Responsabilità dei medici: una riforma criticata
L’avvocato vittoriese Nicola Todeschini contro una riforma che definisce “inconcludente, contraddittoria e amatoriale”
VITTORIO VENETO - VITTORIO VENETO - Approvata il primo aprile scorso, la riforma Gelli-Bianco dovrebbe aver gettato le basi per vincere la medicina difensiva. Secondo l’avvocato Todeschini, che ha pubblicato per Utet un'opera di successo sulla responsabilità medica, la medicina difensiva è uno slogan mediatico e la riforma un tentativo mai riuscito. Secondo il legale, inoltre,”l’inveterata renitenza dei medici a rispettare l’obbligo di munirsi di una PEC sta provocando uno spreco di denaro”, tanto che Todeschini sta pensando di investire sulla questione la Corte dei Conti “perchè le strutture, per adempiere ai doveri imposti dalla novella Gelli Bianco sono costrette a tornare alla carta e alle raccomandate con perdite di tempo e di denaro enormi. E l’Ordine de Medici di Treviso che fa? Ancora non sappiamo se vorrà intervenire...” In quest’intervista all’avvocato Nicola Todeschini si cerca di fare il punto sulla riforma.
In Aprile è entrata in vigore la riforma della responsabilità medica pensata per combattere la medicina difensiva, quali sono i tratti salienti delle nuove regole?
Quella della medicina difensiva, per come utilizzata, è stata una bufala colossale, uno slogan mediatico utilizzato per far credere che la riforma avrebbe creato un clima migliore, regole più vantaggiose per i medici, minori sprechi. Non a caso, se posso fare una battuta, è entrata in vigore il primo di aprile.
Perché una bufala?
Perché nessuno può credere che un medico, consapevolmente, prescriva esami ritenuti inutili per prefigurarsi giustificazioni se mai un giorno fosse accusato di aver sbagliato, semplicemente perché se un esame è veramente inutile non serve al paziente e non serve al medico per eventualmente discolparsi. Hanno cercato di far credere a tutti che con la medicina difensiva si sarebbero sprecati 14 miliardi di euro all'anno, cifre assurde, inventate a tavolino a seguito di alcune interviste telefoniche su di un campione risibile di medici. Se mai esistesse tale super prudenza, i casi d'imprudenza sarebbero azzerati, e invece costituiscono, statisticamente, la maggior parte di quelli accertati.
Ma almeno la riforma ha soddisfatto le richieste dei medici di avere un trattamento più favorevole?
Assolutamente no. La cosa incredibile è che molti sindacati di categoria hanno tirato la volata alla riforma Gelli-Bianco, facendo credere ai loro iscritti che avrebbe rappresentato un grande passo avanti per loro, ma non è stato così. Ho segnalato subito, nei miei primi commenti per il Quotidiano giuridico e per Il Sole 24 Ore che la regola sulla responsabilità penale è semmai più severa di prima, e la Corte di Cassazione lo ha già confermato. Le presunte nuove regole sulla responsabilità civile sono ipocrite e inconcludenti, ma veicolate attraverso una campagna di disinformazione assai ben organizzata. Del resto Gelli ora è anche autore di un testo sulla riforma, scritto a quattro mani con due autori che difendono normalmente le compagnie di assicurazione, servono altri indizi su quali siano le vere protagoniste della riforma?
Si è letto che la depenalizzazione avrebbe riguardato la classe medica, quindi non è successo?
La colpa lieve dei medici che si attenessero alle linee guida (già peraltro contraddittoria in sé) esisteva già grazie alla riforma Balduzzi del 2012. Nonostante la sua formulazione ambigua la Cassazione era riuscita ad offrire dignità alla regola, che pareva anche comprensibile ai non addetti ai lavori: se sbaglio poco...posso essere scusato, se sbaglio tanto no. Ora con la Gelli-Bianco cambia tutto: è depenalizzata, pur se grave, la sola condotta imperita purché ispirata a linee guida adeguate al caso concreto. Non v'è chi non legga una contraddizione insuperabile in una imperizia (errore tecnico) che possa emergere nonostante il rispetto di linee guida adeguate (che rappresentano la perizia)! Non l'ho segnalato solo io, ma ora lo scrive a chiare lettera anche la Cassazione usando parole molto dure contro questo amatoriale legislatore e chiarendo che la precedente regola fosse più favorevole ai medici. Più chiaro di così!
