Il nodo gordiano di Casa Bidoli
A oltre trent'anni dall'acquisto, lo stabile di proprietà di Casa Fenzi è ancora in larga parte inutilizzato.
| Fabio Zanchetta |
CONEGLIANO - Pur essendo un edificio defilato rispetto ad altre celebri opere incompiute del coneglianese, Casa Bidoli e la sua lunga vicenda tornano periodicamente all'attenzione della città: a oltre tre decenni dall'acquisto da parte di Casa Fenzi, dello stabile risultano utilizzati solo due piani su sei. I restanti quattro rimangono vuoti nell'attesa di una soluzione, che però deve fare i conti con la crisi delle case di riposo nell'era post-covid, la matassa burocratica e la realtà territoriale.
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Era il lontano 1990 quando le strade della casa di riposo e della futura Casa Bidoli si incrociarono: l'edificio fu acquistato all'asta fallimentare dell'immobiliare Fregolent nell'ottica di un futuro ampliamento dei servizi di Casa Fenzi. L'opportunità di entrare in possesso di una proprietà adiacente a quella della casa di riposo era irrinunciabile, ma ad essere acquistata fu poco più della struttura di un edificio: una situazione onerosa che necessitava di un'importante opera di ristrutturazione e di adeguamento alle norme di sicurezza.
Oltre a impegnarsi in un leasing che tutt'ora pesa sulle sue finanze, per completare l'opera Casa Fenzi utilizzò un contributo regionale di seicentocinquantamila euro con vincolo di destinazione d'uso, che ha legato permanentemente l'edificio all'utilizzo come struttura di accoglienza per disabili. Nel giugno del 2013, in piena amministrazione Zambon, l'inaugurazione della palazzina, consegnata ad uno stato di grezzo avanzato: ovvero con strutture portanti e muri interni, scale, vani per gli ascensori. Proprio in quell'occasione si decise l'intitolazione a Guido Bidoli, il benefattore che nel 1968 donò la sua eredità a Casa Fenzi, permettendo l'ampliamento che l'ha resa la struttura che conosciamo oggi.
Con l'ospedale civile a due passi e il vincolo di destinazione che ne tracciava un percorso ben definito, Casa Bidoli apparve a molti come un tassello determinante per la realizzazione della cittadella socio-assistenziale, anche questo un progetto rimasto per molto tempo nell'aria a Conegliano ma mai realizzato. A farsi strada furono sostanzialmente due obiettivi tra loro complementari: da una parte il trasferimento nell'edificio del Centro diurno (Ceod) gestito dall'Ulss, dall'altra l'avvio di un nuovo e innovativo progetto ispirato alla legge Dopo di Noi del 2016.
Quest'ultimo, fortemente sostenuto dall'ex direttore di Casa Fenzi Giovanni Salemi, prevedeva la creazione di alloggi per disabili adulti e per i loro genitori anziani, qualora in condizioni di fragilità, da utilizzare permanentemente, con le famiglie che avrebbero potuto acquistarne la proprietà, o temporaneamente per progetti assistenziali e riabilitativi.
Nonostante l'interesse che sembrava aver suscitato e le esperienze analoghe avviate in tutta la Sinistra Piave, a Conegliano il progetto del Dopo di noi è rimasto sulla carta, e di fatto si è proceduto solamente al trasferimento del Ceod, ultimato nel corso del 2020.
Si arriva così al presente, con un contratto di locazione stipulato con l'Ulss per l'utilizzo di due piani di Casa Bidoli che frutta più o meno quarantamila euro annui a Casa Fenzi, un aiuto importante per continuare a pagare il leasing, soprattutto dopo che lo tsunami del Covid si è abbattuto sulla realtà delle case di riposo, cambiandone definitivamente le prospettive.
Tra la pandemia e la nuova mazzata del caro bollette, è arrivato anche il famoso Piano nazionale di Riprese e Resilienza (Pnrr), che ha lasciato fuori dagli stanziamenti le case di riposo ma ha previsto invece investimenti per progetti di promozione dell'autonomia delle persone disabili. Il dibattito sul futuro di Casa Bidoli si è spostato così su un terreno più politico, con il Partito Democratico che recentemente ha lamentato il mancato utilizzo del Pnrr per riprendere il discorso del “Dopo di noi” nella struttura di Casa Fenzi.
I vertici dell'istituto di assistenza, in particolare il direttore Piero De Faveri e il vicepresidente Salvatore Minardo, dal canto loro spiegano che l'attuale situazione va contestualizzata: colpite duramente dalla pandemia ed escluse dal Pnrr, per le case di riposo non sono certo tempi per impegnarsi in nuovi progetti per cui non ci sono coperture.
La vicenda di Casa Bidoli è poi particolarmente complessa, visto che si tratta di uno stabile vincolato a una destinazione d'uso la cui materia è di competenza di comuni e Ulss, non di una casa di riposo.
C'è poi una questione forse poco considerata nel dibattito cittadino sui servizi di assistenza alla disabilità, ovvero come questi non siano altro che la risposta della comunità a un'esigenza espressa in primo luogo dalle famiglie.
A spiegare questo aspetto è Renata Da Re, presidente della Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale (Anffas) Sinistra Piave: “Nel nostro territorio si sono registrate esperienze innovative legate al Dopo di Noi, a Vazzola, Soligo, Vittorio Veneto, Ponte della Priula e Orsago. Quest'ultima rappresenta un'eccezione perché si tratta di una comunità voluta direttamente dal comune, ma negli altri casi si tratta sempre di iniziative spontanee partite dalle famiglie”.
Un punto di vista che mette sotto una luce diversa la questione dei servizi di assistenza ai disabili in città, e di riflesso la complessa vicenda di Casa Bigoli. “Al momento l'area del coneglianese non mostra vitalità in questo senso – prosegue Renata Da Re – quindi manca la spinta registrata altrove. Quello che potrebbe fare il comune è una campagna di sensibilizzazione sulle possibilità del Dopo di Noi, e in seguito un sondaggio sulle esigenze espresse dalle famiglie alla luce di una maggiore consapevolezza in quella direzione”.
La vicenda rimane comunque una questione aperta, in attesa che finalmente spunti la giusta opportunità per questa struttura in cerca di uno scopo: secondo una voce dell'ultima ora una possibile via d'uscita dall'impasse potrebbe essere il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) 2021-27, nel quale l'area di Conegliano e Vittorio è stata individuata come potenziale area di sviluppo urbano sostenibile. L'inclusività sociale, tra i punti chiave dell'idea di “sostenibilità” promossa dal fondo, potrebbe essere quella risposta all'enigma di Casa Bidoli che in tanti hanno cercato per decenni.