26 novembre 2024
Categoria: Persone - Tags: sessismo, omofobia, web, Laura Boldrini, Selvaggia Lucarelli, Vittorio Lingiardi
Valentina Piovesan | commenti |
In questi giorni Laura Boldrini, Presidente della Camera, ha finalmente reso nota la sua intenzione di denunciare gli utenti colpevoli di tormentarla con commenti sessisti, alcuni dei quali sono stati citati nel post da lei pubblicato il 14 agosto sulla sua pagina Facebook: “[…] Io la tua presidente della camera la farei inculare dai suoi amici clandestini che protegge tanto”; “Le puttane non si vergognano perché non hanno famiglia ma soldi…..boldrini se ci fosse una rivoluzione saresti la prima a crepare……grandissima puttana”; “Spero che tutti sti immigrati ti si violentano a gruppi e poi ti buttino dentro l’acido zoccola apparte ti piacerà anche chissà quanti ne hai ogni sera a fatti sfondare il culo troia”.
Ebbene, è giunta l’ora che questi criminali da tastiera comincino a pagare le conseguenze delle loro nefandezze on-line, perché il Web dev’essere considerato un luogo reale, non una zona franca in cui esternare senza freni ferocia, frustrazione e inciviltà.
Facebook è il primo ricettacolo della violenza virtuale: su questo social network esistono pagine e gruppi chiusi dediti al criminoso intento di veicolare sessismo e misoginia, una su tutte l’ignobile pagina “Sesso Droga e Pastorizia”, che nonostante le ripetute segnalazioni della blogger Selvaggia Lucarelli (presa di mira dalla pagina nel 2016) e le temporanee chiusure, fa ancora bella mostra di sé, si fa per dire, sul social network di Mark Zuckerberg.
In questi giorni la Lucarelli ha pubblicato su Facebook un lungo post in cui esprime solidarietà nei confronti di Laura Boldrini e in cui sottolinea la sua fermezza nel proseguire la sua campagna di sensibilizzazione contro il sessismo in rete. “E allora tu, che hai pubblicato il video di Belen?” è una delle classiche risposte indirizzate alla Lucarelli, come se una marea di “E allora tu…?” fosse sufficiente a giustificare il mare di merda riversato sulle donne, visibile a tutti.
L’odio nei confronti di esse è trasversale: non ha età e non ha sesso (anche gli esseri femminili hanno il “puttana” facile nei confronti delle altre).
Perché una donna non può essere semplicemente incompetente, antipatica, inetta, spocchiosa, come nel caso di un maschio. Automaticamente per insultarla si ricorre a termini come “troia”, “puttana”, “zoccola”, “frigida”, “lesbica” (perché sessismo e omofobia vanno a braccetto) e a tutto un orrendo frasario volto prima di tutto a umiliare la donna in quanto tale, in quanto provvista di vagina.
“Tu sei prima di tutto una vagina, non sei dotata di cervello, non hai sentimenti e pensieri” ecco il messaggio nemmeno tanto subliminale trasmesso da certe odiose espressioni. Naturalmente i Neanderthal da tastiera non si rendono conto del grado di inciviltà del turpiloquio sessista e utilizzano la volgarità nei confronti delle donne come un comune intercalare.
Nessuna di noi è stata immune, nell’arco della sua vita, da commenti di natura sessista. Anche io, nel mio piccolo orticello da blogger, devo fare i conti con gli ignobili commenti di certi utenti, rigorosamente anonimi, convinti che l’attacco sotto la cintura sia il più efficace, che sottolineare sempre e comunque con volgarità il fatto che tu sia una donna sia tollerabile (riassunto dei commenti sessisti che mi sono stati indirizzati: ti manca qualcosa… so io di cosa si tratta. E apro una parentesi nella parentesi: fortunatamente sono innamorata e ricambiata, ma anche se mi mancasse il partner non sarebbe certo un elemento che ha a che vedere con la mia libertà d’espressione e pensiero perché una donna è libera di manifestare le proprie idee come vuole sia in coppia che da single).