I medici si sono resi conto di questo?
Credo che comincino a comprendere di essere stati presi in giro, e varrebbe la pena si arrabbiassero seriamente con chi li ha convinti che la riforma sarebbe stata più favorevole trascinandoli in petizioni on line, lotte sui social network a spada tratta, senza aver compreso nulla e soprattutto senza aver compreso che le mie critiche alla riforma erano puntuali e confermate ora anche dalla Cassazione.
Ma le linee guida, chi le scrive?
Le linee guida dovrebbero essere espressione della scienza, della miglior scienza, e invece in questa riforma si ipotizzano linee guida di Stato, proprio così, scritte, controllate filtrate dallo Stato, alla faccia dell'autonomia del medico. E' vero, il medico può anche disattenderle, ove ritenga che esistano chance migliori per il proprio paziente, ma con quale stato d'animo lo farà ora che la legge è molto più vincolante sul punto e dovrà essere lui a dimostrare la bontà del suo operato in difformità alla linea guida? A chi obietta che sono malizioso, e magari si tratta proprio di chi credeva nello slogan della medicina difensiva, rispondo così: se disegnate il medico come un professionista allo sbando (ma io non ci credo) capace di sprecare miliardi di denaro pubblico in terapie e controlli inutili, come potete immaginarlo libero di opporsi alla linee guida di Stato senza subirne il condizionamento? La verità è che lo Stato vuole probabilmente proprio condizionarlo, e la lotta contro la sua responsabilità contrattuale nei confronti del paziente, per nulla abolita, ne è la testimonianza più chiara.
E’ possibile che chi scrive le regole sia così poco attento?
Bella domanda, da studioso della materia me lo chiedo da anni! Ho analizzato e commentato anche tutti i più recenti disegni di legge in argomento e mi creda sono capolavori di ignoranza giuridica da guinnes dei primati. Si leggono ipotesi sconclusionate, che nemmeno un gruppo di studenti privi di competenza giuridica riuscirebbero a mettere insieme con tanta superficialità. Tra loro anche alcuni dei firmatari della presente riforma. La verità è che siamo tutti nelle mani di un legislatore che, al di là del colore della casacca, che non mi interessa, non è semplicemente all'altezza. Anche in questi giorni sono stato impegnato in giro per l'Italia in convegni e corsi di specializzazione che tengo per giuristi interessati alla materia, e nei loro occhi, quando mettevo in luce simili incongruenze, notavo stupore, ma anche desolazione. Qualunque sia l'eventuale inclinazione politica, e l'interesse perseguito, una cosa è certa: non sanno quello che scrivono.
E la responsabilità civile? Almeno i pazienti possono stare tranquilli? Abbiamo letto della riduzione dei termini di prescrizione, di maggiori oneri a carico del paziente per aver ragione di un errore subito, è così?
No, non è così, ma così era necessario far credere, perché la disinformazione, ormai, è uno strumento per vittorie partigiane, perché insinua dubbi, fa venir meno certezze, invita a lasciar perdere a subire in silenzio. Contano ormai più i titoli del contenuto di un pezzo, e se il malcapitato legge che ora ottenere il risarcimento sarà più difficile perde fiducia, anche se nel pezzo poi si comprenda che non è così. La politica ci considera superficiali, e ci tratta di conseguenza.
Ci racconti allora come stanno le cose per i pazienti
Per il paziente, interessato a comprendere se sia veramente vittima di un errore medico, non cambia nulla. Deve anzitutto farsi aiutare da esperti (e non da maghi, fattucchiere, soggetti senza nemmeno un titolo di studio) a comprendere se l'errore esista e se vi sia ricollegato un danno che valga la pena inseguire. Non ha senso precipitarsi in procura, fare denunce magari sconclusionate, urlare alla scandalo e poi rimanere con un pugno di mosche in mano: non ha senso, è inutile, ed è ingiusto per chi viene accusato se ha ragione. Solo uno studio medico legale e giuridico serio possono indurre a comprendere se vi siano le basi per agire. Ebbene, in tali casi il termine per reagire nei confronti della struttura è sempre lo stesso, dieci anni, e non muta nemmeno la ripartizione dell'onere della prova, sempre di responsabilità contrattuale si tratta, nulla di nuovo quindi.
