26 novembre 2024
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I rifiuti nella letteratura e nel cinema
Che cosa sono stati nella storia i rifiuti? Come li percepiamo nel nostro immaginario e li rielaboriamo attraverso i linguaggi della creatività?
E’ curioso e divertente fare un piccolo excursus nell'immagine e nell'immaginario dei rifiuti guardato attraverso gli spunti dati dal cinema e dalla letteratura.
L’interesse del cinema nei confronti del tema della spazzatura e delle tematiche con messaggi etici e ambientali sembra rinnovarsi in continuazione e abbraccia tematiche etico-sociali molto significative, come ne è dimostrazione il recente film di animazione che ha come protagonista WALL-E, un robot-spazzino che ha il compito di ripulire la Terra dai rifiuti lasciati dall'uomo. Il protagonista del film è il robot WALL-E, unico abitante del pianeta, che a causa dell'eccessivo inquinamento e del continuo accumularsi di rifiuti costringe l'intera umanità ad abbandonarla. Il compito di WALL-E è proprio quello di ripulire la Terra, compito a cui adempie diligentemente per più di settecento anni. Stranamente, WALL-E riesce a "provare" emozioni e mentre pulisce, raccoglie e sperimenta, come spinto da un'umana curiosità, gli svariati oggetti che trova in giro. Un giorno scende dal cielo un robot ad alta tecnologia di nome EVE (o E.V.E.) che lo farà innamorare, e in nome di questo amore vivranno un'avventura che cambierà il loro destino e quello dell'umanità.
E, andando indietro di più di mezzo secolo, già Vittorio De Sica in “Miracolo a Milano” del 1951 aveva dato risalto ai netturbini e alle loro scope, rubate dai barboni per volare via a cavallo delle stesse, verso un paese tanto anelato quanto immaginario.
E ancora le immagini del film “La Nettezza Urbana” del 1948 di Michelangelo Antonioni che lasceranno un segno nella sua filmografia, introduce e precisa a ciò che il regista intende per “paesaggio”, per “ambiente”, per “atmosfera. II film osserva la vita quotidiana degli spazzini romani in una giornata qualsiasi, dall’alba al tramonto, colti, nei dettagli dei loro microcosmi, dalle lente panoramiche di una macchina da presa in campo medio che sembra ripetere i ritmi indolenti di questa città. La strada, la ferrovia, lo sfondo monumentale di San Pietro, sopra il perimetro di ringhiera, e poi il muretto su cui riposano e il panorama della città visto per tre quarti dal loro punto di vista ‘orizzontale’.
E ancora molto significativo il messaggio del terzo episodio del film Capriccio all’italiana “ Che cosa sono le nuvole?” di Pasolini del 1967. Film dove recitano Totò, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Ninetto Davoli, Laura Betti, Adriana Asti e Domenico Modugno. La storia è una rivisitazione dell'Otello, recitato da un gruppo di marionette, che sulla scena interpretano i ruoli shakespeariani ma che dietro le quinte si pongono delle domande sul perché fanno ciò che fanno. La rappresentazione è interrotta dal pubblico che, nel momento più drammatico, l'omicidio di Desdemona da parte di Otello, irrompe sulla scena e, disapprovando i comportamenti di lui e di Jago, li fa a pezzi. Il monnezzaro getta cantando le due marionette in una discarica. Ma è proprio lì che abbandonate a se stesse, per la prima volta a contatto con la realtà, tra i rifiuti, la sporcizia (il mondo materiale?) faranno una importante scoperta; addolcendo il loro decesso contempleranno la perfezione e la bellezza delle nuvole (il mondo ideale). I due fantocci rimangono incantati a guardare le nuvole e notano la "straziante bellezza" del creato. Il cortometraggio prende il titolo proprio da questa scena finale.
Ma gli esempi cinematografici sono tantissimi, sia italiani che internazionali. Ciò che sorprende è che il tema ha suggestionato e suggestiona autori che si confrontano con tanti registri diversi: dal comico al grottesco, al drammatico, al fantasy.
