Biodiversità senza confini: le orticole insolite della famiglia Favaro

A Nerbon, ortaggi di stagione all’insegna della varietà

| Sara Armellin |

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NERBON - Lungo la strada vecchia che da Silea porta a San Biagio, poco lontano dalle provinciali costruite per collegare caselli e centri commerciali, si nota una lavagna a bordo strada, costantemente aggiornata con la lista degli ortaggi di stagione: fino a qui, nulla di straordinario. Siamo in zone di campagna e spesso ci si imbatte in cartelli più o meno improvvisati di agricoltori appassionati che mettono in vendita le eccedenze dell’orto.

Ma quello che rende insolita la lavagna imbonitrice è il contenuto della suddetta lista: tra i nomi degli ortaggi si leggono parole come patchoi, kale, daikon... Andare a curiosare è quindi d’obbligo! Si entra così nella azienda agricola della Famiglia Favaro. Il padre Moreno, elettrauto andato in pensione una decina di anni fa, ha sempre coltivato l’orto per i bisogni della famiglia: una volta aumentato il tempo libero, è aumentata anche la sua disponibilità a prendersi cura di sempre più gombine. Così, complice il figlio Andrea, classe 1985, fresco di studi all’agrario e impegnato anch’egli in agricoltura come operaio, Moreno ha iniziato a coltivare sempre più lembi della terra intorno alla villetta di famiglia, fino ad arrivare agli attuali 2 ettari di rigogliosi ortaggi che sfamano non solo l’intera famiglia, ma hanno permesso ad Andrea di licenziarsi per dedicarsi totalmente ad un’attivitò imprenditoriale.

A volte le aziende agricole nascono proprio così: da una passione forte, da tanta energia e dall’avere terra buona a disposizione. Perché qui la terra è sana e soleggiata, a pochi passi scorre l’acqua fresca di risorgiva del fiume Nerbon e le braccia di Andrea e papà Moreno si muovono con velocità e precisione nelle lavorazioni: semine, trapianti, estirpazioni, raccolta. Fanno tutto loro! Solamente per l’imbianchimento del radicchio si fanno aiutare, ma del resto si sa che, per arrivare al risultato finale della pregiata cicoria, le ore di lavoro manuale sono ingenti.

Accanto agli ortaggi tradizionali, papà Moreno si diletta a ricercare e trapiantare varietà insolite: in questi giorni stanno raccogliendo il Kale, detto anche cavolo riccio, crucifera dalle decantate proprietà nutrizionali; il pack choi, una brassica di origine cinese che spopola sulle tavole degli amanti del cibo fusion; e il daikon, una sorta di ravanello gigante dal sapore molto più delicato, molto ricercato e buonissimo.

Inoltre biete colorate, batate americane rosse, viole e arancioni; crucifere di varie fogge. In estate abbondano invece i pomodori delle più diverse cultivar, ben 12 nella appena trascorsa stagione; zucchine di vari colori e formati; insalate moderne come la Salanova, dal piccolo cespo riccio e dolcissima. Questa variopinta biodiversità è a disposizione dei clienti che possono trovare nel piccolo ma fornitissimo angolo di casa e di portico, gestiti dall’energica mamma Francesca, verdura freschissima e una buona selezione di vasetti di conserve, sottolio e sottaceti che i Favaro producono nel laboratorio PPL da poco ricavato dietro la bottega.

Ultime nate sono le gallette di mais, perché oltre alle orticole Andrea si è lanciato anche nella coltivazione di un paio di campi a cereali, sempre seguendo metodi agricoli tradizionali che contemplano largo utilizzo di interventi naturali, come rotazioni e sovesci, e minimizzano il ricordo ai fitofarmaci a casi di estrema necessita. Un’agricoltura sincera e genuina, eseguita con tanto lavoro manuale e passione, che offre una insolita biodiversità e stimola la curiosità dei tanti clienti che arrivano da tutta la provincia per acquistare gli ortaggi dei Favaro.

 



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Sara Armellin

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