22 novembre 2024
Categoria: Spettacolo - Tags: tempo, televisione, corinaldo, tragedia, tivù, talk show, media, news
Silvia Albrizio | commenti |
Spesso i palinsesti vengono stravolti a seconda di fatti di cronaca più o meno importanti: dalle elezioni politiche alle tragedie, siamo stati abituati da spettatori a vivere l’emergenza dell’evento anche attraverso l’interesse televisivo. Addirittura, la percezione della gravità di un fatto può passare spesso dalla quantità di programmi ad esso dedicato. Non è una cosa che dovrebbe ormai indignare, fa parte della consolidata gerarchia delle notizie televisive, che illuminano fatti e persone fino a quando si decide che l’opinione pubblica deve rimanerne coinvolta. È importante tuttavia conoscere questo meccanismo, per discernere quella che è l’attenzione dei media dalla notizia reale, e non lasciarsi eccessivamente trasportare dal pathos di come un servizio ci viene confezionato, ma di capire piuttosto qual è la questione, il punto.
È un dettaglio fondamentale: ci permette di apprendere come una notizia non smette mai di essere tale, anche se i riflettori si spengono. Un caso emblematico, per esempio, è dato dai grandi problemi mondiali, dalla fame nel mondo alle numerose guerre che purtroppo puntellano ancora il pianeta: non smettono di essere problemi, semplicemente non se ne parla.
Così la tragedia di Corinaldo, balzata alla cronaca nazionale di queste ultime settimane, ha necessariamente modificato il palinsesto televisivo, offrendo così spunto, a talk ed approfondimenti giornalistici che hanno imbastito una programmazione a tema. Qualcuno, all’indomani del drammatico fatto, è comunque andato in onda, specificando accuratamente motivazioni e riflessioni. Quando accadono certe cose c’è poi sempre chi critica queste scelte, tacciando di insensibilità autori e presentatori.
La verità è che la decisione varia a seconda dell’evento e a seconda di chi ne è implicato: pesa di più la normale messa in onda di “Amici” di Maria De Filippi, il cui pubblico è lo stesso di quello coinvolto nell’incidente, che la trasmissione di “Portobello” della Clerici. D’altro canto, per quanto sia stata una tragedia immane, ha più senso uno stravolgimento televisivo per il crollo del Ponte Morandi piuttosto che per vicende minori, seppur terribili. Il doppiopesismo con cui si misura il cordoglio tuttavia non deve confondere: la sovraesposizione mediatica può diventare controproducente, e se una disgrazia monopolizza troppe trasmissioni, la sensazione è quella che degli avvoltoi che si contendono i brandelli di una carcassa.
Lo sforzo, ça va sans dire, è richiesto anche in questo caso a noi spettatori: sapere innanzitutto decifrare la realtà per riconoscerne i drammi e dedicarle la giusta attenzione, per capire quando è il caso di fermarsi a riflettere e quando poi ripartire con una consapevolezza nuova. Non lasciamo che siano i tempi televisivi a spingerci a una riflessione o a decidere quando è il momento di tornare alla vita di prima. Rispettiamo prima di tutto i nostri tempi.
Silvia Albrizio
Ha studiato cinema e televisione e ne scrive sulla carta e online. Readymade è il risultato pronto all’uso delle sue riflessioni su questi ed altri media
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