PROCESSO MOREIRA: IL SENSO DI COLPA DI SIMONE
Di fronte allo psichiatra la brasiliana ha mostrato rimorso per aver perso la figlia
| Milvana Citter |
TREVISO – La causa della morte di Giuliana. Questo è stato il fulcro della settima udienza del processo a carico di Simone Moreira, la 24enne brasiliana accusata di aver ucciso la figlioletta di due anni e mezzo. Secondo l’accusa per annegamento. Secondo la difesa invece la piccola sarebbe stata stroncata da un arresto cardiaco per morte in acqua. Ed è guerra fra periti.
«AUTOPSIA AL BUIO»
Scontro tra accusa e difesa sulla causa della morte della piccola Giuliana. Una differenza che, secondo l’avvocato della difesa Antonio Forza, sarebbe molto importante e non sarebbe stata individuata dall’esame autoptico perché ai periti che l’hanno eseguito non era stata consegnata la documentazione dei medici del pronto soccorso che hanno tentato di rianimare la piccola.
L’avvocato parla di «autopsia al buio», eseguita senza conoscere la temperatura interna del corpicino della piccola (ma solo quella timpanica che ha uno scarto di un grado) e i risultati dell’emogas. Elementi fondamentali secondo Angelo Ferri, medico legale e consulente della difesa: «Gli esami del sangue di Giuliana indicavano valori normali, se la bambina fosse morta per annegamento emoglobina e ematocrito sarebbero stati diversi perché diluiti. Se teniamo conto dell’ossimetria qualsiasi anatompatologo, avrebbe difficoltà a dire che è morta per annegamento».
Secondo il perito a stroncare Giuliana sarebbe stato invece uno shock cardiaco da morte in acqua: «Una morte istantanea per arresto cardiaco provocato da un insieme di fattori quali il freddo e la paura del buio e dell’acqua». Una teoria determinante secondo la difesa perché, trattandosi di morte immediata, sposterebbe l’orario di ingresso in acqua di Giuliana. Una teoria che però ha mostrato anche molte falle a cominciare dalla presenza rilevata dall’autopsia di un enfisema polmonare che, in caso di morte in acqua non è presente, e del «fungo schiumoso» tipico dell’annegamento che molti testi, dai medici ai vigili del fuoco che hanno soccorso la piccola, hanno detto di aver rilevato.
Secondo la difesa, l’errore di valutazione sulla cause della morte avrebbe prodotto anche errate procedure di rianimazione. L’avvocato Forza, esaminando Elisabetta Grisenti, primario del pronto soccorso, ha citato un protocollo del Suem dell’Usl 9, che in caso di pazienti ipotermici incoscienti prevede l’immediato trasferimento in un reparto di cardiochirurgia per l’esecuzione della circolazione extracorporea. Invece, come ha dichiarato in aula la dottoressa Grisenti la chiamata alla cardiochirurgia di Treviso e Padova è stata fatta solo dopo 2 ore e mezza di tentativi di rianimazione dopo che Giuliana era arrivata con una temperatura di 24.9 gradi, in arresto cardiocircolatorio, in assenza di polso e con pupilla fissa, sintomo di morte cerebrale. «Abbiamo seguito linee guida internazionali – ha spiegato il medico -, e quando è stato il momento abbiamo chiamato i cardiochirurghi che ci hanno però detto che sarebbe stato tutto inutile».
IL SENSO DI COLPA DI SIMONE
In mattinata era stato sentito anche Andrea Silvestrin (in foto sotto) psichiatra in servizio presso l’ospedale di Oderzo, che ha visitato Simone Moreira il 3 e il 4 settembre. Il primo contatto è avvenuto poche ore dopo che le era stata comunicata la morte della figlia, quando si temeva potesse farsi del male.
“La signora – ha spiegato Silvestrin -, piangeva ed accennava a qualche colpa per aver perso di vista la figlia. Ho comunque rilevato che non c’erano evidenze di istinti suicidi nella donna ma solo il dolore per la perdita della figlia”. Ben diverse le sue condizioni il giorno dopo quando la brasiliana si è presentata insieme all’amica Aline in uno stato di forte prostrazione, con sindromi da svenimento per disidratazione che hanno indotto i medici a ricoverarla in day hospital. Un cambiamento repentino che ha sorpreso gli stessi medici: “Effettivamente queste reazioni hanno meravigliato anche me e il collega, un’evoluzione non consueta dell’elaborazione del lutto”.
SIMONE E IL TENTATIVO DI SUICIDIO
Il medico ha escluso che la Moreira avesse istinti suicidi, eppure questa è stata da subito la preoccupazione del personale di custodia del carcere Baldenich di Belluno quando Simone è stata arrestata il 5 settembre. “E’ arrivata sorretta da un militare – ha spiegato Nunzio Avallone, sovrintendente del carcere -, in condizioni tali che non ho potuto prenderle le impronte digitali e immatricolarla. Ha farfugliato che aveva preso due boccette di tranquillanti e per questo ho richiesto subito che fosse visitata dal medico di guardia ed abbiamo deciso di sistemarla in una cella con altre detenute che potessero controllarla”.
SIMONE MADRE POCO RESPONSABILE
Tra i testi che ieri hanno risposto alle domande di accuse e difesa, anche Alessandro Bergamo, vicino di casa di Michele Favero che ha raccontato di come la 24enne brasiliana fosse una madre distratta e poco responsabile: “Quando riportava la piccola al padre era sempre al telefono, anche mentre guidava. Una sera è scesa dall’auto, ha fatto scendere la figlia ed è rientrata nell’abitacolo continuando a parlare e lasciando la piccola sul marciapiede ad un passo dalla strada provinciale. Io e mia moglie ci siamo spaventati e sono corso in strada, fortunatamente il padre era già arrivato a prendersela”.
Una mamma distratta, che si curava poco dell’incolumità della figlia: “La lasciava da sola al buio nonostante la piccola ne fosse terrorizzata. Vicino al bar del padre di sono infatti dei vicoli scuri e lei si rifiutava di andarci da sola. Correva ovunque ma solo se c’era accanto a lei il suo papà”.
La prossima udienza del processo è fissata per il 15 febbraio.