La cosa più grave è che queste nefandezze vengono messe nero su bianco, che questi personaggi hanno tutto il tempo di pensare un insulto sessista e riprodurlo su un supporto materiale, quindi a dispetto di chi li difende bisogna diffidare sempre e comunque di questi individui che hanno tutto il tempo di riflettere su quello che fanno ma comunque portano a termine i propri squallidi disegni.
Eh già, perché i maschi anonimi, tendono sempre a fare comunella: “Ma cosa vuoi che sia”, “Si tratta solo di un commento”, “In fondo è un bravo ragazzo”. No, non ci sono attenuanti: non siate complici di questi comportamenti abietti.
E ora mi rivolgo a voi, donne e giovani donne che mi state leggendo: non cascateci, mi raccomando. Se avete amici, fidanzati, padri, fratelli, cognati ma anche amiche, fidanzate, madri, sorelle, cognate che si esprimono così, fate sentire il vostro sdegno (se si tratta di un fidanzato o di un amico filate via finché potete e lasciatelo al suo destino di troglodita), perché chi si esprime così per iscritto tenderà a farlo anche nella vita reale e voi non potete, non dovete diventare vittime di questa barbarie.
Imparate a decodificare i segnali, anche quelli più deboli, prima che sia troppo tardi.
Meglio un fidanzato o un amico in meno che un misogino tra i piedi in più. Nessuno ha il diritto di giudicarvi in quanto donne e non ci sono giustificazioni che tengano: che si tratti di sessualità, di politica, di gossip, di cronaca, di ambientalismo, nessuno può darvi della “puttana” per le vostre idee.
Non permettetelo e se vi capita on-line agite con tutti i mezzi a vostra disposizione: segnalate, bannate, reagite. E se si tratta di una situazione grave, come nel caso di Laura Boldrini, denunciate senza esitazioni e ripensamenti. Forse non servirà a niente nel mare magnum dello schifo che fagocita se stesso e lo vomita di continuo sul Web, ma sarà prezioso per la vostra autostima.
Ricordatevi che da queste azioni, apparentemente banali, dipendono anche le generazioni del futuro: non dovete permettere che i vostri figli, se mai ne avrete, perpetuino questo scempio ancora e ancora e ancora, quindi cominciate già da ora ad agire come donne e/o madri di domani: ribellatevi.
Nel 2016 Vox, l’Osservatorio sui diritti, assieme alle Università di Milano, Bari e La Sapienza di Roma, ha analizzato, tra agosto 2015 e febbraio 2016, oltre 2,6 milioni di tweet riferiti alle categorie più bersagliate dai messaggi offensivi: donne, omosessuali, ebrei, immigrati e diversamente abili, prendendo in considerazione 76 termini rappresentativi come “troia”, “zoccola”, “frocio”, “rabbino”, “demente” o “ritardato”.
Da questo lavoro di ricerca sono nate delle mappe dalle quali emerge che il principale bersaglio dell’odio via Web sono le donne, col 63% dei tweet negativi analizzati, seguite dagli omosessuali, col 10,8%. Misoginia e omofobia sono in testa "Perché quando sono in gioco il genere e la sessualità l’odio può diventare la proiezione deformata ed eccitata di propri desideri e paure”, ha spiegato al Fatto Quotidiano Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoanalista, professore ordinario a La Sapienza di Roma.
“Un modo, tra l’altro, di ‘rimettere le cose al proprio posto’, quando si è spaventati da mutamenti e trasformazioni sociali e psicologiche che mettono in crisi le antiche certezze binarie maschio/femmina, attivo/passivo, forte/debole, autonomo/dipendente”.
“L’odio è sempre figlio di un disturbo o un disagio e i social network spesso funzionano come luoghi di evacuazione delle proprie scorie psichiche. Il tweet o la sparata su Facebook che credono di essere furbi o divertenti, mentre sono solo forme di distruttività e vigliaccheria virtuale, sono come difese psichiche primitive che si esprimono attaccando aspetti fondamentali dell’umanità altrui. È una forma di bullismo senza esposizione fisica. Fare i prepotenti con qualcuno percepito come debole e diverso e così sentirsi e farsi percepire dal branco come i più forti”.
Ebbene, non esiste alcun branco, esistono solo gli incivili: ribelliamoci a questa barbarie.
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