"E' suonata per me l'ultima campanella ma ho voglia di ripartire"
Va in pensione la preside Antonia Piva, per quattordici anni alla guida del liceo "Duca degli Abruzzi". Cultura, passione per i ragazzi e collegialità le idee-chiave che l'hanno ispirata.
TREVISO - “Appendo le scarpe al chiodo”. Ama le metafore, da appassionata e stimata insegnante di Lettere classiche, la prof.ssa Antonia Piva che tra qualche giorno lascerà dopo quattordici anni la guida del liceo “Duca degli Abruzzi” di Treviso. Raggiunto il traguardo della quiescenza dopo aver aiutato la sua comunità scolastica, negli ultimi due anni, ad attraversare il difficile passaggio della pandemia. La vocazione pedagogica mai si è estinta ma si è sempre ravvivata dalle sfide educative che si sono appalesate nei molti anni di dirigenza scolastica.
Quindi, come si diceva “dopo quarantadue anni di scuola è giunto per me il tempo di appendere le scarpette al chiodo. Lavorare al servizio del mio Paese è stato un onore, farlo dedicandomi ai ragazzi è stata una gioia è una benedizione”. Nella lettera inviata nelle scorse ore agli studenti, ai professori, al personale e ai genitori, la preside Piva ripercorre i quasi tre lustri al “Duca”: “Tutti insieme abbiamo investito in tre idee chiave: che la cultura o è di primo piano e dunque trasformativa, oppure immiserisce chi la pratica; che i ragazzi meritano tutta la nostra passione e che mai la passione divenga abitudinaria; che la collegialità è il più grande patrimonio professionale, considerato che il tutto, se condiviso, è maggiore della somma dei singoli fattori”.
Quando fece il suo ingresso da Dirigente scolastico - ricorda la prof.ssa Piva - l’istituto di via Caccianiga era una ex magistrale sperimentale che contava 1500 studenti. Negli anni della presidenza Piva si è trasformato in un liceo di ordinamento con oltre 2000 studenti, cinque indirizzi e ottantuno classi. “ I macro progetti di eccellenza sono incardinati nella didattica quotidiana, in una dialettica qualitativa finalizzata alla crescita armonica dei giovani e, in definitiva, del nostro Paese. La scuola infatti - che è scuola di libertà - costituisce un potente sguardo sulla vita e sulla società”.
C’è molto della pedagogia di don Lorenzo Milani e la preside Pivato scrive pure: “Ho imparato tantissimo da tutti, e tutti ringrazio, per l’ispirazione, il sostegno, la verità dei rapporti. Sappiamo che ogni cosa è bella, se ripensata al passato, ma io penso che sia ancora più bella se indirizzata al futuro, giacché, come scrisse don Milani “il maestro deve essere per quanto può, profeta, scrutare i segni dei tempi, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso”. Perché il lavoro nella scuola, in mezzo ai giovani, fa rimanere giovani.
E non ci si sente mai arrivati, neanche quando arriva il momento della pensione: “Ecco, è suonata per me l’ultima campanella, ma i palpiti del cuore dedicati alla scuola non si esauriscono con una campanella. Pensando ai ragazzi sento ancora il batticuore di quando, tanti tanti anni fa, ho cominciato da giovane supplente di greco e latino a girare per i pullman e le aule di questa nostra provincia. Ho ancora così vivo il desiderio dì ripartire!”