Sequoia di Ceneda: rischi e rimedi
Torniamo sulla grande sequoia del Papadopoli per evidenziare criticità e soluzioni di salvaguardia
VITTORIO VENETO - Senza offesa per i creazionisti, è solo grazie all’ossigeno prodotto dalle piante che la vita su questa terra è stata donata all’uomo, il quale ricambia con la suicida produzione di gas serra. Il maestoso Sequoiadendron Generale Diaz s’impone come un’autorità della comunità arborea e pare volerci lanciare un severo monito.
Chissà chi resterà fra l’umanità e le piante se continuiamo così. Direi che non c’è partita. Dunque già abbiam scritto, a conferma della stupidità del Sapiens e di quanto poco sappiamo sulle piante, del calcestruzzo iniettato nella ferita alla sua base. Ma ulteriori problemi ne minacciano il futuro. La nostra sequoia è stata infatti piantumata, per sbalordire il visitatore, in fronte alla facciata della villa ma ahimé, a ridosso dell’alto muro che la separa da via Rossi.
Ne deriva che metà della circonferenza occupata dalle radici non ha potuto svilupparsi a raggera per la presenza, appunto, dell’ostacolo artificiale e questo altera la stabilità della pianta. La situazione è peggiorata dal fatto che l’albero, al naturale abbraccio del sole s’è inclinato a meridione; quindi il peso va a gravare maggiormente sul settore dove lo sviluppo radicolare non è correttamente espanso. Più la pianta cresce, più il baricentro si sposterà verso il piede meno solido con effetto, per capirci, torre di Pisa. Altro motivo di rischio è la ovvia attrattività di questi giganti per i fulmini, come accaduto alla sequoia di Longarone.
Una saetta è in grado di abbattere una sezione molto estesa e pesante della pianta, che potrebbe schiantarsi rovinosamente sulla Villa stessa; questo magari è ciò che nei palazzi del potere auspicano coloro che stanno mandando in malora la Papadopoli. Visto il quadro, in peggioramento, è verosimile considerare la necessità di capitozzare la pianta; procedura ammissibile anche sugli alberi monumentali per ragioni motivate e con prescritte autorizzazioni, secondo la legge 10/2013 e successivo decreto legislativo n°34 del 3 aprile 2018.