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24 aprile 2024

Treviso

Italiani brava gente

Il razzismo in Italia esiste e viene da lontano

| Ingrid Feltrin Jefwa |

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| Ingrid Feltrin Jefwa |

bandiera italiana

EDITORIALE – “Italiani brava gente” è il titolo di un film di guerra diretto da Giuseppe De Santis nel 1964 ed ambientato durante la campagna militare di Russia, ma è anche un mito diffuso, nato con ogni probabilità per stemperare le responsabilità storiche dell’Italia durante la Seconda guerra mondiale e le campagne coloniali.

Un mito che permane e che offusca ancora le menti di molti “nostalgici”. Già perché gli italiani al pari delle popolazioni di tutte le altre nazioni non sono né migliori né peggiori! Detto ciò, se proprio una differenza con altri nazionalità la vogliamo trovare è di sicuro la “memoria corta”.

Una sorta di tendenza collettiva a rimuovere il passato, non solo quello negativo ma qualche volta anche il bene. Forse è per questo che se altri paesi hanno, a distanza di tempo, chiesto scusa per i loro crimini storici, viceversa l’Italia non l’ha mai fatto.

La Germania, a più riprese, si è scusata con il mondo per le atrocità naziste. La Gran Bretagna dopo decenni ha addirittura stabilito un risarcimento monetario per gli eredi dei Mau-Mau, gli attivisti politici del Kenya, uccisi e torturati perché combattevano contro il colonialismo inglese ed a lungo demonizzati dall’occidente che li dipingeva con “mostri sanguinari”.

L’Italia non si è mai scusata, per le atrocità commesse in particolare durante le campagne coloniali e i crimini di un’intera nazione sembrano essere caduti nel dimenticatoio. Di rado vengono citati nelle scuole e con il tempo sono diventati qualcosa di “lontano e sgradevole”: un po’ come dire che le vittime sono poco simpatiche nel ricordarci i “nostri errori”.

Si, perché in quanto italiani, questi crimini sono anche nostri, al pari di Michelangelo e della pizza margherita. Così come chi eredita i beni ma anche i debiti dei propri avi: debiti che in questo caso non sono mai stati moralmente onorati.

“Quando ero in Abissinia ho visto cose che non riesco a dimenticare. La gente del posto, la bellezza di quella terra che abbiamo sporcato di sangue… Gli ufficiali italiani si divertivano a catturare gli uomini nei villaggi, li sventravano e dopo avergli tirato fuori le budella li buttavano nei corsi d’acqua per vedere cosa facevano i coccodrilli, con i loro corpi. Le loro risate mi risuonano ancora nelle orecchie… ”.

Questo è la testimonianza di Lorenzo G. che ho raccolto tanti anni fa, purtroppo quest’uomo ci ha lasciato da tempo. La ripropongo oggi, per non dimenticare e anche per onorare la memoria di italiani per bene, come Lorenzo che non provava vergogna per i crimini della sua nazione ma autentico orrore!

Ora l’Abissinia è diventata la Repubblica Federale Democratica d'Etiopia ma il periodo coloniale italiano (1936-1941) non può essere dimenticato né in Africa, dove ha fatto 500.000 morti, né altrove. Forse non è più tempo di scomodare la giustizia delle leggi ma semmai quella degli uomini ricordando e condannando queste atrocità ma soprattutto promuovendo il rispetto verso ogni etnia e cultura.

Quel rispetto che oggi ancora non c’è nel nostro paese. Già, perché la diffidenza ed in alcuni casi l’ostilità verso chi ha un aspetto, un etnia, una cultura e magari una religione diversa è un fatto assodato in Italia e trova origine anche dalla mancata presa di coscienza di ciò che è stato. Mancanza di rispetto che sfocia nel razzismo.

“Ideologia, teoria e prassi politica e sociale fondata sull’arbitrario presupposto dell’esistenza di razze umane biologicamente e storicamente «superiori», destinate al comando, e di altre «inferiori», destinate alla sottomissione, e intesa, con discriminazioni e persecuzioni contro di queste, e persino con il genocidio, a conservare la «purezza» e ad assicurare il predominio assoluto della pretesa razza superiore” (cit. Treccani). Ecco un piccolo promemoria per chi ancora si ostina a dire che in Italia il razzismo non esiste e quando vengono commesse iniquità è solo perché la gente è “ignorante” o maleducata.

Forse è tempo che impariamo a chiamare la cose con il loro nome.

Se ad una giocatrice della nazionale di volley viene chiesto, da chicchessia, perché dovrebbe essere italiana dato che ha la pelle di colore scuro: questo è razzismo!

Già, perché gli italiani non sono sempre “brava gente”!
 

 


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