Anche la letteratura esplora a fondo l’argomento, parlando di rifiuti, di discariche, di chi ci lavora, di chi ci vive anche.
Mezzo di sostentamento per i più poveri, che traevano dagli scarti dei ricchi materia prima, come si legge nel brano tratto da “Il nome della rosa” di Umberto Eco, in cui si racconta l’arrivo di Gugliemo da Baskerville, assieme al suo assistente Adso all’abbazia che è al centro del romanzo. La descrizione del deposito dello strame è qui una efficace metafora per mettere in evidenza le differenze di status tra il mondo dei puri - dediti (apparentemente) alla preghiera e alla vita dello spirito, che si liberavano delle proprie scorie allontanandole attraverso una scarpata, da cui gli impuri, i villani che stavano in basso potevano trarre beneficio per rendere fertili con queste i propri campi.
O ancora Goethe nella sua opera “Viaggio in Italia” che ammirava il riciclaggio dei rifiuti a Napoli.
I rifiuti come elemento di separazione tra ceti sociali con l’avvento dell’era industriale: “marchio indelebile” della condizione operaia, che traspare dalle pagine di Engel ne “la situazione della classe operaia in Inghilterra”. Specchio della società che li produce ne “ I miserabili” di Victor Hugo e nei romanzi di Dickens.
Parlando anche del rapporto quotidiano che abbiamo con la nostra spazzatura, che talvolta diventa quasi rito, come ne “La poubelle agréée” (la spazzarura gradita) di Italo Calvino. Delle faccende domestiche, l'unica che io disimpegni con qualche competenza e soddisfazione è quella di mettere fuori l'immondizia. L'operazione si divide in varie fasi: prelievo della pattumiera di cucina e suo svuotamento nel recipiente più grande che sta nel garage, poi trasporto del detto recipiente sul marciapiede fuori della porta di casa, dove verrà raccolto dagli spazzini e vuotato a sua volta nel loro autocarro. L’autore articola la propria percezione di un rituale, quello appunto dello svuotamento del secchio dell’immondizia, che sta tra il personale liberarsi dei propri rifiuti e il rapporto che ognuno di noi ha con la macchina pubblica.
Nelle pagine di Charles Baudelaire, per il quale il cenciaiolo come il poeta, ha nel cuore il sogno di un mondo diverso.
Ne “Le Meteore” di Michel Tournier che, con le parole del protagonista “dandy dei rifiuti” interpreta la condizione umana attraverso la gestione di una azienda di smaltimento dei rifiuti. In “Vergogna” di Joseph Michael Coetzee, dove si racconta della caduta sociale del protagonista da docente universitario a addetto al trasporto di animali morti all´inceneritore; da Samuel Beckett e il suo “Finale di partita”, pièce teatrale i cui protagonisti sono uomini-spazzatura che, attraverso “…un processo di progressiva sottrazione della realtà delle cose…giungeranno…all´annullamento totale, al finale di partita…” . O ancora nelle “Fiabe dalle colline dei Rifiuti” dell’autrice turca Tekin Latife. Ai margini di una metropoli che sta da secoli sul confine fra l'Asia e l'Europa, in uno spazio-tempo che non è ancora quello urbano e non è più quello rurale, sorge improvvisa e clandestina una comunità di baraccati. Gente povera e dai destini incerti, si aggrega via via attirata dal miraggio di una nuova esistenza, ma per sopravvivere può sfruttare soltanto la massa di rifiuti, rottami e spazzatura che si accumula al margine della grande città. L'unico rifugio, l'unica promessa di permanenza e di memoria individuale e collettiva sta nel potere delle parole che qui divengono fiabe.
Da questi racconti realistici del quotidiano si passa a storie surreali di rara delicatezza: da leggere senza dubbio “La bambina spazzatura”, tratto da “Morte malinconica del bambino ostrica” di Tim Burton.
