"Sono un terribile rompiscatole se scorgo un’ingiustizia"
L’avvocato Nicola Todeschini da venticinque anni si occupa di Responsabilità in medicina. Un ambito scelto (e percorso con passione) fin dalla tesi di laurea. Tra nonni insonni, battaglie contro pregiudizi e “poteri forti”
| Emanuela Da Ros |
VITTORIO VENETO - Ha appena pubblicato per Utet il terzo volume sulla Responsabilità in medicina: un testo pensato e scritto non solo da un teorico ma soprattutto da un pratico, che ha messo a disposizione quanto ha approfondito per anni. “In queste pagine - spiega Nicola Todeschini, autore del volume - ci sono le sofferenze dei racconti dei miei clienti, il desiderio di rendere loro giustizia, le notti insonni trascorse a cercare lo strumento migliore per far valere i loro diritti”.
Nicola Todeschini è un nome noto non solo nella Marca Trevigiana. Da venticinque anni pratica la “responsabilità medica”, un ambito che ha eletto sin dal percorso di studi culminati con una tesi proprio su questo tema. “La mia vita – dice di sè il professionista 55enne - si è alternata tra Vittorio Veneto e Conegliano, nella quale sono da poco tornato e si divide tra i testi di diritto e la passione per l’equitazione, per il dressage col mio cavallo Vivaldi de Susaeta. Da due anni ho poi una nuova assistente in studio, Grimilde, una splendida Whippet, che un giorno sentendo una cliente commuoversi raccontando la recente morte del marito per un tumore misconosciuto, si è alzata per andare a consolarla strappandole un sorriso”.
Nicola, come e perché hai scelto di occuparti di responsabilità medica?
Avevo in mente le grandi battaglie, i grandi principi. La responsabilità medica, anche per una pregressa esperienza negativa, faceva al caso mio. Proposi io l’argomento al professor Giovanni Gabrielli, e furono mesi straordinari, di pura ricerca, appassionante, tanto che consegnai più di duecento pagine al primo incontro. All’esimio civilista piacque molto, bontà sua, il mio lavoro, e per essere presente alla discussione addirittura interruppe l’anno sabbatico e mi propose di rimanere all’Università. Durante lo studio per la tesi compresi quanto la sensibilità della giurisprudenza per certi argomenti fosse ancora acerba, e che la materia aveva bisogno di approfondimento, che c’era lo spazio per lasciare un segno. Se vuoi con idealismo misi a fuoco il mio obiettivo di valorizzare il significato della volontà del paziente, pur rispettando il ruolo fondamentale del medico, lottando per raggiungere un equilibrio, senza paternalismi. Il consenso informato ridotto a mera formalità, era inaccettabile così come le resistenze a garantire al paziente vera tutela. Ebbene quell’auspicata rivoluzione copernicana si è compiuta in questi venticinque anni, con buona pace di quei colleghi che canzonavano allora le mie tesi espresse nei primi atti di citazione certi che fossero troppo ardite: quelle cause le ho poi vinte tutte, malgrado il loro scetticismo.
Hai dichiarato che in 25 anni, per far valere le tue tesi, ti sei scontrato con poteri forti, lobby, ma hai continuato tenacemente a seguire obiettivi di giustizia e soprattutto la tua coscienza
Se sento che qualche cosa non va non mi allineo mai, sono un terribile rompiscatole se scorgo un’ingiustizia, che è tale prima di tutto perché accettata passivamente da chi invece dovrebbe reagire. Non sono un eroe, sia chiaro, solo uno dei tanti che si dà da fare, ma ti garantisco che le reazioni di certi ambienti, che pretendevano invece ossequio, arretramento e inchini, le ho provate eccome dimostrando loro che per spegnermi ci voleva ben altro. E alla fine, quando anche le sentenze della Suprema Corte hanno percorso questa strada, ho capito che avevo contribuito nel mio piccolo a costruire qualche cosa di utile.
Tuo figlio Vittorio ha deciso di studiare diritto. Qual è uno degli insegnamenti più importanti che ritieni abbia ricevuto da te, come padre e come avvocato?
Che prima bisogna essere uomini per bene, quindi seguire le proprie passioni ed essere capaci nel lavoro. Lui sa bene che accanto all’impegno e alla competenza, che è determinante acquisire, è fondamentale la curiosità, sapere sempre da che parte stare, lavorare con passione ed empatia rifuggendo le stanche consuetudini responsabili della mortificazione di qualsiasi ricerca scientifica.
Visto che sei anche un formatore per i tuoi colleghi, qual è il messaggio che ti piace evidenziare?
La passione per la didattica me l’ha trasmessa la mia mamma, Maestra con la M maiuscola, che faceva studiare l’Infinito di Leopardi ma anche ballare i propri studenti per consentir loro di esprimere la loro personalità al meglio. Ai ragazzi, che sono spesso di grande valore, a torto non riconosciuto, e che vivono tempi molto più difficili dei nostri, dico studiate, approfondite, appassionatevi a qualche cosa che tocchi le vostre corde, e poi credete tenacemente nel percorso che avete in mente, perchè quando cercate strade per una miglior tutela dei diritti fondamentali non perdete mai tempo!
Il successo professionale e il riconoscimento accademico delle tue pubblicazioni ti fa sentire alla meta? O il tuo percorso prosegue?
I miei piedi sono ben solidi a terra, ho una sana invidia agonistica per tutte le persone di qualità e migliori di me, incontro ogni giorno chi mi può insegnare qualche cosa, vivo così le buone notizie: guardo al cielo per ringraziare chi non c’è più ma mi ha insegnato che la priorità non è essere i migliori, ma essere per bene. Non posso immaginare una vittoria che umilia, ma solo una che rende merito alla ragione. Continuo ogni giorno a studiare le grandi opere altrui, onorare i loro straordinari autori, perché so di aver bisogno di alimentare quotidianamente la mia necessità di essere all’altezza di questo straordinario compito che è la difesa dei diritti.
Stai già pensando a un nuovo libro?
Sì! Ma questa volta non sarà più rivolto ai tecnici, bensì alle persone comuni: voglio raccontare loro le storie di straordinaria umanità delle tante persone che ho visto soffrire senza chinare il capo, che mi hanno chiesto di fare giustizia investendomi di un compito ben più grande delle mie modeste forze e che mi hanno insegnato che anche quando tutto sembra perduto è ancora possibile donare la propria fiducia a qualcuno, addirittura quando si sa di non poter vivere abbastanza per vederne il risultato. Non so se l’ho mai meritata, ma so che ho speso tutte le mie energie per riuscirci. Ecco dedicherò a loro le mie prossime notti a scrivere.