"Meglio ritornare a scuola dopo i vaccini"
Gruppi di docenti delle superiori contrari a un rientro il 7 gennaio: il 50% non sarà calcolato per classe e l'affollamento permetterà al virus di continuare a diffondersi
TREVISO - Francesca con alcuni colleghi delle superiori della Marca, nei mesi in cui sono stati…“didatticamente distanti”, si sono parlati, confrontati, incoraggiati anche fondando un gruppo. Tra una settimana rientreranno finalmente in classe.
Conto alla rovescia per il grande rientro: contenta?
Si profila un ritorno in presenza del 50% degli studenti, ma la situazione è tutt’altro che rassicurante.
Ma il 50% non dovrebbe garantire classi dimezzate e un minor assembramento nelle aule?
In realtà no. In alcuni istituti superiori non si prevede di dimezzare gli alunni per classe, ma di dimezzare le classi, che dovrebbero turnarsi tra scuola e casa: più semplice dal punto di vista organizzativo, dicono i dirigenti. Anche alcuni colleghi lo preferiscono, perché così evitano di gestire metà classe in presenza e metà a casa.
E non va bene invece?
Le classi piene aumentano il pericolo di contagio, che in questo momento è il problema principale. Classi con metà alunni, invece, oltre ad alleviare il cronico sovraffollamento delle aule, consentirebbero un controllo migliore durante gli intervalli, durante i quali, notoriamente, gli studenti tendono ad ammassarsi.
Magari verranno adottate misure suppletive per proteggere insegnanti e alunni
Noi speriamo nei vaccini: tutto il mondo della scuola dovrebbe vaccinarsi, in particolare le superiori. La campagna vaccinale dovrebbe essere resa obbligatoria per tutto il personale scolastico e per gli studenti al di sopra dei 14 anni, subito dopo il personale sanitario. Si dovrebbero prima vaccinare le persone e poi consentire il loro ritorno a scuola, altrimenti si rischia una nuova impennata del contagio nel giro di poche settimane.
Quindi il ritorno a scuola andrebbe rimandato a dopo i vaccini?
A nostro avviso sì: è una questione di sicurezza pubblica e anche di ripresa economica. Prima immunizziamo la popolazione scolastica, prima possiamo ritornare a scuola in sicurezza e consentire la ripresa di molte attività.
Ma la didattica intanto continuerebbe a distanza? Non è urgente porre fine alla didattica a distanza?
Sì, certamente, ma prima viene la sicurezza, poi la didattica. La Didattica digitale integrata lascia aperte molte problematiche, ma se manca la salute non si fa niente.
A proposito di Didattica digitale integrata, qual è il bilancio degli ultimi mesi di scuola con questa modalità?
È una modalità alquanto problematica, sia per gli studenti che per i docenti, innanzitutto per la scarsa qualità delle connessioni, sia delle scuole che delle famiglie. La maggior parte degli istituti superiori del Veneto ha obbligato gli insegnanti a lavorare da scuola, anche nella totale assenza delle classi, ma in molti casi la qualità di rete è stata pessima, impedendo letteralmente di far lezione.
Ma il Dpcm non consentiva di lavorare da casa, quando la scuola non potesse garantire il collegamento dall’istituto?
Non è stato così nel Veneto: indicazioni del dirigente regionale hanno indotto i dirigenti a far venire ogni insegnante sul posto di lavoro, anche se questo ha significato in molti casi azzerarne le lezioni, a causa del cattivo segnale. Solo alcuni dirigenti hanno consentito ad alcuni docenti di lavorare da casa.