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19 marzo 2024

Cos'è un farmaco generico?

Categoria: Scienze e tecnologie - Tags: farmacie

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Scarpis Enrico | commenti | (5)

Apprendo da una rivista d’informazione medica che la vendita dei farmaci generici in Italia mostra una frenata nei primi mesi del 2012. Un paradosso considerato che, in tempi di crisi, i cittadini dovrebbero essere attratti maggiormente da prodotti a basso costo, compresi i farmaci.

 

Eppure, i dati dicono il contrario: l’anno precedente gli acquisti dei farmaci generici crescevano con una media del 15% al mese, ora si sono stabilizzati tra il 5 e il 7%. Inoltre il recente provvedimento sulla Spending Review obbliga per legge i medici ad indicare sulla ricetta il nome del principio attivo e non più il nome commerciale (se non strettamente necessario).

 

Che cos'è un farmaco generico?

Un farmaco generico è una sostanza il cui periodo di brevetto è concluso e può quindi essere prodotta e commercializzata anche da altre aziende farmaceutiche diverse da quella "scopritrice". In realtà dovrebbe essere definito più correttamente come bio-equivalente, ovvero terapeuticamente equivalente. In pratica il farmaco generico, "senza marca", contiene esattamente lo stesso principio attivo, quindi agisce con lo stesso identico meccanismo del farmaco "di marca". Per considerare un farmaco come generico, esso deve presentarsi nella stessa forma farmaceutica (liquida, capsule, compresse, ecc), pur avendo diversa composizione degli eccipienti. Questi ultimi sono sostanze che accompagnano il principio attivo fungendo da veicolo. Esse possono, in alcune situazioni, modificare l’assorbimento del farmaco.

 

Ecco allora che si rendono necessari i cosiddetti studi di verifica della biodisponibilità, definita come la frazione di sostanza attiva che raggiunge il sangue dopo l’assunzione. Solo se la biodisponibilità del farmaco generico è simile a quella del farmaco brevettato allora ne è possibile la commercializzazione. Questa è considerata la condizione indispensabile, in quanto una volta che il farmaco ha raggiunto il circolo sanguigno, la molecola agisce mediante lo lo stesso meccanismo, essendo identica. Perché preferire un farmaco generico? Il prezzo notevolmente ridotto, che va a beneficio sia delle tasche dei pazienti, sia dei conti dello stato. In conclusione: chiedete consiglio al vostro medico e al farmacista assicurandovi dell’effettiva equivalenza. Saranno loro a guidarvi nella scelta più giusta!



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Sicuramente la Spending Review applicata ai medicinali è cosa tutto sommato ben fatta se vi è garanzia di assoluta equivalenza fra il farmaco “di marca” e il farmaco generico.
Io son incorso però in un problemino non da poco. Essendo iperteso e dovendo assumere giornalmente una pastiglia di un medicinale “salvavita” definiamolo, “di marca” , con tanto di esenzione, nell’ultima ricetta fatta per l’acquisto mi sono trovato segnato il solo principio attivo.
Ora chi ha il mio stesso problema, ma immagino sia comune per chi soffre di una qualsiasi malattia “cronica”, sa benissimo cosa significa trovare la “pastiglia giusta” che non crea fastidi o ripercussioni a volte spiacevoli durante il giorno. Il farmacista mi ha sconsigliato il farmaco generico perché non sicuro che avesse lo stesso effetto o non procurasse effetti indesiderati e pertanto io sono ricorso alle stesse pastiglie “di marca” di sempre, ponendo la mia “esenzione” a fronte di un farmaco “salvavita” in pensione. Mi chiedo se è giusto che una persona debba passare al generico con tutte le incertezze del caso per non dover pagare o se forse a fronte di un principio attivo ritenuto, credo per tutti, componente di un farmaco salvavita non sia il caso che tutte le case farmaceutiche che lo producono, visto che credo non possa essere adoperato per altri motivi, lo diano in esenzione. Che ne pensa?

