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20 gennaio 2025

Italia

Al lavoro a 14 anni: la proposta del Pdl

Il ministro Sacconi propone di combattere la dispersione scolastica, autorizzando i ragazzi a mollare lo studio per andare a lavorare. Prima

| Emanuela Da Ros |

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| Emanuela Da Ros |

Al lavoro a 14 anni: la proposta del Pdl

ROMA - La scuola? Serve e non serve. Lo studio? serve a pensare. E, tutto sommato, meno si pensa, meglio è.

Oltretutto finanziare la “conoscenza” o la “competenza”, come si dice oggi, dei ragazzi costa. E, facendoci un po’ di conti in cassa, anziché investire su strumenti didattici adeguati o su spazi educativi accoglienti, sicuri e moderni, è preferibile spendere qualche miliardata per rottamare i vecchi cacciabombardieri e comprarne di nuovi. I ragazzi saranno appena alfabetizzati, ma vuoi mettere? I confini terra-aria della loro nazione saranno pressoché invalicabili. Dai nemici. Perché i nemici, in Italia, non sono l’ignoranza, la conoscenza smarrita della lingua, della letteratura, delle scienze o di quell’inglese che – non si sa perché – conoscono tutti gli studenti europei, eccetto quelli italiani; non sono la scuola da svecchiare, da promuovere, da vivacizzare, da risanare (non solo metaforicamente) dalle fondamenta al tetto: i nemici sono i cattivi che ci potrebbero attaccare con le armi e a cui, con le armi, dobbiamo rispondere.

 

Chiaro il quadro?

Per il ministro Sacconi – che a dire il vero sorregge con altre argomentazioni la sua proposta – è chiaro comunque che l’obbligo scolastico si può abbassare. Che non serve arrivare a 16 anni senza aver lavorato, che anche 15 anni sono troppi per fare apprendistato, che 14 anni (la soglia della pubertà, praticamente) sono sufficienti per cercare un lavoro e rimboccarsi le maniche.

In Commissione Lavoro al Senato, il ministro ha dunque annunciato degli emendamenti per ridurre l'età dell'obbligo scolastico, creando forme di alternanza con l'apprendistato in ambienti lavorativi. Secondo il ministro (che, di fatto, boccia le riforme Berlinguer e Fioroni, che portavano il termine di frequenza a 16 anni), la scuola italiana deve ridurre la sua distanza dal mondo del lavoro, e lo stato deve dare una risposta valida alla dispersione scolastica (il 17,6 per cento nel nostro paese) invitando gli studenti non a stare più volentieri dietro i banchi, ma concedendogli il diritto di andare prima fuori dalle palle, ehm: dalle aule.

 

Tra i 27 stati dell’unione europea, nel tristissimo fenomeno dell’abbandono scolastico l’Italia è superata solo da Malta, Spagna e Portogallo. Se gli emendamenti di Sacconi passassero il paese risalirebbe la classifica: avrebbe meno dispersione scolastica, perché avrebbe meno studenti. Lapalissiano. E, ovviamente, con tutti i posti di lavoro che il mercato offre, le schiere di 14enni obbligo-scolastico-assolto troverebbero subito occupazione. E non importa se i ragazzini penseranno per tutta la vita che Dante sia il participio presente del verbo dare, che l’ipotenusa sia una malattia venerea o che il risorgimento sia il risultato di un ritocchino di chirurgia estetica: nel loro lavoro, saranno senz’altro bravissimi. Soprattutto se lo faranno “soto paròn”. Dario Fo, negli anni Sessanta, aveva scritto “L’operaio conosce 300 parole e il padrone 1000, per questo lui è il padrone”. Secondo me, Sacconi è un fan di Dario Fo.

 



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Emanuela Da Ros

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