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27 novembre 2024

Cronaca

"Sono l'ombra di Fiorello? Ben venga esserlo!"

L'intervista a Amadeus

| Barbara Carrer |

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| Barbara Carrer |

SANREMO - Condurre il Festival di Sanremo era per lui il sogno più grande, considerato irrealizzabile fino ad un anno fa. Per questo il conduttore veneto ha deciso di fare della kermesse musicale di Raiuno una festa corale con tutti i suoi amici, a partire da Fiorello con cui condivide da trentacinque anni una fratellanza anche artistica e che gli “copre le spalle” in ogni occasione. Il risultato? Un Festival inclusivo all’insegna dell’armonia in una televisione troppo spesso conflittuale, con particolare attenzione al mondo femminile. Eppure, per Amadeus, non sono così lontani gli anni in cui ha iniziato come dj in una piccola radio della provincia veronese la cui ricezione era limitata ai confini del quartiere. Sorvola su quasi tutte le polemiche “in questi giorni non leggo i giornali” tranne una: “Non è colpa di Giorgina o Francesca Sofia se hanno dei fidanzati famosi, è come quando mi accusano di essere a Sanremo perché amico e ombra di Rosario. Ben venga esserlo! Lo stimo e gli voglio bene".

 

Quali sono i tre punti di forza del suo Sanremo?

“Spirito di coesione e amicizia, un Festival al femminile, un intreccio di emozioni che uniscono passato e futuro. Vorrei aggiungerne un quarto: l’imprevedibilità di Fiorello e Tiziano Ferro”.

 

Parliamo proprio del senso dell’amicizia, un po' inconsueto nel mondo dello spettacolo, che aleggia in questi giorni sopra l’Ariston…

“Sembrerà strano, ma è così. La maggior parte degli ospiti presenti sono cari amici: Mika mi ha promesso la sua partecipazione lo scorso settembre, lo stesso vale per D’Alessio e Tiziano Ferro, senza parlare dl Fiorello, più fratello che amico da 35 anni”.

 

La stampa ha provato in ogni modo a scatenare rivalità tra di voi…

“C’è un tale legame tra me e Rosario che nulla potrebbe incrinarlo o minarlo, mai. Se posso fare una metafora calcistica: se Fiore è il miglior attaccante, io sono felice e onorato di passargli la palla”.

 

Lei è anche direttore artistico. Con che criterio ha scelto i brani in gara?

“Provengo dal mondo della radio e non potevo non tener conto della potenzialità radiofonica delle canzoni. Una delle emozioni più grandi di questo Festival è stata, la mattina dopo la prima puntata, andare a far colazione in hotel e sentire le canzoni che passavano sulle diverse emittenti. Posso dire, poi, di aver scelto di pancia, di sentimento, tenendo anche conto di cosa piace ai miei figli”.

 

Pezzi molto pop?

“Certo. Io provengo da quel mondo. Brani orecchiabili, riconoscibili, che appartengono al mercato discografico”.

 

Perché, nel 1977, ha scelto di lavorare in radio?

“Ero timidissimo e, parlando attraverso i microfoni di Blu Radio, una piccola emittente della provincia veronese, le persone si accorgevano di me. Ricordo che zia, per sentirmi la domenica mattina, doveva spostarsi nel quartiere dove si trovava la radio perché solo lì la ricezione era possibile. Ascolto musica da sempre, capirai cosa possa significare per me essere su questo palco: un sogno che si realizza”.

 

Non posso non chiederle come mai, nonostante critiche e polemiche, abbia deciso di mantenere in gara Junior Cally…

“Difenderò la creatività per tutta la mia vita. Il rap è anche aggressività ( cosa che va disapprovata), ma chi lo interpreta sta raccontando storie di violenza e disagio che non necessariamente condivide. Il brano di Junior Cally era, per me, meritevole di essere in gara come gli altri 23. Non dobbiamo chiuderci, avere pregiudizi legati al passato o ad un genere musicale. Mi sembra che in questo Sanremo il messaggio anti violenza, sulle donne e non, sia stato inequivocabile e chiaro”.

 


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Barbara Carrer

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