21 dicembre 2024
Categoria: Scienze e tecnologie - Tags: HIV, Aids, farmaci, farmacie, tumori, cancro, chemio, omeopatia, TERAPIE ONCOLOGICHE, vaccini, scienza, scienziati, polmonite
di Nadia Castaldo*
Il tema dell’informazione su HIV-AIDS non è mai stato così attuale, spinoso e controverso di oggi. Con il notevole calo dell’età media al primo rapporto sessuale, dello spopolare della pornografia, della (quasi) totale assenza di educazione sessuale (quella vera, pragmatica, non teorica o filosofica), la generazione ’90 si è ritrovata in balìa di un inspiegabile ottimismo post-epidemico, della propaganda di assurde teorie negazioniste ed informazioni più o meno autorevoli a cui si ha, ormai, libero accesso sul Web.
Le barriere mentali da vincere su questo campo sono tornate insormontabili – in realtà non hanno mai smesso di esserlo. Paradossalmente, se da una parte si è ormai praticamente convinti che la qualità di vita e l’aspettativa media di un sieropositivo siano le stesse di un uomo sano, dall’altro le conoscenze sull’argomento sono pari a zero, la tematica è poco “social” e poco appetibile a media e internet, evidentemente perché ritenuta lontana o ancora scabrosa. Al di fuori della realtà ospedaliera le cose non vanno assolutamente bene: arriva sempre il momento in cui anche solo il giovane studente di medicina tenta di mettere in guardia un conoscente dai comportamenti a rischio. Non è per niente raro trovarsi di fronte a sguardi imbarazzati,con l’amico che si schernisce, lo zio che si scandalizza, la nonna che sorride incredula.
Le infezioni da HIV non sono un residuo storico. L’HIV è una realtà contemporanea, miete vittime in qualsiasi parte del mondo e non è, come spesso si crede, la malattia della povertà e dell’indigenza, un morbo da rockstar, o una prerogativa del mondo del porno, dei tossicodipendenti e degli omosessuali. L’epidemiologia dell’HIV è notevolmente cambiata nell’ultimo ventennio, con un sempre maggior coinvolgimento di tutti i ranghi della società, degli eterosessuali e, purtroppo, dei giovanissimi. Si stima che una persona su cinque sia del tutto ignara della propria sieropositività. Questo implica che la diagnosi è spesso fatta tardi, quando la malattia è già avanzata e grave, irrecuperabile, e quando la trasmissione ai partners è probabilmente già avvenuta.[1]
Fondamentale, prima di affrontare il problema-prevenzione, fare chiarezza su cosa siano l’HIV e l’AIDS e ripercorrerne un po’ di storia.
AIDS è un acronimo, introdotto nel 1982 dal CDC di Atlanta, che sta per “immunodeficienza comune acquisita”. E’ una condizione clinica paragonabile – con le dovute cautele - a un IV stadio di un tumore, ovvero l’ultimo, il più grave, potenzialmente, in cui il tumore si è già diffuso ad altri organi. Lo stesso si può dire dell’AIDS: un insieme di situazioni che compromettono gravemente la salute del soggetto, condannandolo a morte.
Il primo stadio di questa condizione attualmente non guaribile, ma curabile, è l’HIV (NdR: la differenza tra guarigione e cura è sottile, ma fondamentale. Con guarigione s’intende la completa scomparsa della malattia; cura si riferisce alle procedure messe in atto dai professionisti della sanità per prendersi cura del paziente in tutti i suoi aspetti, fisici e mentali). L’HIV non è un virus come gli altri (come quello dell’influenza, per intenderci). Esso, infatti, è in grado di integrarsi nel DNA della cellula e da lì controllare non solo la sua riproduzione, che diventa esponenziale, ma anche la morte delle cellule del nostro sistema immunitario.