Lei quindi non consiglia mai di fare denuncia penale?
Non conviene quasi mai. In vent'anni l'ho consigliate solo in alcuni casi estremi, per i quali era necessario che l'autorità intervenisse con urgenza, ma sono casi rari. Nella maggior parte delle vertenze la denuncia è addirittura controproducente, per alcuni addirittura una sorta di vendetta. Ma dinanzi ad un errore non si cercano vendette (peraltro destinate a non dare comunque alcuna soddisfazione) si insegue semmai la giusta riparazione che nel nostro sistema è rappresentata dal risarcimento. Inoltre le regole della colpa penale sono pensate, al di là della depenalizzazione, per punire solo ove esista certezza quasi assoluta, mentre le regole della colpa civile consentono più ampie chance di soddisfazione.
Qualcosa di buono in questa riforma?
Esiste almeno il tentativo di accorciare i tempi, e questa è certamente una buona notizia. Da anni utilizzavo lo strumento dell'accertamento tecnico preventivo come mezzo per tentare la conciliazione in modo professionale. Le compagnie di assicurazione hanno sempre osteggiato questo strumento, rapido, per comprendere se le ragioni fossero sostenute da criteri obiettivi, ed anche alcuni Tribunali non avevano compreso subito la sua utilità. Ebbene, ora si può procedere con il ricorso per accertamento tecnico preventivo perché la riforma lo indica come rimedio primario, finalmente! Ma non finisce qui. Se il procedimento non si conclude con un accordo, l'interessato può utilizzare un altro strumento osteggiato, che è il ricorso ex art. 702 bis cpc, che è una sorta di processo rapido che si può avvalere dei risultati dell'accertamento tecnico preventivo per convincere anche gli avversari più renitenti a pagare. Lo snellimento dei tempi di gestione del contenzioso è certamente fondamentale, perché è pacifico che una giustizia lenta non sia mai vera giustizia.
Le prime applicazioni della riforma hanno denotato qualche aspetto rilevante?
Al di là del brusco risveglio dalle fallaci promesse delle sirene alimentate dalla strana coppia Legislatore/Compagnie di assicurazione (coppia peraltro da anni rodata e lontana da crisi di sorta), si sta affacciando proprio in questi giorni il problema che le strutture sanitarie stanno affrontando con i medici dipendenti per farli partecipare, come la riforma impone, al contenzioso.
Cioè?
La riforma impone che entro breve tempo la struttura debba notificare al medico dipendente l'arrivo di un atto, l'inizio di una trattativa, così che il medico dipendente possa parteciparvi; si tratta di un incombente al quale la struttura deve ottemperare a pena di dover poi rinunciare alla rivalsa nei confronti del medico stesso. Ebbene, poiché a quanto pare la maggior parte dei medici non ha ottemperato al dovere di munirsi di idonea pec, le strutture sono costrette a ricorrere alla vecchia carta inviando raccomandate con avviso di ricevimento con grande spreco di risorse umane, finanziarie, di tempo. La pec non costa nulla e dà garanzia di ricezione in tempi brevissimi, per una raccomandata, compresa l'eventuale compiuta giacenza, servono decine di giorni, e quindi ora moltissime procedure sono incredibilmente bloccate.
Uno spreco di denaro a quanto pare: nessuno interviene?
Si, è uno spreco indecente, anzi dirò di più è un danno erariale che il medico dipendente, che non ottemperi all'obbligo di munirsi di pec, crea e del quale potrà essere chiamato a rispondere. Mi auguro che anche gli ordini professionali intervengano a breve segnalando ai propri iscritti che non ottemperare all'obbligo costituisce anche illecito disciplinare, oltre che inadempimento contrattuale e, appunto, danno erariale, ed auspico che la Corte dei Conti conosca dello spreco ed intervenga.