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01 maggio 2024

Montebelluna

“Viviamo quasi in clausura pur di difendere gli ospiti della casa di riposo dal covid”

A raccontarlo è Marco Giacon, il direttore dell’Umberto I di Montebelluna

| Ingrid Feltrin Jefwa |

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| Ingrid Feltrin Jefwa |

Casa di riposo Umberto I a Montebelluna

MONTEBELLUNA – Oramai è chiaro da tempo che le persone della terza età sono le più esposte al virus, anche se con la seconda ondata pare stia cominciando a colpire anche i più giovani. I luoghi quindi dove si vive con maggiore apprensione nell’epoca della pandemia non possono che essere le case di riposo come conferma pur senza usare toni drammatici Marco Giacon, direttore dell’Umberto I di Montebelluna che ospita 130 anziani nella sede centrale oltre al villaggio protetto che accoglie 17 pensionati.

Con quale stato d’animo state vivendo questo momento?
La preoccupazione è grande, anche se stiamo davvero facendo di tutto per evitare il covid ma purtroppo le probabilità non sono a nostro favore.

Quali sono gli aspetti più a rischio?
Il personale è il tramite e dobbiamo avere mille attenzioni. Gli anziani da qui non si muovono e solo attraverso noi il virus può accedere alla struttura, per questo non dico che facciamo una vita di clausura ma quasi. Abbiamo già eliminato qualsiasi altra possibile fonte di contagio e siamo tutti consapevoli che l’unico rischio possibile è che subdolamente il covid entri attraverso chi lavora in casa di riposo.

Come contate di fare?
Devo dire che se a febbraio il covid ci ha colti di sorpresa, ora siamo preparati, d'altronde va riconosciuto che siamo riusciti a organizzarci in tempi rapidi. Certo ora è cambiata la frequenza delle visite da ogni 20 giorni a una volta la settimana e questo non facilita, ma siamo molto attenti.

Dal punto di vista economico è onerosa questa sicurezza?
Allora, per quanto concerne i test ce li fornisce l’Ulss ma tutto il resto è a carico nostro e non è certo poco per il nostro bilancio, ricordiamo che abbiamo anche l’onere del personale, in un momento in cui gli infermieri scarseggiano.

Forse vengono a mancare anche perché con i nuovi concorsi indetti dalla Regione molti migrano dalle case di riposo agli ospedali?
Certo è un esodo inevitabile e comprensibile. Soprattutto tra gli infermieri giovani che vogliono fare nuove esperienze e magari ad inizio carriera pur di entrare nel modo del lavoro decidono di lavorare nelle strutture per anziani e poi, avendone la possibilità ,migrano negli ospedali: purtroppo la coperta è troppo corta…

Ma gli anziani come vivono questa situazione?
Va fatto un distinguo. Nelle strutture dove c’è il covid inevitabilmente il clima è pesante ma in quelle, come la nostra dove la situazione è gestibile devo ammettere che il clima è meno drammatico di quello che si possa pensare. Lo dico anche per rassicurare le famiglie dei nostri ospiti. Abbiamo notato ad esempio che nei casi di Alzheimer la maggior tranquillità data dal mancato afflusso di visitatori è un beneficio. Detto questo è evidente che ci sia chi soffre della mancanza dei propri parenti ma anche grazie alle videochiamate abbiamo cercato di dare loro conforto.

Non è facile pensare al futuro in questo momento ma so che ci sono comunque margini d’ottimismo all’Umberto I.
Si, molto presto partirà il cantiere della nuova struttura e vogliamo pensare a questo evento come ad un segnale di speranza per il futuro: una buona notizia in un momento in cui c’è davvero bisogno di positività.
 

 


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