Il virus si trasmette per contatto con i fluidi corporei di un soggetto affetto. Benché sia stato riscontrato nei campioni più diversi (lacrime, saliva, feci, sudore, urine, latte materno), la principale fonte di trasmissione del virus HIV è rappresentata dal sangue, dallo sperma, dal secreto vaginale e dal latte materno. Ne consegue che le principali occasioni di contagio sono: gli atti sessuali vaginali, anali, orali, il parto, l’allattamento e tutte le situazioni nelle quali si entra in contatto con emoderivati. È bene ricordare che non tutti i soggetti HIV+ sono ugualmente infettanti: la possibilità di trasmettere l'infezione dipendedallo stadio della malattia e da quanti virus circolano nel sangue al momento del contatto. Il numero di virus è solitamente più elevata nel periodo immediatamente successivo al contagio e nelle fasi avanzate, mentre è quasi nullo nel corso di una terapia antiretrovirale adeguata.
Il primo caso riportato di HIV risale al 5 giugno 1981, in California. Il CDC di Atlanta registrò già nell’anno precedente insolite infezioni e neoplasie rare: polmoniti da Pneumocistis Jiroveci e sarcoma di Kaposi, in cinque uomini giovani precedentemente in buona salute, tutti omosessuali. Pochi mesi dopo il primo report, i casi salirono ad oltre 50 e nel giro di 2 anni si arrivò a 5-6 casi/settimana[2], non più solo in omosessuali, ma anche in eterosessuali, tossicodipendenti ed emofilici sottoposti a trasfusioni ricorrenti. Fu chiaro che si trattava di un fenomeno di proporzioni enormi, e non certo prerogativa del mondo omosessuale, come ipotizzato all’inizio.
Con il senno di poi si tornarono a studiare alcune morti misteriose degli anni ’50, che permisero di datare i primi casi d’infezione ben prima del 1981, data a cui convenzionalmente si fa riferimento. Analizzando il sangue prelevato dai pazienti deceduti, infatti, si dimostrò la morte per AIDS di un uomo in Congo nel 1959 e di un immigrato giamaicano a New York, la cui morte era stata attribuita ad una insolitamente grave polmonite, proprio da Pneumocystis[3]. Esplicativa fu l’affermazione di G’dali Braverman, un attivista per i diritti dei gay di San Francisco: “By mid-1982 it was clearly different. People were starting to shake in their pants. It was clear that it was more than isolated incidents”: “a metà del 1982 la situazione era chiaramente differente. Le persone cominciavano a tremare. Era chiaro che si trattava di qualcosa in più di semplici incidenti”[4].
Per qualche anno il numero d’infezioni continuò a salire, ma l’effettivo numero di casi era sconosciuta e la malattia era ancora nota a pochi: si racconta che il presidente americano in carica, Reagan, interrogato su possibili preoccupazioni per un’epidemia di AIDS, avesse risposto “Cos’è l’AIDS?”[5].
La sensibilizzazione dell’opinione pubblicasul tema si deve principalmente al mondo della cultura e dello sport dei primi anni ’90: nel 1991 arrivò l’annuncio della propria sieropositività di Magic Johnson, giocatore di baseball americano all’apice della carriera, pochi mesi dopo fu la volta di Freddy Mercury, Rudolf Nureyev e Isaac Asimov, tutti in seguito morti per una sovra-infezione in corso di AIDS. Il 1993 è l’anno della svolta: il capolavoro cinematografico “Philadelphia”, con Tom Hanks, portò alla ribalta la storia vera di un avvocato che, scopertosi sieropositivo, si trova a fronteggiare l’emarginazione e il disgusto dei colleghi.
Da quel momento il numero di nuove diagnosi in USA iniziò a salire esponenzialmente, arrivando a essere la seconda causa di morte tra gli uomini tra i 25-44 anni e tra le prime cinque cause di morte tra le donne statunitensi.[6] Il clamore di fronte a queste cifre fu tale che all’inizio degli anni ’90 fu approvato, sotto il governo Clinton, un emendamento che vietava a immigrati e turisti sieropositivi di entrare nel paese. Provvedimento, quest’ultimo, revocato soltanto nel 2010 con il governo Obama.