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Caro sig. Franco,
la ringrazio per aver dedicato parte del suo tempo a leggere il mio articolo e per aver lasciato il suo commento. Innanzitutto colgo l'occasione per precisare che non sono un medico, ma uno studente di Medicina e Chirurgia al IV anno. Questo non significa che ciò che scrivo sia senza fondamento, ma questa precisazione va fatta per avvisare tutti i lettori che non posso e non voglio dare consigli medici, non faccio diagnosi e non consiglio alcun tipo di terapia.
Detto questo, le sue constatazioni sono corrette, ma forse gli addetti ai lavori, che siano medici, farmacisti o case produttrici, non riusciranno mai a trovare un punto di incontro e questo, ovviamente, ricade sui poveri pazienti, che non sanno chi ascoltare.
Come ho spiegato nell'articolo, gli studi clinici sui farmaci, condotti in maniera rigorosa prima dell'immissione in commercio, ci assicurano che vi è la garanzia di assoluta equivalenza tra il farmaco di marca e quello generico. Gli eccipienti non modificano affatto l'effetto del farmaco, ma, è vero, potrebbero dare effetti indesiderati, per esempio allergie. In linea di principio solamente i farmaci cosiddetti biologici (per esempio anticorpi monoclonali impiegati nella cura dei tumori) utilizzati per la terapia cronica non possono essere sostituiti nella prescrizione, tutti gli altri sono perfettamente sovrapponibili e quindi scambiabili, a meno che il paziente non abbia una storia nota di allergia ad uno degli eccipienti. Se il suo medico ha indicato il principio attivo significa che ha valutato la sua situazione particolare. La invito a confrontarsi con il suo medico per chiarire eventuali dubbi: il rapporto medico-paziente deve essere coltivato.
Uscendo dal guscio italiano, pensi che negli Stati Uniti il 67% delle prescrizioni sono di farmaci generici e la stessa cosa accade in altri Paesi europei come la Germania. Questo calza a pennello con il fatto che a noi "futuri medici" ci insegnano e ci obbligano a studiare rigorosamente i principi attivi e non i nomi commerciali, proprio perché sono i principi attivi le vere "sostanze curanti"! L'idea che mi sono fatto, ma può essere errata, è che in Italia non ci sia abbastanza informazione su questo tema, sopratutto verso i cittadini, che hanno dei pregiudizi nell'utilizzare il farmaco generico, semplicemente perché nessuno ha spiegato loro cos'è in realtà! La soluzione è un'acquisto consapevole: confrontarsi in prima battuta con il proprio medico, quindi con il farmacista e controllare di propria iniziativa la composizione farmaceutica, scegliendo di conseguenza.
Come può ben capire l'argomento è delicato e va affrontato nelle sedi opportune e da esperti autorizzati, non certo in uno spazio esiguo come quello concesso da questo blog che non può esaurire questo tema così complesso. Il mio intento è puramente divulgativo, con l'obiettivo di sensibilizzare i lettori; nessun consiglio, nessuna esortazione verso una direzione piuttosto che un'altra.
Spero di aver chiarito i suoi dubbi e stimolato la sua curiosità.
Un caro saluto.

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gentile sig. Scarpis
sono un farmacista, che ogni giorno si trova a contatto con pazienti e medici (che chiamano per scambio di informazioni). Ho letto il suo post, e mi ritrovo a scriverLe per delle precisazioni, avendo notato delle imprecisioni. Andrò per punti, sfatando per primo un mito che circola sulla bocca di molti.

Non è vero che scegliendo il generico lo Stato risparmia.
L'unico a risparmiare è il paziente.
Chi lo dice probabilmente non è a conoscenza delle cosiddette LISTE DI TRASPARENZA che vengo aggiornate continuamente e pubblicate in GU. Si tratta di un elenco di prezzi massimi che il Sistema Nazionale rimborsa.
Facciamola semplice: lo stato decide che quel farmaco può essere rimborsato al massimo 5€: se costa 6, l'euro di differenza lo mette il paziente. Ma lo stato sempre 5 spende. Per assurdo, esistono farmaci cosiddetti griffati che costano meno del prezzo di riferimento, quindi non è vero che un generico (o meglio equivalente) costa sempre meno. In questo caso il farmaco costa 4: se il .paziente decide per il griffato non spende, e lo stato risparmia 1 euro. Ovviamente medici e farmacisti queste cose le sanno e sono sempre disponibili a consigliare al paziente al meglio, non solo, e come è ovvio che sia, in termini di efficacia e sicurezza, ma anche se serve andando incontro alle esigenze economiche del paziente.

