Siamo pronti ad affrontare la prossima ondata di Covid-19?
OggiTreviso è andato a vedere negli ospedali del Veneto e come si stanno attrezzando in vista di un possibile riacutizzarsi dell’epidemia
VENETO - L’Organizzazione mondiale della sanità ha già dato il preavviso: tra ottobre e novembre è attesa una recrudescenza del Covid-19 con una risalita importante dei casi di contagio. Il Governo rassicura: l’Italia non vivrà ancora come a marzo-aprile nel terrore che il sistema sanitario non riesca a reggere, con le terapie intensive prese d’assalto e l’impossibilità di prestare cure, se non addirittura di salvare vite. Ma la sanità non va bene ovunque e allo stesso modo. Basti ripensare al senso diametralmente opposto percorso da due regioni confinanti: Lombardia e Veneto.
OggiTreviso è andato a vedere com’è lo stato, in questo momento, negli ospedali del Veneto e come si stanno attrezzando in vista di un possibile riacutizzarsi dell’epidemia. Ma cercheremo di capire cosa è cambiato nella sanità veneta e cosa muterà ancora nei prossimi mesi. Iniziamo con il piano messo a punto dalla Regione Veneto per l’autunno. Punto primo: il potenziamento dei letti di terapia intensiva, modulabili in base alle necessità e prevedendo anche la riconversione in intensivi dei letti attualmente destinati a reparti semi-intensivi.
A seguire l’implementazione dei test rapidi che, pur non essendo affidabili come i tamponi, dovrebbero riuscire a discriminare i sani, portando a tampone i sospetti malati. Infine l’introduzione delle unità operative (Usca) costituite da medici ed infermieri che garantiscono l’assistenza dei malati Covid al proprio domicilio. Quest’ultimo è però l’anello più debole del piano regionale, soprattutto per per un problema di carenza di figure professionali, in particolare medici. Al momento di unità operative se ne è avviata qualcuna soltanto, facendola coincidere con i vecchi distretti, ma con una densità dì popolazione notevole.