Nonostante i numeri preoccupanti, il Partito Repubblicano e i suoi sostenitori rimasero sul piede di guerra contro le campagne informative che consigliavano l’uso dei preservativi, fino a vietare di mostrarli in TV e condannando gli spot pubblicitari più espliciti. [7]
Nel ‘93 il tema HIV-AIDS tornò alla ribalta con Pedro Zamora, forse il più famoso attivista della comunità gay latino-americana. Nato a Cuba, Zamora aveva scoperto la sua sieropositività casualmente durante liceo, mentre si apprestava a fare una donazione di sangue. La sua storia fu resa pubblica da subito, con un’intervista in prima pagina Wall Street Journal. Zamora, con un TV show su MTV “The Real World San Francisco in 1994”, contribuì ad accrescere fortemente la consapevolezza dei giovani americani di fronte all’HIV-AIDS, mettendoli in guardia dai comportamenti a rischio[8]. Pedro morì nel novembre del ‘94, quando il suo show andava ancora in onda. A lui il presidente Bill Clinton attribuì un’onorificenza per l’impegno sociale, intitolandogli la 59° strada a Miami, in Florida.
La sopravvivenza nei primi anni non era andata oltre i 24 mesi e non esisteva alcun tipo di trattamento specifico. Nel 1987 fu registrata la Zidovudina (AZT), primo farmaco antiretrovirale ancora in uso in alcuni regimi. La progressione della malattia fu effettivamente rallentata con questo nuovo farmaco, ma i costi di produzione erano elevatissimi, a fronte di un numero di malati che stava divenendo enorme: si stima che nell’agosto del 1989 si fosse arrivati a 100.000 affetti solo negli USA[9].
Di pari passo con la crescente consapevolezza sia delle Autorità mediche, che dell’opinione pubblica, l’FDA (autorità americana di controllo sui farmaci) approvò nuovi farmaci: arrivarono nel 1991 due nuovi NRTI, la didanosina e la didanocitidina, ma l’efficacia di questi era comunque molto inferiore alla AZT, che invece si stava rivelando ottimale nella prevenzione della trasmissione verticale madre-feto (ruolo peraltro ancora oggi insostituibile). Le prime resistenze alla monoterapia però iniziano ad emergere già dopo i primi anni di trattamento e divenne chiara l’inefficacia del farmaco unico. Con l’arrivo delle nuove classe degli inibitori di proteasi e degli NNRTI, vennero messe appunto le prime terapie di combinazione, tutt’ora note con il nome di Highly Active AntiretroviralTherapy (HAART). Nonostante il carico giornaliero di pillole e i numerosi effetti collaterali della multiterapia, i risultati sull’aumento della sopravvivenzae la soppressione della viremia furono notevoli e alla fine degli anni ’90 la mortalità era nettamente calata. Solo nel 2006 fu introdotto il primo regime di semplificazioneche permise la somministrazione una volta al giorno.
Con gli anni 2000 il problema HIV tornò ad essere attuale: l’attenzione di media si era attenuata, e con essa anche la paura del contagio era andata scemando. Nel 2003 il CDC annunciò una ripresa delle nuove infezioni, sottolineando la necessità di tornare ad informare. Nel luglio del 2007 fu organizzata a San Francisco la più grande marcia per la raccolta fondi per l’AIDS mai vista, con circa 25.000 partecipanti. Nel frattempo il CDC rilasciò le prime linee guida per la prevenzione.
Oggi non esiste una terapia che guarisca dall’HIV. Esistono però infinite possibilità di convivere con l’HIV e di curarlo (NdR: vedi sopra l'importantissima differenza tra guarigione e cura): i pazienti che ricevono una diagnosi precoce ed iniziano la terapia antiretrovirale opportuna, hanno una qualità della vita assolutamente ottimale e riescono a tenere la viremia soppressa per ventenni, con un sistema immunitario integro.
Nel 2013 inoltre è stato confermato il primo caso “funzionalmente curato” di HIV: ovvero una viremia del tutto soppressa a distanza di 4 anni dalla fine del trattamento. Il paziente è Timothy Ray Brown, il famoso "paziente di Berlino", ammalatosi a 18 anni e sotto regime antiretrovirale per oltre 20 anni: sottoposto ad un trapianto di midollo per una leucemia intercorrente, ne è risultato sieronegativo.