Secondo punto: non è vero che gli eccipienti non modificano l'efficacia del farmaco. Come lei stesso ha scritto, possono interferire della biodisponibilità del farmaco (mi scuso coi lettori se uso termini ostrogoti, ma è per farmi capire dal sig. Scarpis), e anche la AUC.. non per nulla perché ottenga l'autorizzazione al commercio, è necessario che un farmaco equivalente abbia al massimo un'efficacia del 15% in meno rispetto al griffato: vuol dire che potrebbe "funzionare" il 10% in meno e andrebbe bene.
Nella pratica quotidiana ci si scontra spesso con pazienti che segnalano variazioni di PA dopo cambio di antipertensivo ad esempio. Oppure, come è capitato, ci sono segnali che destano più preoccupazione. Le faccio un esempio: http://www.corriere.it/salute/neuroscienze/12_ottobre_03/epilessia-farmaci-generici-polemica_5c304050-0d6a-11e2-93be-2a3b0933ba70.shtml (interessante anche questo articolo http://www.bresciaoggi.it/stories/dalla_home/418287_farmaci_antiepilettici_tocca_ai_generici/ )
Per concludere l'argomento, segnalo poi che alcuni equivalenti non hanno le stesse indicazioni terapeutiche in RCP (esempio: se un antipertensivo presenta l'indicazione per riduzione di mortalità e morbilità cardiovascolare, scopro che alcuni generici presentano questa indicazione, ma altri no.

ultimo punto:
Non è vero che i farmaci equivalenti non hanno successo in Italia, io stesso ne vendo continuamente, e il dato che fornisce il Ministero lo conferma (sinceramente non capisco perché in tv o nei giornali si dica sempre il contrario, tanto che è opinione comune che i generici non vendano quando invece così non è):
http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato8784452.jpg

Detto csò, è assoluto dovere e diritto del paziente essere messo al corrente della possibilità di avere un'alternativa meno costosa, di modo che possa scegliere in accordo col proprio medico, il farmaco che sia la miglior cordiali terapia per la sua patologia. La corretta informazione sempre e comunque.

saluti
Paolo

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Caro sig. Paolo,
la ringrazio innanzitutto di aver impiegato parte del suo tempo per leggere il mio articolo e per lasciare questo commento che contiene delle precisazioni utili per fornire un'informazione completa e doverose, visto che, essendo io uno studente, non posso avere la stessa esperienza di chi esercita la professione da molti anni ed è tutti i giorni a contatto con i pazienti e con le problematiche del caso. Come ho spiegato al sig. Franco precedentemente è impossibile esaurire un argomento così complesso in poche righe e cercando di strutturare l'articolo per rendere le materia più comprensibile. Tuttavia credo che lei abbia largamente confermato ciò che ho scritto, che risulta essere in linea generale veritiero.
Sulla precisazione di carattere economico non posso aggiungere niente di più: non ho le competenze e nemmeno l'esperienza per confrontarmi con lei su questo campo, ma la ringrazio per il suo contributo specialistico, perché consente al mio blog di raggiungere una corretta informazione.
Sulla possibile modificazione dell'efficacia del principio attivo da parte degli eccipienti ho io stesso precisato quello che lei ha scritto, pur senza coinvolgere le percentuali, poiché ritenevo complicasse eccessivamente il periodo: "Ecco allora che si rendono necessari i cosiddetti studi di verifica della biodisponibilità […] Solo se la biodisponibilità del farmaco generico è simile a quella del farmaco brevettato allora ne è possibile la commercializzazione.".
Certamente l'argomento meriterebbe di essere ampiamente approfondito, ma concorderà con me che da qualche parte bisogna pur cominciare: ecco che ho voluto per lo meno spiegare in parole semplici cosa sia un farmaco generico.
Concludendo non posso che ringraziarla di cuore delle sue precisazioni, che mi stimolano ad approfondire l'argomento e ad imparare da chi, come lei, è disposto a mettere a disposizione della comunità le sue competenze e la sua onestà intellettuale. La invito a seguire i miei post successivi e ad intervenire ogni volta che lo riterrà opportuno.
Un caro saluto.
Enrico

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io stesso, quando di generici si parlava poco, ho studiato in termini di Principio Attivo, e non di marchio di farmaco. Questo perché ovviamente è lui che fa la parte grossa del lavoro. Ma le assicuro che esistono antibiotici che una volta messi in acqua non si sciolgono e rimangono sul bicchiere. A causa degli eccipienti sbagliati. Questo vuol dire perdersi il farmaco "per strada".
Volevo puntualizzare perché rileggendo ho visto che ha scritto che all'Università non studiate in base al nome del farmaco.

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