Di recente stesura il libro “La parola ai rifiuti” di Guido Viale; un ‘antologia il cui sottotitolo è infatti “Letture al di là delle merci”, in cui i rifiuti sono i protagonisti di pagine di letteratura, attorno ai quali spesso si dipanano le storie. Storie legate a tempi e luoghi assai diversi tra loro, scritte da autori anche distanti tra loro non solo temporalmente o geograficamente, ma per appartenenza culturale, per stile, e comunque mai avvezzi a parlare del tema rifiuto in quanto tale. Il rifiuto è infatti in questi brani, raccolti in maniera antologica con un preciso filo conduttore, in certi casi protagonista, in altri sullo sfondo, ora pretesto per raccontare una storia o metafora per alludere ad altro. Una carrellata da cui si evidenzia in maniera esemplare come da sempre i rifiuti abbiano rappresentato lo “specchio” della società, della sua evoluzione, del suo cambiamento.
Questo variegato viaggio tocca anche il mondo della musica ed in particolare dei video. “Stop me” dei Planet Funk è interamente girato a Guiyu in Cina, il maggior centro di rifiuti elettronici al mondo, con un robot che si aggira tra montagne di rifiuti alla ricerca di parti che possano essere riutilizzati su se stesso e garantirgli la sua stessa sopravvivenza.
Ma sono davvero tanti gli autori, i registi e i creativi che utilizzano il concetto di rifiuto, quale chiave di lettura della società, essendo i rifiuti parte indissolubile del nostro vivere quotidiano.
I rifiuti sono un po´ la verità delle merci, la loro natura messa a nudo, una volta sollevato il velo della loro immagine esteriore…improvvisamente, un oggetto che diventa rifiuto, da pulito diventa sporco; da utile diventa inutile; aveva un prezzo e ora non vale più niente; infine l´abbiamo portato in casa nostra e ora lo vogliamo allontanare…ciò che rende sporchi i rifiuti, per cui li chiamiamo immondizia, che vuol dire appunto cosa immonda, impura, è la contaminazione reciproca…basterebbe non mischiare tra loro tutti questi scarti…e il problema nemmeno si porrebbe…immense quantità di materiali che potrebbero trovare un adeguato utilizzo in nuovi processi produttivi senza saccheggiare le risorse dell´ambiente naturale vengono bruciate o sotterrate senza alcun vantaggio in termini di benessere sociale, ma con molti inconvenienti in termini di degrado ambientale.
Il rifiuto si è connotato di molti significati nel corso della storia dell’uomo; ha indicato una condizione sociale, uno status; è stato metafora di morte, di degrado, ma anche di rinascita. E’ stato argomento e spunto di molte opere letterarie e cinematografiche prendendo connotazioni diverse a seconda della corrente artistica alla quale apparteneva l’autore ; realismo, neorealismo, surrealismo, neogotico, futurista e molto ancora. Storie e racconti che ci permettono di fare un’analisi antropologica e sociologica del mondo a cui appartengono. Le storie dei nostri giorni che hanno come sfondo i rifiuti, gli scarti; sono storie ai margini della società ma sono storie che spesso connotano le persone di grande umanità e quegli oggetti che proprio perché rifiuti sono cose morte tornano a vivere di una nuova vita. Spesso una nuova vita che vive una sorta di ossimoro, di contrasto; il rifiuto diventa cosa viva emotiva ne è un chiaro esempio Eve, ma anche le marionette di Che cosa sono le nuvole. In questo momento storico l’immondizia è vista come tema di sensibilità ambientale e anche nell'arte viene abbracciata la filosofia etico politica del riuso, del riciclo e della salute del pianeta.
Alberta Bellussi
L'ambiente in cui viviamo non è di nostra proprietà Ci è stato"" prestato ""dai nostri padri affinché lo consegniamo migliorato ai nostri figli
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francescocecchini
09/09/2014 - 18:05
Romanzi e rifiuti.
Romanzi e rifiuti. Tema interessante per un saggio letterario.
Ricordo che nella Trilogia di New York, più precisamente nel primo romanzo, La citta' di vetro il protagonista ha un rapporto ossessivo / ossessionante con i rifiuti che trova nella metropoli. Raccoglie di tutto.
Anche De Lillo in Unerworld parla di rifiuti.
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barisan.marzia
10/09/2014 - 8:38
Che paradosso interesssante;
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