E’ probabile che altri casi come quello di Brown verranno confermati nei prossimi anni. Ma è bene sottolineare l’importanza, in corso di terapia, di un’aderenza totale al trattamento, al fine di evitare lo sviluppo di resistenze che, al pari di una qualsiasi altri infezione, possono rendere la terapia del tutto inefficace e lasciare scoperta ogni possibilità terapeutica, data la relativa esiguità di nuove molecole a disposizione. La diagnosi precoce è altrettanto importante: non è ammissibile, con i mezzi oggi a disposizione, diagnosticare l’infezione ai primi sintomi di AIDS.
Al di là del progresso scientifico,che sta facendo passi da gigante con nuovi regimi farmacologici e le ricerche sui vaccini, è l’aspetto culturale quello su cui sanità, pubblica informazione ed educatori devono continuare a lavorare. Il grosso problema che ritarda da sempre la diagnosi e ostacola la comunicazione è quello che gli anglosassoni definiscono “HIV stigma”[10], cioè l’etichetta da malato di AIDS e, proprio in quanto tale, relitto della società da evitare ed emarginare. L’HIV è una malattia, e in quanto tale va curata. Così come nessuno di noi considera disprezzabile avere un amico o un parente affetto da epatite o da un tumore - non ce ne vergogniamo e non abbassiamo lo sguardo sconfitti - tale dev’essere l’atteggiamento di fronte ad un caso di HIV.
Il punto fondamentale, oggi, sta nel far tornare alla ribalta la tematica HIV/AIDS sin dalla primissima adolescenza: conoscere ed informarsi sono un invito a prevenire, a controllarsi e a proteggere se stessi e il proprio partner, ponendole basi per debellare l’infezione.
* Studentessa di Medicina e Chirurgia, V anno
Università degli Studi di Udine
Le informazioni sopra riportate e tutti gli articoli del blog hanno solo un fine illustrativo: non costituiscono un consiglio medico, né provengono da prescrizione specialistica. Essi hanno lo scopo di spiegare tematiche mediche in modo comprensibile a tutti, senza, però, avere la presunzione di esaurire l'argomento in poche righe. Vi invito a rivolgervi al proprio medico curante, ai farmacisti e a tutti gli altri specialisti qualificati per chiarire qualsiasi dubbio riguardante la vostra salute. Il rapporto di fiducia, di stima reciproca e di confidenza tra medico e paziente deve essere sempre coltivato e salvaguardato con il massimo impegno possibile.
Potete trovare interessanti foto dell'epoca qui.
Note
[1]http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1447073/#!po=35.0000
[2]http://www.nytimes.com/1981/12/10/us/homosexuals-found-particularly-liable-to-common-viruses.html
[3]http://en.wikipedia.org/wiki/Timeline_of_AIDS#cite_note-2
[4]http://www.back2stonewall.com/2013/09/day-gay-history-september-24-1982-cdc-term-aids-time.html
[5]http://www.avert.org/history-hiv-aids-us.htm#footnoteref20_5jjxtzq
[6] http://www.cdc.gov/mmwr/preview/mmwrhtml/00001997.htm
[7] http://www.nytimes.com/1994/01/05/us/in-us-ads-for-tv-condoms-that-dare-speak-their-name.html
[8] http://gaylife.about.com/od/gaycelebrityprofiles/p/pedrozamora.htm
[9] MMWR Weekly (1989) 'Current trends first 100,000 cases of Acquired Immunodeficiency Syndrome', - See more at: http://www.avert.org/history-hiv-aids-us.htm#footnote46_jzf3gs0
[10]caps.ucsf.edu/factsheets/stigma
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MarcoM
08/05/2014 - 13:57
propaganda farmaceutica
Anche premi nobel concordano che il virus dell' HIV non porta all'AIDS.
Saluti
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Francesca Salvador
08/05/2014 - 15:29
Concordo, Marco
Illuminante la lettura nel 1998-99 del libro di Duesberg e di "Roger è guarito"
http://www.salusbellatrix.it/eventi/archivio/2012/aids/
1 l’AIDS è una nuova malattia. FALSO
2 l’HIV è il virus che causa l’AIDS. FALSO
3 negli USA, la percentuale delle infezioni da HIV è in aumento. FALSO.
