Conegliano, rissa al Biscione: “No sta intrigarte”
I bassifondi di una struttura (architettonicamente bellissima). La microviolenza fisica dei ragazzini. L’indifferenza dei “grandi”
| Emanuela Da Ros |
CONEGLIANO - Sono passate da poco le sei di sera. Al “Biscione” di Conegliano la scia del Natale appena passato lumeggia solo sul lato nord, dalla parte che si affaccia alla strada: qualche avventore annoiato è seduto ai tavolini di un bar e le vetrine ammiccanti di Sephora promettono ancora regali e cosmetici da mille e una festa. Il resto della struttura langue. Negozi chiusi, ombre che si allungano oltre gli angoli e nella galleria interna dove sono maldestramente esposte foto bruttine.
Il lato sud, coi suoi meandri di cemento armato e le ringhiere di ferro rosso o zinco e i gradoni a spalti, è deserto. Apparentemente. Un paio di giorni fa è morto Desmond Tutu, arcivescovo e fiero oppositore dell’apartheid in Sudafrica. Dopo la sua scomparsa una delle sue mirabili frasi è rimbalzata come una mollichina di saggezza sui social: come sempre accade di fronte a un aforisma che non si può disargomentare le persone se ne sono appropriate condivedendone la sostanza. “Se resti neutrale in una situazione di ingiustizia - diceva più o meno Tutu - hai scelto la parte dell’oppressore”. Mi sono chiesta se il passante che mi ha detto “No sta intrigarte” l’avesse anche lui condivisa sui social.
Dimostrando - come sempre accade - che vi è una distanza incolmabile tra le parole socializzate, con tanto di grafica cartellonistica, e i fatti. MI sono persa? No: sono ancora al Biscione, sono passate da poco le sei di sera e sto percorrendo il lato sud del complesso per tornare all’auto. Sui gradoni-spalti ci sono alcuni ragazzini (minorenni senz’altro). Stanno urlando qualcosa del tipo “Lascialo stare! Basta! Finitela”. Lo “spettacolo” a cui stanno assistendo si svolge sotto i gradoni a emiciclo, nell’orchestra di una sorta di piccola arena metropolitana: due coetanei si stanno strattonando. Mi fermo. Chiedo ai ragazzi che assistono al fatto che sta succedendo.
Quei due là sotto scherzano, giocano, o che altro? Mi pare impossibile che facciano a botte. Ma uno di loro viene sbattuto a terra. No. Non stanno giocando. Prendo il telefono, li filmo e mi metto a urlare anch’io, anche per attirare l’attenzione dell’unico passante che sta transitando alle mie spalle. “Che facciamo? - chiedo disorientata -. Dobbiamo fermarli. Avvisare qualcuno”.
Lui dà un’occhiata distratta all’inghiottitoio del Biscione. “No sta intrigarte”, dice, e passa oltre. Mentre i ragazzi ne approfittano per squagliarsela, nella penombra che diventa un’ombra. Di malessere, impotenza, disarmante inattivismo. O neutralità, perché gli oppressi qui chi sono? e chi gli oppressori?