiche, all’interno delle quali non si capivano esattamente le difficoltà che possono avere i ragazzi autistici”.
Conclude: “Vorrei esprimere la mia solidarietà alla famiglia del ragazzo, ma anche all’insegnante di sostegno: purtroppo vengono buttate in situazioni di questo tipo solo perché sono in graduatoria, ma non vengono formate adeguatamente”.