20 novembre 2024
Categoria: Altro - Tags: Adolescenti, bullismo, violenza, Roma, Cuneo
Valentina Piovesan | commenti |
“Ai miei tempi non sarebbe accaduto, quarant’anni fa avevamo più sale in zucca dei giovani d’oggi”.
Quando ero un’adolescente, nei tardi anni ’90, ho sentito spesso pronunciare questa frase dagli adulti che mi circondavano, magari per commentare un fatto di cronaca particolarmente doloroso che aveva come protagonisti ragazzacci scalmanati e/o idioti (e per “ragazzacci scalmanati” intendo dire gente di età compresa fra i dodici e i vent’anni, perché qualche anno fa a trent’anni i giornali ti descrivevano, saggiamente, come un uomo fatto e finito, mentre oggi secondo taluni a quella veneranda età saresti ancora un “pischello”, vedi titoloni del calibro di “Ragazzo di trent’anni […]).
Sovente ho anche sentito esclamare: "Perbacco, se a scuola il professore mi rimproverava o bacchettava, a casa il trattamento continuava con tanto di interessi”, a sottolineare che il docente aveva sempre ragione.
Orbene, siamo passati da un estremo all’altro. Oggigiorno, il professore o le istituzioni in generale, hanno torto da vendere. Torto marcio in qualunque occasione.
Tuo figlio/fratello/nipote/cugino viene bocciato perché una capra tibetana seduta al suo posto in un anno scolastico o solare avrebbe certamente appreso di più? Deh, si scatena l’apocalisse, con ricorsi e controricorsi da parte del parentado in rivolta finché il prode inetto non viene fatto passare alla classe successiva senza smacco alcuno per il casato di provenienza.
Ti bocciano tre volte di seguito dal momento che in aula invece di ascoltare le lezioni guardi continuamente fuori dalla finestra in attesa che un meteorite si abbatta sulla tua classe mettendo fine alle tue sofferenze culturali? Che problema c’è, ti danno l’opportunità di frequentare uno/due/tre/quattrocento anni in uno per recuperare il tempo perduto. E comunque cosa gliene cale, a quei furbissimi asini? Tanto si sa che “A) “La scuola non serve a niente”, che B) “Conosco gente con la quinta elementare che ne sa più di un diplomato qualunque” e che C) “Con la laurea non si mangia” e via di questo passo (le solite peregrine frasi fatte di chi a scuola non combinava un granché, insomma; nulla di nuovo sotto il sole).
L’ “innocente" frutto dei tuoi lombi viene sospeso a tempo indeterminato poiché ha dato fuoco al Liceo e al contempo rimirava il rogo suonando la cetra come Nerone? Perdinci, ecco l’immancabile difesa della mater familias, che con sguardo assassino ma voce assolutamente flautata (del tutto simile a quella di Nicholson che intima a sua moglie di togliersi dal CaXXo mentre scrive, in Shining), cinguetta: “Sciocchezze, non bisogna essere così duri con questi poveri ragazzi, sono solo bravate, del tutto normali alla loro età!”.
Un tempo, occorre dirlo, non c’erano sempre le prove dei misfatti compiuti e a un adolescente stolido si poteva anche concedere il beneficio del dubbio.
E invece cosa fanno, questi vandali moderni, vere e proprie canaglie 2.0? Si filmano da soli! E spesso non paghi di mostrare agli amici le proprie “imprese”, le diffondono pure sui social, non vergognandosi minimamente delle malefatte che hanno compiuto.
Nonostante ciò, la fanno quasi sempre franca. Perché se sei un giovane sciroccato, che picchia i coetanei o mena il professore, che distrugge beni pubblici o privati, non è colpa tua, povero virgulto, ma della società, della famiglia, della scuola… Questo è il messaggio che fanno passare i mass media.
Non sei più un violento, sei solo un bullo (parola odiosa e falsata, questa, perché oggi non è più usata per indicare uno sbruffone da quattro soldi, ma un soverchiatore dedito alle aggressioni più feroci), vittima dei tempi moderni. E allora ecco che giungiamo all’inflazionatissimo e menzognero termine, “bullismo”, flagello del 21° secolo.
Proprio in questi giorni ho letto di un orrendo episodio verificatosi a Roma, definito tale: mentre erano in gita scolastica quattordici (!) adolescenti di Cuneo avrebbero vigliaccamente umiliato un compagno di classe, spogliandolo, depilandolo, ricoprendolo di caramelle, bruciandogli le caviglie con un accendino (tutto ciò mentre era in stato di incoscienza, perché aveva probabilmente bevuto troppo).
Un branco di persone (a quindici o sedici anni sei abbastanza adulto per avere ben chiare le conseguenze delle tue azioni, non nascondiamoci dietro un dito) infierisce su un coetaneo e non pago della propria cattiveria filma tutto col cellulare e mostra l’ignobile video a destra e a manca.
A questo punto la storia viene a galla e gli studenti coinvolti sono (giustamente) tutti sospesi dalla preside con tanto di quattro in condotta ma alcuni genitori come reagiscono alla sacrosanta punizione? Insorgono tanto da contattare un noto quotidiano attraverso una portavoce, perché a loro dire le misure prese sarebbero esagerate dato che si sarebbe trattato di uno scherzo forse pesante (davvero anomalo il loro concetto di “scherzo”), ma privo di violenza, puro e semplice cameratismo (non sarà superfluo ricordare che a causa dei cosiddetti episodi di nonnismo c’era gente che si suicidava, nelle caserme) dipeso anche dal fatto che i ragazzi erano stati lasciati soli dal professore che li doveva sorvegliare; oltretutto i loro figli rischiano di perdere l’anno e al giorno d’oggi frequentare il Liceo costa.
Da non credere ai propri occhi (infatti continuo a sperare che quello che ho letto in proposito non sia vero), insomma.
Intanto i genitori della vittima di queste nefandezze ci fanno sapere attraverso i giornali che non solo non sono giunte le scuse da parte dei responsabili ma che addirittura a scuola il ragazzo sarebbe deriso ed emarginato dai compagni di classe perché ritenuto colpevole della situazione che si è creata.
Ennesima perfidia messa in atto dal branco ai danni del più debole.
Ebbene, io non ci sto ed esprimo la mia più totale solidarietà al giovane, alla sua famiglia e alla preside dell’istituto, senza concedere uno straccio di attenuante al branco, nemmeno in virtù della giovane età.
“Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”: la prossima volta che vi viene in mente di infierire sul prossimo anche in HD, o voi che avete smarrito la diritta via, pensate a Dante, che il cellulare con fotocamera non ce l’aveva e forse proprio per questo arrivò a partorire un concetto così intelligente.
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