4 il test per l’AIDS è estremamente preciso. FALSO
5 negli Stati Uniti, l’AIDS è la più grave minaccia per la salute. FALSO.
6 le donne, gli eterosessuali e gli adolescenti sono categorie sempre più a rischio. FALSO
7 il continente africano è stato devastato dall’AIDS. FALSO
8 il recente declino d’infezione è dovuto ai nuovi farmaci contro l’AIDS.FALSO
9 i sintomi dell’AIDS si manifestano solo dopo anni dal momento dell’infezione. FALSO
10 senza trattamenti medici, le donne incinte positive all’HIV, trasmette-ranno l’AIDS ai loro bambini. FALSO.
- TUTTI I MALATI DI AIDS CURATI CON AZT MORIRONO? VERO
- E’ STATO UN GENOCIDIO LEGALIZZATO? VERO
- SONO MORTE CENTINAIA DI MIGLIAIA DI PERSONE SOLO PER INTERESSI ECONOMICI? VERO
Tra infezione da HIV e sindrome di AIDS conclamato non ci sarebbe una relazione causa-effetto. Questa ipotesi ha nella comunità scientifica internazionale autorevoli sostenitori, primo fra tutti Peter H. Duesberg pro- fessore di biologia molecolare presso l’Università di Berkeley, e il Premio Nobel per la Chimica Kary B. Mullis. Molti sono i problemi ancora aperti per quanto riguarda l’AIDS, La questione più enigmatica riguarda la patogenesi della malattia. Ed è proprio a questo riguardo che tra gli scienziati si rilevano opinioni diverse. Nelle statistiche registrate dal Ministero della Salute italiano, si evidenzia che può essere diagnosticato l’AIDS in assenza di segni di infezione da parte del virus, ma se una malattia può esistere in assenza di un determinato agente, è messo in dubbio allora che tale agente ne sia la causa”.
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Michele Bastanzetti
09/05/2014 - 4:24
AZT
Per dimostrare che l'AZT sia stato usato per perpetrare un "GENOCIDIO LEGALIZZATO" (ritorna il complottismo puro) bisognerebbe che la Signora ci desse prova inoppugnabile de: i mandanti ed il movente di questo genocidio generalizzato. Dovrebbe inoltre dimostrarci che in quelle situazioni ed a quello stadio di conoscenze si sarebbe rivelato più utile l'uso di qualche altro farmaco e che chi lo avesse usato sarebbe ancora vivo. Chessò...se avessero usato il bicarbonato, per esempio...
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Francesca Salvador
09/05/2014 - 9:24
TROPPO LUNGO
E' troppo lungo da spiegare ora, ma prometto che risponderò a breve, dopo di che, ben vengano le sue considerazioni, signor Bastanzetti.
Come sempre, pur non c'entrando il bicarbonato, si parlerà in un'ottica completamente diversa dalla chimica...
Consiglio a tutti di leggere, se ancora lo si trova, l'eccellente libro indicato scritto dal maggior virologo americano (al di sopra di ogni sospetto di complottismo).
Citerò anche una testimonianza diretta di un nostro concittadino..
Buon fine settimana a tutti ☺ ☺ ☺
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Politicamente Scorretto
09/05/2014 - 21:16
Virus
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lukas
11/05/2014 - 10:07
CORREZIONE ALLE FALSITA' DETTE NELL'ARTICOLO
2 La progressione della malattia non fu rallentata dall'uso dell'azt(sostanza pericolosissima) ma avvenne l'esatto opposto:l'azt uccise una intera generazione di pazienti(riconosciuto da scienziati ed e' sui testi di epidemiologia)
3 i risultati dell'aumento della soprevvivenza non fu' dovuto all'impiego della nuova HAART ma al disimpiego dell'AZT
4 l'attenzione dei media e delle autorita' e' calata in quanto ci si e' resi conto che molte cose non tornano...
5 non e' vero che l'aderenza alla terapia sia un beneficio ci sono scienziati ortodossi che contestano i protocolli,non c'e' nessuna certezza su quando debba essere iniziata la terapia
6 La tematica hiv-aids non puo' tornare in quanto scienza epidemiologicamente e biologicamente debole.
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