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18 aprile 2024

La resilienza...

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Alberta Bellussi | commenti |

rinascita

La resilienza…

Spread, selfie, brexit, resilienza, assertività: parole mai sentite prima che da un momento all’altro diventano quotidianità. Le usiamo, spesso, senza conoscerne il loro significato.

Resilienza la si trova descritta sui post di facebook, sulle magliette e nei discorsi della gente. E’ un’idea che da positività e trasmette energia; voglia di riscatto dalla sonnolenza ideologica e d’azione nella quale siamo precipitati.

L’interesse verso alcuni comportamenti presenti in natura, ci porta a cercare il significato di resilienza;  parola rubata all’ambito fisico ed utilizzata per descrivere le caratteristiche di molti sistemi (ambientali, culturali, psicologici) con accezioni che, oscillando, vanno dalla “resistenza che un individuo oppone al cambiamento esterno” alla “velocità con cui una comunità ritorna al suo stato iniziale”.

Resilienza, la nuova frontiera delle discipline ambientali, è un termine già usato nella scienza dei materiali, in psicologia, in biologia, in informatica. La resilienza è la capacità di resistere, adattarsi e riprendersi da un evento traumatico. È un cambiamento adattativo, non è una condizione statica, e può essere allenata e migliorata.

L’evoluzione dell’uomo è avvenuto, anche, grazie alla resilienza.

In ecologia, il termine sta suscitando un interesse in crescita esponenziale, rispetto alla sua declinazione ecologica-ambientale. Si comincia a parlare di resilienza in città. Cosa vuol dire?

 

In genere i luoghi antropizzati costruiti dall’uomo hanno una capacità molto ridotta sia di resistere agli shock ambientali (alluvioni, trombe d’aria, uragani, ecc) . Significa che hanno una bassa, scarsa o addirittura nulla resilienza. Invece la maggior parte degli ambienti naturali hanno un’alta resilienza: gli alberi resistono a valanghe, alla siccità;  le piante rinascono;  gli animali ripopolano la zona: la vita si rigenera anche dopo le catastrofi.

Ma le città, intese simili ad ecosistemi pulsate da uomini, materia ed informazione, sono chiamate, oggi, ad elaborare strategie per migliorare la condizione della nostra vita anche di fronte agli eventi traumatici sempre più frequenti.

Forse per  fare andar meglio le cose non basta ricrearsi la propria comunità che funziona in un posto bellissimo dove tutto e tutti ci sono conformi. La nostra vita, nell’enorme complessità ambientale e culturale in cui e nata e che le è propria, ha la necessità di trovare i suoi nuovi modelli in quella stessa eterogenea complessità (origine e panacea dei suoi stessi mali), e di coinvolgere e confrontarsi con tutti nella ricerca delle condizioni migliori per la nostra esistenza.

Lo so, è destabilizzante. È come se non potessimo decidere solo per noi stessi. Come se la nostra vita non ci appartenesse del tutto, o per meglio dire ci appartenesse in misura proporzionale a quanto nella nostra vita, facciamo giocare gli interessi di tutti. Più è di tutti, più è nostra.

La natura può essere molto resiliente. Siamo in un’era di cambiamenti climatici, quindi le perturbazioni sono e saranno sempre più frequenti, a causa sia di eventi naturali, sia delle attività antropiche.

Per questo gli esperti sono al lavoro per definire i modi per aumentare la resilienza degli ambienti in cui viviamo. Secondo le prime indicazioni, sarebbero favorite le città più piccole e più verdi. Gli alberi aumentano la resilienza, quindi aumentare le aree verdi e alberate in città potrebbe servire. È una buona idea studiare come aumentare la resilienza delle città. E intanto alleniamo anche la nostra nei vari ambiti della vita.

E resilienza sia.



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